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SPACCA STUDIO: il laboratorio dimensionale. Il racconto della mostra inaugurale

I’m not sure (will I ever be?) - Installation view, SPACCA STUDIO, Milano, 2021 - Giacomo courtesy gli artisti, ph. Giacomo Colombo I’m not sure (will I ever be?) - Installation view, SPACCA STUDIO, Milano, 2021 - Giacomo courtesy gli artisti, ph. Giacomo Colombo
I’m not sure (will I ever be?) - Installation view, SPACCA STUDIO, Milano, 2021 - Giacomo courtesy gli artisti, ph. Giacomo Colombo
I’m not sure (will I ever be?) – Installation view, SPACCA STUDIO, Milano, 2021 – Giacomo courtesy gli artisti, ph. Giacomo Colombo
SPACCA STUDIO inaugura con I’m not sure (will I ever be?). La mostra di Niccolò Quaresima e degli artisti che ha invitato nel suo studio (Giacomo Colombo, Stefano Conti, Cristina De Paola e Martina Scala) testimonia una prospettiva ormai fisiologica per chiunque abbia una formazione fotografica.

Nel 1982 il fotografo britannico Victor Burgin mandava alle stampe la raccolta di saggi Thinking Photography, con i contributi di Umberto Eco, Allan Sekula, John Tagg, Simon Watney e dell’artista stesso. Il fortunato incontro tra questi intellettuali ha portato alla progressiva costruzione di una nuova disciplina: inizia a profilarsi la teoria fotografica, che analizza l’immagine con gli strumenti della semiologia e in relazione ai propri contesti di produzione e di fruizione. Viene riconosciuta all’immagine la capacità di orientare il rapporto degli individui con il reale, e le viene attribuito un intrinseco potere politico, legato non tanto ai suoi contenuti quanto al suo stesso funzionamento. Tuttavia, ai più queste dinamiche restavano nascoste.

Lo testimonia la canzone Sage comme une image della cantante belga Lio, rilasciata nello stesso anno: sognando di sentirsi protetta e sollevata da ogni responsabilità, l’artista si paragona proprio a un’immagine, per sua natura “docile” e cristallizzata su carta patinata. È chiaro, allora, come la cultura popolare percepisca le immagini con una certa superficialità, nell’illusione che il mondo visuale sia solo questione di forme e colori, e che non agisca sulla psiche, sulla politica e sulla società in maniera poi tanto invasiva. Si delinea una tensione tra due diversi modi di rapportarsi all’immagine: uno più spontaneo, ma anche più ingenuo; l’altro meno immediato, ma sicuramente più consapevole.

Nei quarant’anni che ci separano da questi eventi, le questioni appena sollevate sono state elaborate dai più autorevoli teorici. La sola differenza è che, adesso, non sono più loro appannaggio: gli stessi artisti, nei loro lavori, fanno riferimento a questa nuova consapevolezza; le stesse immagini finiscono col mettersi a nudo e svelare i meccanismi dei regimi visuali.

I’m not sure (will I ever be?) - Installation view, SPACCA STUDIO, Milano, 2021 - Giacomo courtesy gli artisti, ph. Giacomo Colombo
I’m not sure (will I ever be?) – Installation view, SPACCA STUDIO, Milano, 2021 – Giacomo courtesy gli artisti, ph. Giacomo Colombo

La prima apertura al pubblico di SPACCA STUDIO con I’m not sure (will I ever be?) ne è la dimostrazione. La mostra di Niccolò Quaresima e degli artisti che ha invitato nel suo studio (Giacomo Colombo, Stefano Conti, Cristina De Paola e Martina Scala) testimonia una prospettiva ormai fisiologica per chiunque abbia una formazione fotografica. Prescindendo dai dettami dell’autorialità e della verosimiglianza, è la cultura dell’immagine tutta, e non più la sola fotografia, a essere presa in considerazione nei suoi aspetti più disparati.

Quando Cristina De Paola fotografa un diorama della Grotta dei Cervi, suggerisce l’impossibilità da parte dell’immagine di rappresentare il reale. Piuttosto, trasmette una visione, una possibilità. La Grotta dei Cervi si trova nei pressi di Otranto, ed è particolarmente importante perché al suo interno sono conservati dei pittogrammi risalenti al neolitico. A causa della fragilità dei graffiti e di un elevato tasso di radioattività, il sito è inaccessibile al pubblico, e chiunque voglia ammirare il celebre “dio che balla” dovrà affidarsi alla documentazione fotografica dei periti o recarsi al Museo Faggiano di Lecce e vederne i diorami.

Giocando con la credulità dello spettatore, lo scatto di De Paola prende in giro la pretesa documentaristica del mezzo fotografico: l’immagine del diorama, in quanto rappresentazione di una rappresentazione, è di un grado ancora più lontana dal suo referente, e si scosta sempre di più dalla realtà. Tuttavia, il posizionamento dell’immagine rispetto al soggetto è chiaro all’artista soltanto, e lo spettatore ne è, nella maggior parte dei casi, ignaro, fruendone come di una normale fotografia. L’immagine, per quanto ingannevole e manipolata, entra in un contesto di consumo reale, ponendosi al crocevia tra verità e immaginazione, materia e virtualità. Allo stesso tempo, però, ribadisce una dinamica di potere: impone una prospettiva su chi non ha i mezzi per poter controbattere, e si ritrova a non conoscerne che un primo, superficiale livello di lettura.

