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Collezione Poletti. La storia (e le storie) della pittura emiliana in mostra a Bologna

La Quadreria del Castello_Palazzo Fava_Ph Marco Baldassari La Quadreria del Castello_Palazzo Fava_Ph Marco Baldassari
La Quadreria del Castello_Palazzo Fava_Ph Marco Baldassari
La Quadreria del Castello_Palazzo Fava_Ph Marco Baldassari
85 opere della Collezione Poletti sono in mostra a Palazzo Fava di Bologna, museo appartenente alla rete di Genus Bononiae. La Quadreria del Castello, questo il nome dell’esposizione, si compone di sole opere di artisti emiliani, dal Quattrocento all’Ottocento. Una selezione dall’identità unica. Dal 7 aprile al 24 luglio 2022.

Nessuno storico dell’arte ha mai visto queste opere“. Con questa perentoria ed eloquente frase il curatore Angelo Mazza apre la mostra La Quadreria del Castello. Nelle sale affrescate di Palazzo Fava, Bologna, 85 opere (quasi) mai viste in pubblico trovano l’ideale spazio espositivo. I dipinti (e l’unica scultura presente) sono appartenuti nei secoli solo a collezioni private, ragione per cui sono state esposte solo raramente, perlopiù in occasione delle aste in cui erano proposte. Questo prima di entrare a far parte della collezione di Michelangelo Poletti.

L’imprenditore e appassionato d’arte, attualmente Presidente dell’Accademia di Belle Arti di Bologna, ha formato la raccolta negli ultimi trent’anni. 500 opere conservate nel Castello di San Martino in Soverzano, residenza di famiglia nella pianura bolognese. Una collezione vasta e dalla fisionomia precisa. Ampia temporalmente – le opere datano dal Quattrocento all’Ottocento – ma circoscritta geograficamente: in particolare, all’Emilia-Romagna.

Valore artistico e filologico si miscelano quindi in una serie di opere che meglio di qualsiasi altra collezione raccontano l’evoluzione della pittura nella regione. Dai grandi maestri ai pittori riscoperti da pochi decenni. Ogni quadro è uno squillo di storia che compone una sinfonia emiliana dalle note segrete e preziose, il cui eco trova risonanza perfetta tra le mura che le accoglie.

La Quadreria del Castello_Palazzo Fava_Ph Marco Baldassari
La Quadreria del Castello_Palazzo Fava_Ph Marco Baldassari

Il piano nobile di Palazzo Fava è impreziosito dagli affreschi che un giovane Ludovico Carracci realizzò su commissione del Conte che diede il nome all’edificio. Il pittore avviò nella prima stanza un ciclo legato all’Eneide di Virgilio, poi continuato nelle altre sale da Bartolomeo Cesi e da alcuni allievi di Carracci. Un’opera dai toni delicati e dalla trama sognante, che nel ‘500 divenne punto di riferimento di molti giovani artisti. Questi, in un tempo dove ancora non esistevano accademie, si recavano al Palazzo per studiare gli affreschi.

Tra loro Pasinelli, Creti, Graziani e Milani. Non è un caso, ma anzi un preciso meccanismo di rimandi, che porta in esposizione, proprio nella sala affrescata da Carracci, le opere realizzata dai suddetti pittori. L’ispirazione e il risultato di quell’ispirazione si ritrovano, a secoli di distanza, uno sopra l’altro. Un dialogo rispettoso e integrato, un sottile cercarsi che non si declina in correlazioni dirette, ma si esalta in un invito atmosferico. La Quadreria del Castello è una mostra intima (del le opere provengono dalla casa di Poletti), storica, culturalmente localizzata, espressione regionale e vanto nazionale, scientificamente accurata (incredibile la ricostruzione dei passaggi di proprietà delle opere) e artisticamente inimitabile.

Chi ha dipinto la Madonna e il Bambino coi santi Pietro, Paolo, Francesco d’Assisi e Antonio da Padova? Nessuno lo sa. O meglio: si conosce la mano, ma non il nome di chi l’ha dipinta. Il critico d’arte Federico Zeri l’ha ricondotta, dopo accurate indagini e il fortunato ritrovamento di un affresco chiarificatore, alla personalità denominata Maestro dei Baldraccani. Artista attivo a Forlì alla fine del XV secolo e il cui tocco si riconosce dallo stemma – quello della famiglia Baldraccani – incastonato ai piedi del trono dove siede la Madonna. Entrato a fare parte della Collezione Poletti nel marzo 2017, l’opera ne è divenuta immediatamente uno dei pezzi più pregiati.

