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Il tempo ritrovato di Bernard Moninot. Una sorprendente monografica alla Fondazione Maeght

Bernard Moninot, Chambre d'Echo n°9, 2017
Bernard Moninot, Le Dessin èlargi. Photo Roland Michaud
Bernard Moninot, Le Dessin èlargi. Photo Roland Michaud
Fino al 12 giugno c’è tempo per visitare la personale che la Fondation Maeght di Saint-Paul de Vence (Francia) ha dedicato a Bernard Moninot. Un artista proustiano per l’importanza che la memoria riviste nei suoi disegni allargati.

“Basta che un rumore, un odore, già uditi o respirati un tempo, lo siano di nuovo, nel passato e insieme nel presente, reali senza essere attuali, ideali senza essere astratti, perché subito l’essenza permanente, e solitamente nascosta, delle cose sia liberata, e il nostro vero io che, talvolta da molto tempo, sembrava morto, anche se non lo era ancora del tutto, si svegli, si animi ricevendo il celeste nutrimento che gli è così recato. Un istante affrancato dall’ordine del tempo ha ricreato in noi, perché lo si avverta, l’uomo affrancato dall’ordine del tempo.”

Marcel Proust – A la Recherche du temps perdu

Nasce da un suono l’opera di Bernard Moninot (1949). Quelle delle vibrazioni del diapason della madre musicista, che scopre da bambino. Note mai scomparse dalla sua memoria e continuamente rinnovate, moltiplicate all’infinito. Effimere, mutevoli, oltrepassabili. Le opere dell’artista francese si svelano al futuro anteriore, illustrando in tal modo la proposizione di Freud secondo cui l’artista precede l’analista.

Costituita da infiniti rimandi suggeriti dal reale, l’opera di Moninot si può classificare innanzitutto per quello che non è. Non è pittura benché lavori con i pigmenti, non è scultura; e neppure installazione, malgrado si esplichi nello spazio. Eppure tutte queste tecniche rientrano nel suo lavoro. Il più giusto, suggerisce il curatore della mostra Olivier Delavallade – sarebbe dire che si pone nell’ordine del disegno, ma di un disegno allargato. Le Dessin èlargi, non a caso, è il titolo della mostra alla Fondazione Maeght. Allargato perché caratterizzato dalla presenza di oggetti nello spazio, materiali di tracciamento e d’inscrizione originali come il vetro, il vento, il metallo, le percussioni.

Bernard Moninot, Cadastre braille 21 août, 2018
Bernard Moninot, Cadastre braille 21 août, 2018

Un’opera dove fantasia, razionalità, tecnica, filosofia si incontrano per rielaborare dati di memoria, soprattutto autobiografica, quasi che la corretta interpretazione del proprio vissuto possa essere raggiunta solo attraverso il ricordo. Un artista che incanta e irrita nel contempo, ma con risultati eccellenti sia sul piano tecnico che estetico.

A partire dagli anni 1980, Bernard Moninot ridefinisce il suo lavoro integrando alle dimensioni spaziali tradizionalmente legate al disegno una ricerca sperimentale dove esplora le possibilità che offrono alcuni fenomeni naturali come l’ombra, la luce, il vento, le onde sonore per cercare di ri-produrre forme visibili del tempo. Dal 2005, l’artista francese realizza opere ancora più complesse combinando tre nozioni che diventano programma artistico: il caso, l’inconscio, l’intuizione.

La manipolazione creativa diviene espressione e ricerca, l’atelier osservatorio e laboratorio; le sue installazioni sono sempre più autobiografiche, il processo creativo legato allo sviluppo del tempo diventa il soggetto principale. Partizioni visive, sonogrammi, metafore, echi, movimenti dello sguardo, disegni tracciati dal vento, tragitti della memoria. Ne risulta un’opera poetica, musicale, immersiva, di luce e di silenzio, di memoria del tempo, sia esso fossile, sinestetico, proustiano.

Bernard Moninot, Le Dessin èlargi. Photo Roland Michaud

La mostra alla Fondazione propone gli ultimi 15 anni del suo lavoro, una selezione di opere che si cimentano con ciò che è inimmaginabile, difficilmente rappresentabile: Antichambre, Ensecrètement, Lumière fossile, Objets de silence, Chambre d’écho, Point de rosée, Mémoire du Vent.

Inizia con il tempo della memoria illustrata nei piccoli teatri della Chambre d’eco 2012-2017, legati alle vibrazioni di un la amplificato dagli oggetti, ma con dei timbri differenti. Con Antichambre, abborda il tempo della luce, per Lumière fossile 2016- 2019 realizza 9 elementi con piccoli fossili, crinoidi a forma di stella, che datano a 200 milioni di anni, pentacrini incollati a strutture a corde di piano. Un ultimo (almeno per adesso) progetto impossibile, disegnare il vento facendolo registrare attraverso un rudimentale sismografo, con mémoire du vent 1999-2021 si pone sulle tracce del vento in varie parti del mondo.

Assieme ai suoi stranianti, sorprendenti “dispositivi” vengono proposti una quarantina di disegni, su carta, su tela, su seta, che rivelano l’elaborazione del processo creativo nel tempo. “Quando si lavora – sottolinea l’artista- si cerca sempre di ritrovare ciò che è all’origine della nostra arte”, ben deciso a mettersi sulle tracce del tempo e dello spazio. Un tempo interiore che poco ha a che vedere con la realtà storica, un tempo che recepisce e trasforma a modo suo i dati dell’esperienza sensoriale e può essere solo un’interpretazione postuma, l’unica concessa alla nostra memoria.

Bernard Moninot, Chambre d’Echo n°9, 2017

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