Raccontate Amici, come avete trascorso questi due anni di Pandemia, chiusi in casa. Appartenendo alla classe 1935 mi sono comportato bene, a volte, navigando su ArtsLife. L’Arte nel mio caso è un amore storico duro a morire. Però in questi 24 mesi ho dato l’Arrivederci alla militanza Critica, scrivendo – per divertirmi – una mia Storia dell’Arte del Novecento, tramite apposite Lapidi evocative di sette versi. Dilettevole, perché in alcune occasioni sono stato impertinente, in altre affettuoso alla soglia della dolcezza.
Navigando su ArtsLife, a caccia delle immagini di Claude Monet, ho scoperto sul nostro quotidiano online, l’immagine qui sotto riprodotta di Ninfee, dipinto eseguito dopo la sua caduta della retina e il dilatarsi dei particolari tonali. A suo ricordo ho quindi composto questo epitaffio:
La mia barba era ricca di farfalle variopinte
tinte dai colori più vivaci bizzarri di allegria
corale ruotanti fresche mattutine in Giverny
sorvolavano al sorgere dell’alba le statiche
ninfee appisolate sotto il ponte giapponese
mentre attendevo il giusto riverbero di luce
per rivelare la signora Monet col parasole.
(Parigi, 14 novembre 1840 – Giverny, 5 dicembre 1926)
C’è stato da parte mia un inevitabile stupore quando ho rilevato di avere dedicato mesi prima un epitaffio a Mario Schifano sulla sua sperimentazione informale monocromatica accostata a quella tonale di Monet per la cascata informale del colore:
Io, mediterraneo, meditavo il modo di rivelare,
gli Alberi ciechi, Paesaggi anemici; su fondo
di rosso borghese della Falce col Martello;
con mantra casalingo,Pop Art di Coca Cola.
Male avevo compreso di essere Informale
simile al Monet di Ninfee: giuntagli propizia,
la lente deformata, poetica, dalla cataratta.
Più volte mi sono chiesto in questi mesi se non sia da antiquariato l’affermazione – ancora oggi ricca di fascino – del poeta dell’800 Charles Beaudelaire in cui “l’artista urla prima di essere vinto”. Per questo motivo ci può accadere di vedere una mostra d’arte contemporanea come un motociclista nota l’insieme di un paesaggio.
Soffermarsi invece è un dovere, per guardare e ricevere un’emozione; il non capire l’enigma di un costrutto è ricordare che c’è sempre qualcuno che viene in nostro soccorso. Era accaduto a fine ‘800 per le Ninfee di Claude Monet, con la borghesia di Parigi scandalizzata e nel 1963 alla mostra Informale di Mario Schifano presso la Galleria di Giorgio Marconi di Milano, dove il pubblico assentiva passivo.
L’Arte è un gioco privato o di società, secondo i contesti dalle date antiche. Tutto a mio parere ebbe inizio sin dai tempi delle Grotte di Lascaux. Una serie di riflessioni, le mie, che stanno a significare l’impossibilità di analizzare in chiave scientifica l’Arte Moderna, pratica invece applicata ai Maestri del Rinascimento, i quali non si possono canzonare con garbati epitaffi scritti su misura.