La mostra “The 13th Hesitation” racconta la complessità delle generazioni di transizione della Corea del Sud attraverso l’arte contemporanea.
La storia della Corea del Sud è intrinsecamente complessa, parte da una nazione tra le più culturalmente conformi e unite dell’Asia, procede con una difficile epoca coloniale, subisce una terribile divisione per mano di forze esterne, e – in tempi più recenti – intraprende un incredibile boom economico che la rende una delle più grandi potenze economiche e culturali del mondo.
Come spesso succede, quando un Paese vive un tale sviluppo in un arco temporale estremamente breve, così inaspettato da venire nominato “Il miracolo del fiume Han”, le conseguenze a livello socio-economico e culturale sono molteplici.
Come chi ha visto Squid Game ha potuto osservare, la Corea del Sud è un Paese dai grandi divari, che partono dalle realtà geografiche per radicarsi in tutti gli aspetti del contemporaneo. Principale esempio è il divario generazionale: da una parte vediamo la generazione anziana, che ha vissuto la guerra e la povertà, e che ancora oggi fa fatica ad integrarsi, continuando una vita austera, lontana dalla tecnologia, e dall’impronta rurale; dall’altra parte abbiamo le generazioni degli anni ’90 e 2000, nate e cresciute nel boom economico, della super digitalizzazione, del K-pop e del benessere economico.
Poi troviamo la generazione di mezzo, quella che oggi è rappresentata da chi è nato tra gli anni ’70 e ’80, cresciuta all’inizio del boom. Sebbene questi anni siano considerati come quelli che hanno stabilito il fondamento della Corea contemporanea, molto spesso chi ne fa parte vive in continuo confronto con i contrasti tra il prima e il dopo.
In una mostra intitolata “The 13th Hesitation”, Arario Gallery presenta le opere di 13 artisti facenti parte di questa “generazione di mezzo”, contribuendo al racconto di un continuo confronto individuale e intra-generazionale tra chi ha vissuto per primo i benefici della crescita economica, studiando all’estero, sperimentando l’internazionalizzazione e l’innovazione tecnologica, dovendosi però confrontare continuamente con i propri genitori, figli della guerra e dell’estrema povertà.
Questi artisti si trovano costantemente a “fluttuare” tra i grandi contrasti della Corea del Sud, e lo trasmettono tramite le loro opere, che – attraverso diversi materiali ed interpretazioni – raccontano cosa significa avere 40 anni oggi nel Paese del calmo mattino.
Una prospettiva interessante per noi italiani che, sempre di più, conosciamo la Corea attraverso la sua Hallyu, l’impressionante onda culturale che ci ha travolto con Cinema, Serie TV e Musica, a cui oggi si unisce l’arte, con Seoul che sta diventando sempre di più il nuovo punto di riferimento per il mercato dell’arte asiatico. Tramite la Korean Wave, ci arrivano immagini di un Paese vibrante, ricco, ipertecnologico e in continuo sviluppo. Eppure, come molto spesso succede, la realtà è molto più complessa, soprattutto quando dietro all’esportazione culturale c’è la mano di grandi aiuti dello stesso governo, con un piano che dagli anni ’90 usa tecniche di Soft Power per dare di sé un’immagine di “Global Korea”.
La mostra ad Arario Gallery è quindi una buona occasione per scavare più a fondo, e iniziare a comprendere le sfaccettature di un Paese che sta assumendo sempre più rilevanza nel panorama globale.
Gli artisti e le opere in mostra
Raccontare la vita quotidiana e il commentario sociale
Il gruppo di artisti presentati nel primo ampio spazio espositivo, esplorano la dimensione umana e sociale della vita quotidiana, sospesa tra due generazioni, fluttuando tra giudizio ed empatia. Lee Jinju (1980) scava nell’archetipo della verità che esiste senza poter essere spiegata in vari aspetti della vita quotidiana, attraverso un paesaggio psicologico composto da ricordi ricordi o oggetti simbolici della vita quotidiana. Similmente, JWA Haesun (1984), dispiega i momenti ripetitivi e noiosi della vita quotidiana della gente comune, posizionandosi in un panorama dinamico, come se fossero parte di un’opera teatrale. BAEK Heaven (1984) si concentra su come i pensieri e il lavoro individuali costituiscono la logica della società che ci circonda, affrontando i vari problemi della nostra comunità attraverso immagini gioiose, fotografie e performance. JANG Jongwan (1983) si concentra sulla società incentrata sull’umanità moderna, sottolineandone la razionalità egoistica e l’ansia senza fine. L’artista ritrae allegoricamente e argutamente il desiderio umano di salvezza che è rappresentato dall’utopia o dal paradiso, le varie relazioni che influenzano la vita quotidiana di un individuo, comprese quelle con la famiglia, i colleghi, la comunità locale, e l’umanità nel suo complesso.
