Il 12 febbraio 1848 al Teatro alla Scala di Milano va in scena la prima di Faust, balletto in tre atti e sette scene, con coreografia e libretto di Jules Perrot e musica di Giacomo Panizza, Michael Andrew Costa e Niccolò Bajetti. Ma ricordiamo che il 1848 fu un anno di rivoluzioni anche a Milano e la presenza di Fanny Elssler nel ruolo di Marguerite, non fu molto gradita. La Elssler infatti, benchè fosse una delle più famose ballerine dell’epoca (in perfetta competizione con l’altra grande della danza, Maria Taglioni), era nata in Austria nel 1810.
Fu ammiratissima da Radetzky, ma alla prima del Faust di Perrot si attirò il biasimo del pubblico rifiutandosi di ballare se prima le allieve della scuola di ballo non si fossero tolte dal collo una medaglietta col ritratto di Pio IX, il Papa su cui si erano accentrate le speranze dei patrioti italiani. Per questa sua richiesta fu subissata dai fischi impietosi che la accolsero all’entrata in scena, tanto che svenne e fu costretta a lasciare precipitosamente Milano.
Un vero peccato non soltanto perchè la ballerina austriaca era davvero un talento della danza classica con quel suo stile chiamato tacqueté, ovvero tecnicamente caratterizzato da passi molto veloci, brevi, puntati e ribattuti, ma perchè il fatto determinò la cattiva riuscita di quella prima tanto attesa da Perrot che, oltre ad essere il coreografo del balletto, ne era anche protagonista nel ruolo di Mephistophelis.
Ma con la Elssler non c’era da stupirsi riguardo i suoi atteggiamenti divistici sui quali aveva sempre giocato. La bella austriaca visse appieno la stagione del Romanticismo, affascinando il pubblico dei suoi contemporanei con un temperamento fortemente sensuale e doti artistiche ineguagliabili, oltre che una capacità drammatica senza pari. Sempre in quei giorni per altro circolava un biglietto in cui si si favoleggiava addirittura che su incarico di Metternich fosse divenuta l’amante del già malato figlio di Napoleone Bonaparte per abbreviarne i giorni. Questo è quanto riportava l’anonimo biglietto: «Disprezzo, fischi, lapidazione all’infame meretrice tedesca Elssler, turpe strumento d’uno fra gli infiniti vilissimi delitti dell’Austria esecrata, del lento assassinio del grande Napoleone!»
Ma se alla Scala fu fischiata nel Faust di Perrot, l’anno prima nello stesso teatro aveva riscosso un successo straordinario nella “Caterina”, la figlia del bandito, sempre con coreografia di Perrot con musica di Cesare Pugni. Fu dunque da imputare esclusivamente a ragioni politiche l’insuccesso del balletto. Ricordiamo che mancava meno di un mese all’inizio delle Cinque giornate di Milano e i cittadini milanesi tramite la diffusione di un volantino erano stati invitati a non andare alla rappresentazione a causa delle origini austriache della Elssler. La popolazione accolse l’invito e i più agguerriti, se si recarono a teatro, lo fecero solo per fischiarla.
Tre anni dopo Fanny si ritirò dalla danza andando a vivere vicino ad Amburgo con la figlia avuta dal musicista Anton Stuhlmuller nel 1830. Morì nella natia Vienna all’età di settantaquattro anni, milionaria.
La stessa sorte non toccò a Perrot. Oltre alla delusione di non leggere il suo nome sulla locandina di Giselle (quello che diventerà il balletto romantico per eccellenza) lavoro che aveva in gran parte ideato, dopo una deludente stagione a Milano nel 1864, si ritirò dalle scene e il 29 agosto 1892 morì a Parami in completa povertà.