Una grande mostra sul tappeto figurato orientale. BBS-Lombard torna ad aprire i suoi spazi con una mostra dedicata al tappeto figurato orientale del Novecento dalla collezione di Sergio Poggianella. Dal 31 marzo al 31 maggio lo studio di professionisti per l’arte e la cultura con sede a Milano e Prato espone 19 arazzi, realizzati tra il 1920 e il 2001 prevalentemente in Afghanistan, ma anche in Pakistan, Asia Centrale e Cina.
La mostra documenta le numerose varianti dei cosiddetti “war rug”, i tappeti di guerra afghani, divisi in quattro sezioni. Il punto di partenza sono le mappe geografiche, una tipologia di tappeto che il pubblico dell’arte contemporanea riconosce nelle interpretazioni di Alighiero Boetti. L’artista nei suoi viaggi a Kabul negli anni 70 si lasciò ispirare da questi manufatti ai quali lavorò a partire dal 1971 con le stesse maestranze per realizzare la famosa serie delle “Mappe”.
Seguono i tappeti di guerra, creati a partire dagli anni 80, dopo l’invasione dell’Unione Sovietica, che riprendono i motivi astratti e geometrici orientali mischiandoli con rappresentazioni di armi, e che sono anche stati esposti nella mostra “Ornament and Abstraction” alla Fondation Beyeler nel 2001. Poi ci sono i paesaggi, tra cui troviamo uno degli esemplari più antichi della collezione, un tappeto del Khotan del 1920, che mostra i primi segni della rivoluzione modernista, con i treni in velocità, le navi a vapore e gli aeromobili. Infine, i ritratti, che mostrano l’alternarsi dei personaggi al potere, da Amanullah Kahn, re dell’Afghanistan negli anni 20, noto come il grande modernizzatore del paese, fino al generale Massoud, comandante della resistenza afghana contro l’Unione Sovietica prima e i Talebani poi.
L’arte tessile di questi tappeti mostra la maestria orientale di narrare la storia attraverso oggetti di uso comune, a differenza della tradizione artistica occidentale, in cui la narrazione storica avviene sulla tela. L’origine di questi tappeti rimane ancora in gran parte da indagare, costituendo un esempio di drastica rottura con la tradizione del tappeto orientale. Tali artefatti – da considerarsi vere e proprie opere d’arte per le loro valenze estetiche, etiche e sociali – hanno goduto della massima fortuna e di un significativo interesse commerciale ben oltre i confini dello stesso Afghanistan nel periodo compreso tra l’invasione sovietica dell’Afghanistan (1979-1989) e la missione Enduring Freedom (2001-2006).
“Nei war rug si addensa un ampio repertorio di ‘visioni del potere’ che mette in scena i rapporti di forza tra gli Stati del mondo in un Afghanistan da decenni dilaniato dalle guerre” ha commentato il collezionista Sergio Poggianella, fondatore della Fondazione FSP di Rovereto. “Creati in un contesto di guerra, questi tappeti possono indicare la strada verso una cultura di pace, in cui i confini non vengano profanati, ma attraversati per esplorare spazi e condividere culture – un tema quanto mai attuale nel momento della guerra tra Russia e Ucraina. Indipendentemente dall’esito militare, difficilmente si potrà parlare di un qualche successo, quando la violenza si riversa sulla popolazione civile, lasciando incancellabili traumi e macerie”.
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