I’m not sure (will I ever be?) - Installation view, SPACCA STUDIO, Milano, 2021 - Giacomo courtesy gli artisti, ph. Giacomo Colombo
I’m not sure (will I ever be?) – Installation view, SPACCA STUDIO, Milano, 2021 – Giacomo courtesy gli artisti, ph. Giacomo Colombo

Marta Scala, nel suo lavoro, ragiona su dinamiche affini. Realizza una scultura e la appiattisce per sempre. Scattandole una fotografia, la sottrae a un piano di realtà per trasporla su un piano virtuale: le sue sembianze sono infinitamente riproducibili, ma allo stesso tempo terribilmente irraggiungibili. Le riassegna, poi, una tridimensionalità palliativa: la fotografia viene stampata su una serie di buste che il pubblico può prendere e portare con sé. La maneggevolezza dell’oggetto d’arte può illudere lo spettatore, che potrebbe credere di avere un qualche tipo di potere sull’immagine. La statua resterà però immobile nella sua gabbia di cartone lucido. Questo espediente risulta particolarmente efficace per parlare, come fa l’artista, delle ossessioni della società contemporanea così come si esprimono sul web, in questo caso delle fake news riguardanti i benefici della vitamina D.

Lo slogan “VITAMINE D IS MY FAVOURITE PERSON” campeggia a caratteri cubitali sotto la foto della statua, ed esce dagli spazi espositivi insieme allo spettatore, calandosi con lui nel tessuto urbano. Lo slogan si diffonderà in maniera parassitaria per strade e città, e ancora l’inconsapevole spettatore crederà di avere controllo su di lui in quanto corpo parassitato. Allo stesso modo si muove l’informazione su internet: crediamo di averne controllo in quanto fruitori, ma ne siamo in realtà assoggettati; crediamo di poterne riconoscere le sviste, e invece è la stessa verità a diventare trascurabile, esattamente come accade con la fotografia.

Giacomo Colombo e Stefano Conti sono in effetti ben consapevoli della tendenza della verità a diventare trascurabile, e lo esprimono trascurando a loro volta il confine tra realtà e irrealtà. La poetica del primo, infatti, si basa sul rimasticamento delle immagini, le quali vengono manipolate a tal punto da rendere irriconoscibile il referente. Partendo da alcuni scatti fotografici, l’artista ne individua alcuni elementi da deformare, duplicare, sfuocare, frantumare e riassemblare, dando forma a delle composizioni che ammiccano all’astrazione ma che allo stesso tempo lasciano intravedere il referente originario. Nominalmente, gli elementi strutturali dell’immagine sono tutti lì. Ma possiamo ancora dire di trovarci davanti alla foto di un prato, di un volto, di un oggetto? E ha davvero senso chiederselo?

I’m not sure (will I ever be?) - Installation view, SPACCA STUDIO, Milano, 2021 - Giacomo courtesy gli artisti, ph. Giacomo Colombo
I’m not sure (will I ever be?) – Installation view, SPACCA STUDIO, Milano, 2021 – Giacomo courtesy gli artisti, ph. Giacomo Colombo

La frammentazione che riguarda i lavori di Stefano Conti, invece, è legata a una dimensione di meraviglia archeologica: scenari disparati e allusivi vengono giustapposti senza apparente soluzione di continuità, ed è responsabilità di chi guarda costruire una narrativa che li unisca e renda coerenti. Di nuovo, che la narrativa corrisponda a verità oppure no, è di poco interesse. Come questo, ogni lavoro esposto porta la traccia di una certa consapevolezza delle strategie comunicative utilizzate dalle immagini, ma allo stesso tempo cerca di crearne di nuove, conducendo a soluzioni inedite.

Il lavoro Generazione di Città di Niccolò Quaresima fa esattamente questo, e riassume ogni linea di ricerca dello studio. Non solo, come annunciato, cerca di posizionarsi in una zona mediana tra superficie piana e tridimensionalità scultorea, ma crea anche un nuovo canale di fruizione, grazie al quale l’immagine circola in percorsi altri rispetto a quello unicamente visivo. La mappatura di alcune zone della città di Milano è condotta non con il disegno né con la macchina fotografica, ma con la temperatura: l’artista ha “fotografato” la città con un termoscanner, immortalandola in uno stato spazio-temporale definito. L’utilizzo dei colori tipici della comunicazione meteo (sfumature di rosso, giallo e blu) rende immediata la traduzione termica di uno stimolo visivo, e con una strategia sinestetica la canicola estiva sembra quasi essere più tangibile della sua rappresentazione.

Nonostante SPACCA STUDIO si sia presentato, in occasione di I’m not sure (will I ever be?), come uno spazio di ricerca che vuole individuare e superare i limiti fisici dell’immagine fotografica, indagando l’inesplorato tra bidimensionalità e tridimensionalità, ha dimostrato interessi molto più ampi: il lavoro, spesso ironico e giocoso, condotto sui canali di circolazione delle immagini, sul loro potere politico e sui regimi espressivi che instaurano, fa di SPACCA STUDIO un laboratorio sperimentale che, con rigore scientifico ed estro creativo, si occupa di cultura visuale nel suo complesso.

Questo contenuto è stato realizzato da Stefano Cavaliero per Forme Uniche.

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