All’ADI Design Museum, dall’8 marzo al 12 giugno 2022, si può visitare la mostra “Marco Zanuso e Alessandro Mendini. Design e Architettura”, a cura di Pierluigi Nicolin, Gaia Piccarolo, Nina Bassoli e Maite García Sanchis.
La mostra è suddivisa in dodici sezioni: dedicate a Zanuso, Comfort, Nuova Estetica, Grande Scala, Costruzione Modulare, Innovazione, Muri in Pietra; a Mendini, Alchimie, Global Toys, Decorazioni, Musei, Case, Testo e Immagine. A concludere il percorso, un modulo con la biografia, le opere e i ritratti (realizzati da Roberto Sambonet) di entrambi i designer. Sono esposti alcuni mobili e oggetti di design originali, riproduzioni di documenti e note, riviste e fotografie.
Marco Zanuso (Milano, 1916-2001) e Alessandro Mendini (Milano, 1931-2019) sono stati due dei più importanti architetti e designer italiani. La loro estetica, la loro visione del design, degli oggetti, del processo progettuale e del mondo sono radicalmente diverse. Forse per questa ragione l’accostamento Mendini-Zanuso può sembrare infondato o non immediato. Però entrambi concepivano l’architettura e il design come due discipline legate e indivisibili. Questa impronta —architettonica nel design ed “estetica” nell’architettura— è propria del lavoro di entrambi, è quello che li accomuna e che rende il confronto e il dialogo fra di loro inaspettatamente fluido. Zanuso diceva “non ho mai smesso di fare insieme l’attività di designer e l’attività di architetto. Questa è la cosa che è rimasta abbastanza d’unità. E forse sono rimasto da solo a fare questo mestiere sdoppiato. Sono giunto a qualche conseguenza nella valutazione della doppia esperienza: fare l’architetto e fare insieme il designer confonde i limiti. Infatti non mi riescono più chiari quali siano i limiti tra queste due dizioni”.
Alessandro Mendini riflette, lungo la sua intera carriera, sulla categoria estetica del Kitsch —di cui è espressione massima la sua famosissima e iconica Poltrona Proust— e sulla citazione di artisti di generazioni anteriori —la stampa della Poltrona è infatti ispirata al puntinismo di Paul Signac—.
Citava infatti come maestri Kandinsky, Klee o i futuristi. Mendini parlava di un vero e proprio “culto alla superficie” in cui la funzionalità, pur sempre presente, origine del design, passa in secondo piano. Il suo metodo di lavoro era anche ancorato in qualche modo al passato; partiva dalla matita e dalla carta, scriveva, disegnava, pensava —diceva che “non si può disegnare senza aver pensato e io penso e scrivo”—. Creava diagrammi, mappe concettuali, reti, connessioni, e poi disegnava. Non pensava allo spazio, ma alle idee, alle persone. In parole sue: “io non parto dallo spazio nel pensare a un progetto, parto dalla persona intesa come corpo, psiche e spirito”.
Mendini si definiva non architetto, ma drago, come ha lasciato scritto in uno dei suoi diagrammi, con mani da artigiano, testa da designer, pancia da prete, piedi da artista, corpo da architetto, coda da poeta, petto da manager, gambe da grafico…
I moduli dedicati ad Alessandro Mendini consentono al visitatore di entrare nell’immaginario del designer (architetto, artigiano, grafico, poeta, manager, prete, artista…), di immergersi nella sua estetica —nuova, vecchia, kitsch, futurista, puntinista…
Zanuso sembra l’opposto di Mendini. Lineare, monocromo, elegante, serio. I suoi progetti si ispirano, a volte, alle forme della natura —come la sua sedia Lambda, le cui forme sono ispirate a quelle di un fiore—. I suoi colori erano il nero, il grigio, il bianco, talvolta il rosso, il verde, l’arancione.
Quando il visitatore sposta lo sguardo dalle poltrone colorate di Mendini, trova riposo nelle linee e nella semplicità di Zanuso. E poi torna, avido di colore, ai punti e ai pattern kitsch. E così la visita alla mostra diventa un costante spostarsi dello sguardo e dell’attenzione fra due estetiche completamente diverse che, curiosa e inaspettatamente, vanno d’accordo se messe una accanto all’altra.
Sia Mendini che Zanuso, pur avendo punti di vista, metodi, estetiche, filosofie diverse, erano al servizio del confort, della luce, delle idee. Del design, insomma. Inteso come qualcosa che migliora il nostro passo, breve, per il mondo.