Pintô International annuncia Our Islands, Their People: Becoming Archipelago, a cura di Elisa Carollo. La prima di una serie di mostre volte a stimolare il dialogo tra artisti filippini contemporanei e le loro controparti nelle Americhe e nei Caraibi che condividono un simile passato coloniale. Dal 31 marzo all’1 giugno 2022 a New York.
Prendendo spunto da Our Islands and Their People, as Seen with Camera and Pencil (1899), volume che per primo ha evidenziato i parallelismi tra le Filippine e altri paesi oggetto della colonizzazione spagnola e americana, la mostra raccoglie diverse pratiche artistiche che esplorano l’identità indigena al giorno d’oggi.
Gli artisti esposti decostruiscono e rielaborano il patrimonio visivo e materiale della loro patria delineando così una sorta di viaggio identitario. Ne risulta un racconto interculturale, composto da opere che includono mitologie, simboli, credenze locali stratificate, ricordi personali e cultura popolare.
Tale approccio è esplicito nelle giocose opere in ceramica di Alejandro Garcia Contreras. L’artista mescola liberamente la cultura pop contemporanea con il folklore messicano, i miti e il simbolismo Maya per costruire narrazioni materiali stratificate. Allo stesso modo, l’artista filippino Leeroy New crea maschere dai colori pop che attingono al potere creativo dell’immaginazione interculturale.
Altri artisti si riappropriano criticamente della rappresentazione culturale del loro paese per ritrarre la loro lotta identitaria. Ad esempio, il video Goldilock’s Principle (2009) di Eric Zamuco si interroga su quanto sia veramente volontario il processo di assimilazione di una cultura dominante. D’altra parte, l’artista multimediale filippina Caroline Garcia è affascinata dall’inspiegabile desiderio che nutre per le Filippine e la loro cultura, nonostante non abbia mai vissuto nel paese.
L’artista Miguel Payano Jr. esplora l’identità del cittadino globale di oggi come miscela organica di lingue e culture. Vede la transculturalità come un tratto chiave dell’identità delle giovani generazioni. Ulrik Lopez intraprende una ricerca antropologica per trovare elementi di un “codice identitario” all’interno di una cultura caraibica eterogenea e frammentata. La filippina Sara Jimenez esplora l’incarnazione materiale di profonde memorie transculturali. Mauritian Shiraz Bayjoo analizza la grammatica e le dinamiche di potere radicate nel rapporto tra culture colonizzate e colonizzate.
I dipinti dell’artista filippina Maia Cruz Palileo includono in modo fantasioso elementi della storia orale della sua famiglia alle immagini d’archivio coloniali. Attraverso queste diverse strategie, gli artisti definiscono una narrazione che contrasta con la tradizionale prospettiva incentrata sull’Occidente. Nicholas Galanin e Cannupa Hanska Luger affrontano la diffusa appropriazione indebita della cultura visiva e materiale indigena a causa dell’impatto del colonialismo e dell’amnesia collettiva. Propongono invece di costruire un continuum artistico che celebri la cultura indigena e la sua gente e cerchi di definire nuove narrazioni per una “Indigeneità del 21° secolo“.
Tutti i proventi della mostra vanno a sostegno del programma di Pintô International.
Informazioni
Pintô International è l’avamposto newyorkese di un’istituzione con sede a Manila, nonché uno dei più importanti spazi per l’arte contemporanea nelle Filippine, fondata nel 2010 per esporre pubblicamente la collezione d’arte del neurologo filippino e mecenate delle arti: il dottor Joven Cuanang. La sede newyorkese di Pintô International è stata fondata nel 2017 con la missione di promuovere il lavoro degli artisti filippini contemporanei su un palcoscenico internazionale.