Raccontare le paure, le pulsioni, i media
Nel secondo spazio espositivo, troviamo il racconto della dimensione intima ed individuale del relazionarsi con paure e pulsioni, che oggi – sempre di più – sono influenzate da media e sottoculture. Le opere di SIM Rae Jung (1983), riversano compulsioni e ossessioni verso la solitudine e l’ansia, la morte e la paura in tratti neri. LEE Eunsil (1983), raffigura tabù socialmente trascurati e desideri profondamente intrinsechi usando temi tradizionali della pittura coreana in dettagli scomodi. Insane PARK (1980), individua la questione sociale del conflitto collettivo utilizzando video collezionati dalla pornografia raccolta su Internet e i codici sessuali basati sul suo interesse per le immagini mediatiche. Le sue opere sfidano le convenzioni sociali che ancora oggi si aggrappano a valori superati e rifiutano la menzione diretta del dolore e del piacere umano come parti della vita naturale. DON Sunil (1984) smonta seccamente gli oggetti e gli sfondi che appaiono frequentemente nelle sottoculture e l’affetto per essi, mentre NOH Sangho (1986), cattura, ritaglia e modifica le immagini straripanti trovate nei social media, e riproduce immagini quadrate in grandi quantità, rappresentano la tipica generazione del nuovo millennio.
Riflessioni sulla forma
L’ultimo corpus di artisti riflette sull’idea di purezza dell’arte, utilizzando tecniche tradizionali e investigando la loro relazione con medium contemporanei, esercitando continue riflessioni sulla forma e riflettendo sull’evoluzione dell’arte, tra il minimalismo astratto della generazione precedente e la sperimentazione tecnologica del contemporaneo. KIM Inbai (1979), massimizza parti degli elementi di base della scultura, quali punti, linee, piani e volumi, per porre gli spettatori di fronte a situazioni eccentriche che sembrano familiari ma non familiari, e situate al confine tra coscienza e incoscienza. KOO Jiyoon (1982), ripete il processo di creazione ed eliminazione di linee, volti e colori, puri elementi formativi della pittura, ritraendo gli individui della società contemporanea in modo astratto. AHN Jisan (1979) tenta esperimenti pittorici collimando immagini e trasformandole in un modello tridimensionale, per poi dipingere su una superficie piana usando mani, piedi e pennelli, sulla base del suo interesse ontologico nella relazione tra l’atto del disegnare e l’oggetto reale. BAEK Kyung Ho (1984) rilascia i suoi pensieri sulla tela e conduce vari esperimenti formativi in relazione all’essenza della pittura.
Il titolo della mostra “The 13th Hesitation” è dato dall’opera omonima creata da JANG Jong Hwan. Sopra la testa di un asino, che esita a causa della carota davanti ai suoi occhi, il numero 13 è scritto in segni di conteggio. Si tratta di un metodo di registrazione primitivo che troviamo usato dal protagonista del film Cast Away, che passava giorno per giorno a contare le date mentre si trovava alla deriva su un’isola disabitata. Questa mostra rappresenta il punto raggiunto dal suo 13imo tentativo.
Seguono alcune domande: Il quattordicesimo tentativo è stato un successo? Aveva senso tentare un’altra volta? Queste domande aprono un porta verso il sentimento comune delle persone che vivono in quest’epoca come “generazione di transizione”, che ancora esita e trema anche dopo aver superato l’età che si considera non essere influenzata dalle tempeste della vita. Una generazione che continua a leggere le contraddizioni del prima e del dopo di un Paese estremamente complesso e che, probabilmente, continuerà ancora ed ancora a provare a comprendere il reale, con delle lenti che uniscono empatia e straniamento, figlie stesse di un dualismo ancora irrisolto.
ARARIO GALLERY CHEONAN
# 43 Mannam-ro, Dongnam-gu, Cheonan-si, Chungcheongnam-do, Korea
충청남도 천안시 동남구 만남로 43 [31120]
T +82 41 551 5100 [5101] F +82 41 551 5102
Monday-Sunday : 11am – 7pm
Closed once a month on Shinsegae Cheonan-Asan Department Store’s closing day [the closing day is different each month], for exhibition preperation period, New Year’s Day and Chuseok.
Admission Fees: adult – 3,000 won l Youth – 2,000 won l Preschool child – Free
Free Admission Day: Last Wednesday every month [Museum Day]
La mostra é visitabile in VR al seguente link: http://58.229.178.197/13/araio_gallery/