Plinio Nomellini, il lavoro, 1903, stampa litografica a colori su carta, 130 x 99 cm, Wolfsoniana, Wolfsoniana – Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura
La mostra prende in considerazione l’arte italiana della seconda metà dell’Ottocento, quando cioè conosce un più profondo interesse per la questione sociale, dovuto sia alla diffusione delle tesi socialiste, sia alla nuova situazione socioeconomica del Paese, che offriva importanti motivi di riflessione. È in questo periodo che nascono le prime organizzazioni dei lavoratori, si preparano i primi scioperi e si verificano violente insurrezioni contadine.
Parallelamente, muta anche lo sguardo degli artisti che descrivono il soggetto spesso con impietosa oggettività senza alcun compiacimento o edulcorazione, con un’attitudine prossima al Verismo, così com’era accaduto anche in letteratura. Al contempo, si diffonde la tendenza a un approccio spirituale alla creazione artistica, quasi nel disperato bisogno di risposte e con la necessità di un’intima riflessione e di un dialogo con il divino. Questo aspetto trascendente, di ambito simbolista, è protagonista della ricerca di molti artisti, la cui produzione resta spesso in bilico tra i due mondi: quello del verismo sociale e quello della visione, come se rappresentassero due espressioni di un unico momento.
Il percorso espositivo si apre al Palazzo delle Paure, prendendo in considerazione il tema sociale, tra pittura di genere e interesse politico, attraverso dipinti di Michele Cammarano, Vincenzo Gemito, Teofilo Patini, Francesco Michetti, Antonio Mancini, Angelo Morbelli e altri. Il lavoro, colto nei suoi più diversi aspetti, è al centro dell’analisi di autori quali Giovanni Sottocornola, Carlo Fornara, Plinio Nomellini e Ambrogio Alciati, la cui tecnica si avvicina a quella divisionista.
L’attenzione degli artisti di fine Ottocento si allontana progressivamente dal mondo reale, e si sposta verso gli aspetti più onirici e immaginifici. Come succede con la pittura di paesaggio, affrontata, soprattutto in ambito divisionista, con toni sempre più visionari, come nelle opere di Angelo Morbelli, Giuseppe Pellizza da Volpedo, Emilio Longoni, Vittore Grubicy, Giovanni Sottocornola, ma anche di artisti meno noti, quali Benvenuto Benvenuti e Sexto Canegallo.
Un’ampia sezione è inoltre dedicata ai sogni e alle visioni, tra simbolismo e allegoria, dove Giovanni Segantini, Gaetano Previati, Giuseppe Pellizza da Volpedo, Leonardo Bistolfi, Plinio Nomellini, Giorgio Kienerk, Luigi Russolo, Jules Van Biesbroeck, Adolfo Wildt e molti altri accompagnano il visitatore fino a tendenze già novecentesche, tra Simbolismo e Liberty. Il percorso espositivo si completa nelle sale di Villa Manzoni con una serie di opere ispirate al tema della vita nei campi, tra denuncia sociale, malinconia per una realtà in profondo mutamento e immaginario idilliaco, ritratta da pittori quali Emilio Longoni, Emilio Gola, Baldassarre Longoni, Achille Tominetti, Arturo Rietti, che dialogano con i dipinti della collezione permanente del Museo Civico di Lecco.