E come questo sono tanti i dipinti dalle vicende disparate che si succedono nelle sei sezioni di cui si compone la mostra. Un itinerario che senza mai lasciare l’Emilia attraversa Rinascimento e anticlassicismo, Maniera e Controriforma, la nascita delle accademie e l’Ottocento ante-romanticismo.

La Quadreria del Castello_Palazzo Fava_Ph Marco Baldassari
La Quadreria del Castello_Palazzo Fava_Ph Marco Baldassari

Per esempio, non sono pochi i dipinti apparsi in aste internazionali e che, grazie alla passione di Poletti, hanno fatto ritorno in Italia. Tra questi, esposti, il Cristo portacroce di Girolamo Marchesi, il Sacrificio di Isacco di Camillo Procaccini, il Ritratto di bambino con vaso di fiori di Elisabetta Sirani e l’Allegoria della Primavera di Pier Francesco Cittadini. Gli ultimi tre acquistati da Sotheby’s, a Londra, nel 2002. Particolari poi due lavori provenienti da Dorotheum: una Sacra Famiglia di Francesco Cavazzoni, impropriamente registrata a catalogo d’asta viennese come di “pittore bolognese del secolo XVII” e una Madonna con il Bambino e Sant’Anna ritenuta, con errore, di “Scuola tedesca del Seicento”.

Non mancano ovviamente anche le singolarità contenutistiche. Le riscontriamo per esempio nell’olio su tela di Bartolomeo Celsi, Annibale fanciullo giura odio eterno contro i Romani. L’opera rappresenta l’odio inestinguibile che Amilcare instilla nel figlio Annibale fin dalla tenera età. L’opera risulta quindi un’esaltazione inusuale dell’ostilità punica nei confronti di Roma, e per estensione di chi ne gestiva nel 1500 l’eredità: lo Stato della Chiesa. Inusuale dunque che l’opera abbellisse Palazzo Albergati, ovvero residenza senatoria a Bologna, seconda città per importanza nei possedimenti papali. Impossibile non rilevare dunque un intento polemico, seppur mitigato dal fatto che Annibale fosse comunque citato tra gli uomini illustri della letteratura antica, celebrato sia da Cornelio Nepote che Tito Livio.

Simone Cantarini (Pesaro 1612 - Verona 1648) Filosofo con compasso (Euclide?) olio su tela, cm 104 x 86,3 – 120 x 103 (con cornice)
Simone Cantarini (Pesaro 1612 – Verona 1648), Filosofo con compasso (Euclide?), olio su tela, cm 104 x 86,3 – 120 x 103 (con cornice)

Eccellente invece per fattura tecnica Filosofo con compasso di Simone Cantarini. Il suo stato incompiuto accentua il fascino di una figura che sembra galleria in una monocromia che la assimila allo sfondo. La precisione nelle rughe del volto volteggia sfumando nell’intrecciarsi della barba, fino a perdersi nelle velature di cui la mano soffre (o giova) nel contrasto con lo strumento che regge: il compasso, supporto puntuale e accurato. E ancora: la luminosità degli incarnati e le tonalità fonde dei bruni donano inaspettata modernità al quadro. Come del resto sorprende la particolare forma triangolare dell’aureola del Padre eterno benedicente con angelo di Bartolomeo Passerotti o l’accurato restauro, appena terminato, di Presentazione del Bambino al tempio di Antonio Pirri.

Infine – tornando all’inizio del percorso, accanto ai Pittori di Palazzo Fava – trova spazio l’espressione del genio femminile locale. Lavinia Fontana con due ritratti, uno dei quali firmato, tre tele di Elisabetta Sirani e due tele di Lucia Casalini Torelli. Fontana e Sirani, tra l’altro, figlie di pittori in esposizioni nelle sale adiacenti. Ma del resto lo si è già detto: La Quadreria del Castello è una mostra che sa di casa. Per tante e valide ragioni.

Elisabetta Sirani (Bologna 1638-1665) Figura allegorica della Filosofia olio su tela, cm 93 x 74,8 – 115 x 96,8 (con cornice)
Elisabetta Sirani (Bologna 1638-1665), Figura allegorica della Filosofia, olio su tela, cm 93 x 74,8 – 115 x 96,8 (con cornice)

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