Le dodici vite di Alfred Hitchcock, un libro per conoscere tutte le facce del Maestro del brivido
Alfred Hitchcock, prima di tutto, è autore di sé stesso. Un artista inquieto, che negli anni della sua carriera ha costruito la propria leggenda, diventando così il primo regista superstar conosciuto a livello mondiale, trasformando la sua persona in un brand. Il suo nome, film dopo film, diventa un marchio di qualità, la gente va al cinema per vedere i film di Hitchcock, non di questo o di quell’altro attore, lui impara a conoscere il “suo pubblico” e lo sfama a dovere, mai troppo, mai troppo poco.
Impossibile osservarlo e raccontarlo attraverso un solo punto di vista, una sola angolatura non basta, Edward White nel suo libro, Le dodici vite di Alfred Hitchcock (Il Saggiatore), decide così di farsi strada tra le diverse facce di questo regista mitico, raccontandole tutte, anche quelle più contraddittorie (anzi, soprattutto quelle), tra biografia, film, cronaca e fantasia (non si può mai sapere).
Il libro si compone di dodici ritratti, ognuno riprende Hitchcock sotto una luce diversa, ognuno rivela qualcosa di fondamentale su di lui, sulla figura pubblica che ha costruito attorno a sé e sulla creatura leggendaria che è diventato. Non solo quindi una ricostruzione biografica, ma un’indagine sui ruoli che l’autore di Psycho e Caccia al ladro ha deciso di incarnare. Tra queste dodici personificazioni troviamo l’Hitchcock eterno bambino, l’innovatore, il pioniere, il buontempone, l’artista trasgressivo, il marito, il donnaiolo, il padre di famiglia, l’intrattenitore pieno di contraddizioni. Scopriamo così aspetti inediti e leggiamo in un nuovo contesto quelli più celebri, in un racconto approfondito, ricchissimo e dettagliato.
Le dodici vite di Alfred Hitchcock è un gustoso mosaico che cerca di ricostruire i confini sfuggenti di un protagonista fondamentale del cinema contemporaneo, facendo leva sulle contraddizioni che lo caratterizzano, partendo dalle incongruenze e valorizzandole.
Un ragazzino spaventato da preti e poliziotti, ansioso e col terrore dell’abbandono, le sue ossessioni artistiche risalgono tutte alla sua infanzia e alla sua adolescenza: gli aneddoti sul padre che lo fa mettere in prigione per scherzo, le punizioni corporali dei gesuiti, nell’arco della sua carriera il regista ha raccontato molto dell’origine dei suoi “mostri”, ma ogni volta i dettagli cambiano un po’, forse perché la memoria non è sempre affidabile, oppure per via della sua malcelata consuetudine di trasformare tutto in una possibile sceneggiatura, la propensione per la suspense e per il melodramma sono insiti in lui. “Il padre, William – scrive Edward White – sembrava riuscire a rilassarsi solo a teatro. Hitchcock ricordava: «Credo si preoccupasse parecchio. Vendere prodotti che vanno a male in un solo giorno deve essere snervante». Tipico del suo atteggiamento, trovare un aspetto melodrammatico anche nel ciclo vitale di una sardina, infondere suspense nella vendita di pesce, frutta e verdura (il padre aveva due pescherie)”.
Ma sarebbe quantomeno riduttivo guardare a Hitchcock solo come un eterno bambino segnato dalle ansie infantili. In lui hanno convissuto un ego quanto mai ingombrante e un’estrema insicurezza, aveva grandissima considerazione di sé eppure provava disgusto per sé stesso, sicurissimo del suo talento e delle sue idee era sempre in cerca di rassicurazioni. Molti lo hanno visto come un uomo pieno di nevrosi, altri come freddo professionista, per molti innamorato e devoto alla figura femminile, per altri un mostro di misoginia (marito fedele o farfallone?).
Senza dubbio Hitchcock è stato (fra le altre cose) un pioniere. La sua filmografia va dal cinema muto al sonoro, dal bianco e nero al colore, dal melodramma all’horror, dal noir alla commedia (lavorando perfino in 3D). I suoi film muti sono pieni di idee innovative e trovate tecniche ingegnose, nel sonoro sfrutta al massimo la potenzialità della colonna sonora e nel doppiaggio, e primo fra tutti capisce l’importanza della pubblicità, del marketing – arrivando a promuovere sulla stampa e in un suo film (I Prigionieri dell’Oceano) la dieta che gli aveva fatto perdere 30 chili (Alfred, il golosone collezionista di menù).
Nel 1955 l’agente di Hitchcock riesce a convincerlo a lavorare per la TV, il regista accetta la sfida (primo grande autore a farlo), fonda una propria compagnia (cosa che gli permette di avere il controllo sulla produzione e sui guadagni), e chiama a sé i suoi collaboratori più fidati, gli scrittori, gli sceneggiatori e gli attori che più amava. La serie fa anche da banco di prova per Vera Miles, che – protagonista del primissimo fra tutti gli episodi della serie, Vendetta – torna poi a lavorare per Hitchcock sul grande schermo, prima con Il Ladro e poi con Psycho. La sfida viene vinta su tutti i fronti, gli ascolti ottimi e la popolarità del maestro del brivido schizza alle stelle, rendendolo il primo regista realmente famoso a livello mondiale, nonché indipendente da qualsiasi altro impegno e il regista più ricco di Hollywood.
Nel privato però, nonostante il successo, il regista è tormentato da una perenne insoddisfazione, guarda il mondo come dall’esterno, afflitto da grandi difficoltà emotive. E allora, chi era questo chiacchieratissimo Maestro del brivido™? Hitchcock: l’eterno bambino, l’assassino, l’autore, il donnaiolo, il grassone, il dandy, il padre di famiglia, il voyeur, l’intrattenitore, il pioniere, il londinese, l’uomo di Dio.