Ancora un mese esatto per visitare l’importante personale che la raffinata Fondazione Morra Greco di Napoli dedica all’artista britannico John Stezaker (1949). Concepita prima della pandemia e risultato anche di una ricerca svoltasi nei mesi del lockdown, la mostra raccoglie più di ottanta opere realizzate dalla fine degli anni 70 a oggi. Una magica combinazione di immagini di diverse epoche storiche e di linguaggi, materiali: cartoline di fine secolo, fotogrammi di film del 1940, mani di manichini degli anni ‘30 e ‘40, e tanti sono i riferimenti ad altri periodi dell’arte e della cultura. L’apoteosi della pratica del collage che l’artista porta avanti da più di quarant’anni.
Gli oggetti e le immagini che trova non rientrano nella pratica dell’appropriazione, come accade nell’approccio duchampiano/pop dell’arte degli anni ’80, piuttosto appartengono agli “oggetti trovati” di matrice surrealista intesi in senso psicoanalitico. In particolare, le opere in mostra si ispirano e fanno riferimento al lavoro di Joseph Cornell e alle metanarrazioni di Italo Calvino. Nel suo lavoro il senso del tempo relazionato allo spazio, come nel Palazzo Caracciolo di Avellino, diviene uno strumento per far emergere pienamente le stratificazioni storiche.
Il percorso espositivo si apre nel basement con un’opera di natura cinematica, Train, uno dei primi film-loop concepiti da Stezaker, realizzato poco dopo il suo primo loop, Horse, e completato solo di recente appositamente per la mostra.
Il film Horse, chiaro riferimento alle origini del cinema e alle fotografie dei cavalli in azione di Muybridge, consiste in una serie di immagini dal formato identico di diverse migliaia di cavalli da corsa. Il rimando alle origini del cinema è presente anche in Train, che ricorda la prima proiezione pubblica dei film dei Fratelli Lumière. Il film è composto, infatti, da una moltitudine di immagini di treni diversi ed è proiettato nel basement su di uno schermo posto sotto l’arco che nasconde le antiche fondamenta greco-romane del Palazzo Caracciolo di Avellino, un mondo sotterraneo fatto di argilla, molte volte causa dell’arresto dello sviluppo urbano contemporaneo della città di Napoli. Train rappresenta il fantasma di un progetto abbandonato e diventa per Stezaker metafora della sua stessa pratica artistica (intesa come arte dell’interruzione) e fonte d’ispirazione per le stratificazioni spazio-temporali che emergono nella mostra, nel suo lavoro e nel palazzo che accoglie il progetto.
Posti tra l’universo sotterraneo del basement e i blu dei cieli dei mondi dei collage dell’ultimo piano, i due piani centrali di serigrafie su tela e opere librarie rappresentano due diversi regni intermedi e le opere tratte dalle serie Observatory e World suggeriscono visioni remote del passaggio da un regno all’altro. Le serigrafie, al contrario, imponendo visivamente il primo piano, creano uno spettrale senso della presenza.
Mentre i primi tre piani sono dedicati a frammenti di immagini, opere librarie, film, ecc., l’ultimo piano ospita il lavoro più conosciuto di Stezaker, i suoi collage. Due nuove serie sono presenti in mostra: Star e Dis-Astro del 2017-18 e Double Shadow del 2019-21, entrambe afferenti, se pur diversamente, all’universo celestiale. Le prime serie si servono dell’ambiguità tra l’idea della stella cinematografica e la sua controparte metaforica, la figura della divinità. Le Double Shadows sono adattamenti (raddoppiamenti) recenti di precedenti serie di collage, le Dark Stars e, in particolare, dei FatherSky degli anni ‘70 e ‘80, di cui sono esposti alcuni esemplari.
Combinando duplici sfondi colorati ritagliati da ritratti di star del cinema degli anni ‘50 e ‘60, i Double Shadow usano il potere della silhouette per evocare l’inquietante e l’ultraterreno, oltre a fare riferimento alle origini mitiche della pittura e della rappresentazione delle ombre. Sono infatti costituiti da accostamenti ibridi delle ombre dei personaggi del cinema, che creano, attraverso l’uso dei contorni dei ritratti delle star, figure verosimilmente appartenenti ai mondi del mito e della fiaba.
Influenzati dai primi film delle storia del cinema (per esempio Lo studente di Praga) e da altre rappresentazioni che riguardano l’aspetto inquietante e orribile del doppelgänger e delle mitologie delle ombre, i collage dei Double Shadow trattano lo spazio tra le immagini come un limbo in qualche modo fuori dal tempo in cui “non resta altro che guardare, un’ossessione in cui il tempo reale è sospeso mentre, come a volte sentiamo nei sogni, i morti, i vivi e i non ancora nati si incontrano sulla stessa dimensione” *.
* W.G. Sebald, Kafka va al cinema, citato in “John Stezaker” di Margaret Iversen: Doubles and Shadows.
Informazioni
Giorni e orari: martedì – venerdì / 10 – 18
sabato – domenica / 10 – 17
Email: info@fondazionemorragreco.com
rsvp@fondazionemorragreco.com
Sede
Fondazione Morra Greco
Largo Proprio D’Avellino 17, 80138 Napoli