Questo articolo è frutto dell’operato degli studenti del Laboratorio di scrittura, iscritti al Master Post Laurea “Management della Cultura e dei Beni Artistici” di Rcs Academy”, tenuto tra dicembre 2021 e gennaio 2022 da Luca Zuccala, vicedirettore della nostra testata. La collaborazione tra ArtsLife e Rcs Academy ha dato la possibilità agli studenti partecipanti al Master, dopo le lezioni di introduzione, pianificazione e revisione dei contenuti proposti, di pubblicare il proprio elaborato sulla nostra piattaforma.
Classe 1989, docente di Urban-design e in Tecnica della decorazione da cinque anni alla Libera Accademia di Belle Arti (LABA) a Brescia, Davide Tolasi è prima di tutto un artista, per la precisione uno street artist. “Concordia – Insieme per gli SDG 2021” è l’opera dalle dimensioni monumentali che ha realizzato a Cremona l’anno scorso assieme ad altri due artisti, Marco Cerioli e a MisterCaos, poeta di strada di Milano, con la collaborazione di più di 70 studenti delle scuole superiori della città. Abbiamo incontrato Tolasi e dal monumentale murales in questione inizia il nostro dialogo-intervista.
Sul lato sud della recinzione dell’area fieristica di Ca’ de’ Somenzi di Cremona hai realizzato un gigantesco murale con delle pitture minerali a effetto fotocatalitico mangia-smog. Quanto tempo è servito per l’ideazione e per la realizzazione dell’opera?
Con Marco Cerioli e MisterCaos, abbiamo incominciato a lavorare concettualmente su quest’opera da dicembre del 2020, mese in cui siamo stati contattati dal comune di Cremona per conto delle Nazioni Unite. Ci sono voluti circa 3 mesi di ideazione. Tra febbraio e marzo avevamo l’idea: rappresentare il diciassettesimo obiettivo dell’agenda 2030, ma in una chiave più generale. Questo punto indica il rafforzamento della partnership tra le istituzioni per raggiungere gli obiettivi del miglioramento dell’umanità, quindi abbiamo pensato di includere tutte le persone, non solo le istituzioni. Da qui l’idea di rappresentare 17 coppie di mani che tirano assieme la corda. Da marzo abbiamo iniziato a progettare il piano esecutivo, fino a maggio, tempo necessario per fare una serie di test e capire come poter intervenire su quella superficie. È stato un progetto complesso e pionieristico su più aspetti. Sicuramente lo è per via delle dimensioni, visto che è un opera di 1085 mq, ed è il murale fotocatalitico più grande d’Italia e tra i più grandi in Europa. I metri lineari del muro sono più di 600m, escludendo la parte centrale dove c’è il portale realizzato da Renzo Piano, che verrà dipinto quest’anno. Il cantiere vero e proprio è cominciato a fine maggio e abbiamo consegnato il lavoro alla fine di giugno.
Come mai avete scelto il tema del tiro alla fune per questo progetto?
La nostra idea era quella di trovare l’elemento che rappresentasse lo sforzo, e da qui quindi il tiro alla fune, che sarebbe il canale in cui concentrare l’energia per raggiungere l’obiettivo, oltre che a legare tutti. Quando Marco ha proposto questo soggetto mi ha conquistato fin da subito. Inoltre ci è piaciuto anche il gioco di parole dell’etimologia di “Concordia”. È una parola che deriva dal latino ed è composta da “cum” “con” “ cor cordis” “cuore”.
Hai in programma di realizzare altri murali con queste particolari pitture mangia smog?
Sì. Queste pitture sono prodotte da Keim e già in passato avevo avuto modo di utilizzarle. Le Nazioni Unite, quando hanno saputo di questo prodotto fotocatalitico per il progetto “Concordia” ne sono stati entusiasti, sia loro che la Farnesina. È un prodotto all’avanguardia che utilizzerò anche per un progetto a Soncino, alla stazione dei pullman.
Quando hai capito che il murale era il tuo metodo espressivo e come mai?
Il mio primo approccio è avvenuto quando avevo 13 anni. Assieme ad altri miei amici abbiamo sperimentato questa tecnica che però ho abbandonato qualche anno dopo. Il ritorno sul muro è avvenuto durante il periodo dell’Accademia di Belle Arti. Al primo anno, in cui credevo molto nel mio percorso dell’arte performativa, durante un’esposizione delle opere di noi studenti dell’Accademia, ho notato che una signora non aveva compreso la nostra arte. Da qui ho capito che bisognava trovare una forma di linguaggio comprensibile a tutti. Ambisco ad un’arte in cui ognuno possa dare una sua interpretazione all’opera, senza che l’artista debba dare spiegazioni. E la Street art è una forma molto democratica dell’arte, che può arrivare a chiunque.
Quando capisci che un’opera è completa e che non ha più bisogno di ulteriori ritocchi?
Son sincero, fino ad adesso non mi è mai capitato. Quando ho una commissione rispetto sempre le tempistiche che prometto, ma quando realizzo un’opera per me non riesco a vederne la fine. Smonterei e rifarei l’opera più e più volte, perché ci devo sempre aggiungere qualcosa di nuovo da un punto di vista emozionale. Alla fine le opere che realizzi sono come dei figli. Infatti un mio professore diceva che l’unico modo che abbiamo per staccarci è capire il momento in cui quest’opera è in grado di vivere per conto suo.
Le tematiche che preferisci da rappresentare?
Ho sempre avuto un debole per i santi, nonostante non sia la persona più credente di questo mondo. Mi piace perché è la dimensione più concreta e palpabile della religione. Verso Natale ho realizzato un S. Andrea sul lago di Como, per il Comune di Dervio, e ho scelto questa figura perché è il protettore dei pescatori. Ho voluto realizzare un S. Andrea ma contemporaneo. In realtà non sembra un santo, ma un pescatore seduto su un muretto che sta sistemando delle reti, e vicino a lui c’è una croce di S. Andrea ma, se non ci si fa caso, potrebbero essere due normalissimi pali. Mi piace molto l’idea che chi vuol vedere la figura religiosa la riesca a cogliere, ma chi non vuole vederci un santo veda una semplice persona che sta sistemando delle reti da pesca. Mi fa impazzire mischiare la classica figura dei santi con la normale quotidianità.
Quale sarà il tuo prossimo progetto?
Farò un intervento a Travagliato che si chiamerà “Mercato 2.0”. È un progetto molto particolare ma di cui ancora non posso raccontare molto. Già in passato avevo lavorato in questo comune, facendo dei piccoli interventi con dei bambini durante alcuni laboratori d’arte che avevo chiamato “Memorie urbane”, per raccontare la storia dimenticata di un luogo attraverso l’arte.