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Il futuro della cultura post pandemia è roseo, dice Franceschini. Ma il presente?

Franceschini interviene sulle capienze in cinema e teatri Il Ministro della Cultura, Dario Franceschini
Franceschini interviene sulle capienze in cinema e teatri
Il Ministro della Cultura, Dario Franceschini

Il ministro Franceschini ostenta continuamente ottimismo per il futuro della cultura in Italia. Ma spesso trascura un presente ancora difficile

La cultura sarà trainante nei prossimi anni”. Ormai questo è il refrain ricorrente nelle parole del ministro della Cultura, Dario Franceschini. Ed è risuonato anche ieri a Milano, dove Franceschini è intervenuto all’inaugurazione dell’Anno Accademico 2021/22 della Fondazione Scuole Civiche di Milano. E delle quattro Scuole Civiche di teatro, musica, cinema e lingue. Parole che risuonano come ambrosia per gli addetti e professionisti dei settori culturali. Chi non apprezza un politico ottimista, positivo, aperto verso prospettive future viste come rosee? Il problema sta sempre nella declinazione del verbo: sta nel “sarà”. Nel continuo riferirsi a un mondo che verrà, poco o punto guardando invece al mondo che abbiamo sotto gli occhi, oggi.

Uno scollamento della politica dalla realtà che tutti, indistintamente, hanno constatato nelle schermaglie che hanno caratterizzato la recente elezione del presidente della repubblica. “La pandemia ha fatto capire anche ai non addetti ai lavori cos’è un paese senza la cultura”, ha detto il ministro. Senza probabilmente rendersi conto che stava constatando una verità che per centinaia di migliaia di cittadini corrisponde a sofferenza, incertezza, difficoltà nel provvedere anche alla banale sussistenza. Il ministero per questi lavoratori ha fatto molto? Questo ognuno lo giudica secondo i propri parametri, ma di certo nessuno potrà negare una situazione che ancora oggi è per molti difficile. Continuare quindi a prendere atto di una realtà dura, solo per prospettare un futuro brillante, alla lunga risulta stucchevole.

Tracce positive e negative

La pandemia, ha detto fra l’altro Franceschini, “non potrà chiudersi come una parentesi ma lascerà delle tracce positive e negative”. Affrettandosi ad aggiungere che “tra quelle positive dobbiamo aspettarci una crescita dei consumi culturali degli italiani. E formare persone in questi settori diventa un investimento fondamentale per il Paese”. Tutto giusto: ma le tracce “negative” che fine fanno? Le nascondiamo sotto la sabbia, assieme alla nostra testa?

La chiusura della nota stampa apre gli occhi. E trasforma l’uscita ministeriale in quello che è, un malcelato spot elettorale. “Stiamo ragionando da qualche tempo su una forma di presenza diretta del Ministero nelle Scuole civiche. E anche l’idea del Politecnico delle arti è formidabile. E dovremo concretizzarla anche qui con una forma di partecipazione e sostegno permanente da parte dello Stato. Questo è il mio impegno: abbiamo ancora un anno di legislatura per concretizzarlo“. Un anno e poi le elezioni: prendete nota…

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