Nel mese di febbraio XNL Piacenza Contemporanea apre al pubblico le gallerie dedicate all’arte contemporanea che inizieranno la loro regolare programmazione a settembre 2022. XNL ha elaborato un progetto di museo-scuola basato sul rapporto tra pratiche artistiche ed educative e sul dialogo con artisti invitati ad esprimersi nell’ottica di una produzione di modelli culturali liberi e plurali.
Il centro, di un elevato pregio architettonico, realizzato come stabilimento Enel nel secolo scorso, è stato restituito alla città per raccontare il tempo presente. Quando Enel dismise questo palazzo, la fondazione lo acquistò per farlo diventare il polo d’arte contemporanea di Piacenza. Il centro è stato restaurato, i lavori di riqualificazione sono terminati nel 2019. All’inizio del 2020 vi è stata la prima mostra “La rivoluzione siamo noi”.
Finalmente ora la fondazione riapre al pubblico dopo il periodo pandemico. All’interno del palazzo l’attenzione è rivolta anche all’arte teatrale, cinematografica e musicale, queste arti dialogheranno continuamente tra di loro con un filo conduttore, la formazione. Uno degli obiettivi è quello di creare un’interazione con tutti gli enti che lavorano nel servizio culturale pubblico di Piacenza, a partire ovviamente dalla Galleria Ricci Oddi, che guadagna nuova luce e visibilità dalla presenza dell’XNL.
La stagione culturale di arte visiva partirà a settembre, da aprile a luglio ci sarà la mostra di Klimt, poiché un grande dovere della fondazione è quello di collaborare con tutti gli asset culturali che circondano il palazzo. Il progetto di arte contemporanea della fondazione sarà curato da Paola Nicolin, insegnante di arte contemporanea alla Bocconi di Milano e precedentemente responsabile dei progetti e dei servizi educativi di Palazzo Grassi a Venezia.
All’interno del centro ci sono due spazi dedicati all’arte visiva che ospiteranno sempre artisti differenti, ma che dialogheranno fra loro e daranno complemento di quello che è il messaggio artistico della fondazione. L’arredamento un po’ infantile è stato pensato per comunicare fin dal primo momento dell’ingresso all’interno della XNL questa attitudine alla formazione e alla trasmissione dei saperi.
Uno degli obiettivi è quello di far raccontare agli artisti come nasce l’opera d’arte, non come si diventa artisti, né che cosa è l’arte, ma di insegnare a entrare nelle pratiche artistiche, a capire quei passaggi che portano alla sua creazione. Questa ricerca inizia con un’opera manifesto che ben si lega ai temi proposti da questo spazio.
David Claerbout è un artista belga che ha esposto nei maggiori musei e collezioni pubbliche e private del mondo, è stato invitato a presentare un lavoro del 2016, intitolato The pure necessity ovvero Lo stretto indispensabile, opera ispirata dal celebre film Il libro della giungla, il classico Disney del 1967 diretto da Wolfgang Reitherman e tratto dall’omonimo libro del 1894 di Rudyard Kipling.
L’artista lavora nell’intersezione tra fotografia, pittura, disegno e animazione 2/3D.
L’opera consiste in un video che parla di una pratica artistica, che parte dal disegno e arriva all’immagine in movimento. Durante un periodo di 3 anni, David Claerbout e un team di artisti professionisti hanno accuratamente ridisegnato a mano i fotogrammi del film originale, uno per uno, e poi li hanno assemblati per creare un’animazione completamente nuova e senza vita – una contraddizione in termini – che si trova in crudo contrasto con la vivacità e ritmicità dell’originale. Nel video gli animali si comportano in un modo che si addice alla loro specie, grazie ad un attento e scrupoloso studio dell’anatomia, delle posture e dei comportamenti nel loro habitat naturale, l’artista ha voluto realizzare una sorta di negativo della Disney. Il libro della giungla è un trionfo del dinamismo degli animali che si comportano come esseri umani. Claerbout ha voluto restituire ai personaggi la dignità di essere loro stessi. La scelta di lavorare con Jungle Book non è stata casuale. La storia è quella del forte e potenzialmente crudele che aiuta il debole, fino a quando non si emancipa ed è pronto ad affrontare la vita moderna. Intorno al 1967, l’individuo non assomigliava affatto all’individuo di oggi, egli era un singolo mattone nell’architettura della società, oggi l’individuo è quella società, a milioni.
Al primo piano del centro XNL lo spazio è stato dedicato a due opere di Francesco Simeti, (Palermo, 1968 – vive e lavora a Brooklyn, NY). Artista italiano tra i più interessanti della sua generazione, attraverso queste due opere presenta temi e metodologie della sua mostra-atelier che inaugurerà nel mese di settembre.
La prima opera presentata da Simeti è Rubble, del 2007, un’installazione scultorea composta da un intreccio di fogli di forex stampati. In questo lavoro l’artista rivisita House of Cards, celebre opera dei designer americani Charles e Ray Eames. Sviluppato originariamente nel 1952, il loro progetto rifletteva l’idea quasi utopica e ottimistica che il design industriale potesse rendere il mondo un posto migliore e più piacevole. Simeti ripensa la struttura del gioco creata dagli Eames e contrappone alla loro visione positiva l’uso di immagini di macerie, detriti e rottami, sintomi di una società caratterizzata da guerre e problematiche ambientali.
Alle spalle di Rubble si stende poi l’altro lavoro in mostra che testimonia l’interesse dell’artista per il tessuto come materia prima e campo di indagine antropologica e terreno di contrasti. La contrapposizione tra i disegni floreali dei lussureggianti pannelli di velluto di Curtain e la durezza delle foto delle macerie in Rubble è funzionale sia a livello di corrispondenza fra le diverse cromatiche e colori, sia a sottolineare i grandi problemi che affliggono il nostro pianeta”.
In questo lavoro del 2017 si intrecciano storie d’arte provenienti da Oriente e Occidente, fornendo un compendio di pittura, scultura e fotografia. Il sipario diventa un portale che trasporta lo spettatore verso le sculture in Russia o negli edifici dell’India, tra fiori, fogliame, montagne e nuvole di un gusto barocco all’italiana, intervallato da raffigurazioni di carattere nipponico. La scala degli elementi raffigurati inverte la loro reale dimensione, l’artista riduce monumenti e edifici e ingrandisce erba e fiori, sradicandoli dalla funzione decorativa alla quale sono normalmente associati e arricchendoli di nuovi significati sinestetici. In questa prima mostra personale di Simeti in un’istituzione, l’artista unisce le sue riflessioni all’ideazione di un atelier.
Il titolo come un limone lunare / che non riposa mai è uno dei più celebri versi di Danilo Dolci, tratto dalla raccolta di poesie Il limone lunare, pubblicato nel 1970 – una dichiarazione di poetica sull’esercizio delle umane potenzialità del sociologo ed educatore italiano che, per diverse ragioni, ha ispirato Simeti nella creazione di questo progetto espositivo.