Print Friendly and PDF

Me, Myself and Eye: Paolo Woods racconta la 12^edizione di Cortona On The Move

© Hayat Osamah
© Focus & Blur

ME, MYSELF AND EYE, la dodicesima edizione di Cortona On The Move festival internazionale di fotografia apre il 14 luglio. Tante mostre, presentazioni e un weekend inaugurale con eventi straordinari e, per la prima volta, in sinergia con il G.R.I.N., l’esposizione dei vincitori 2021-2022 del prestigioso Premio Amilcare G.Ponchielli.

Se la fotografia oggi parla un linguaggio universale, il Festival Cortona On The Move nell’edizione di quest’anno, si sofferma su autorialità, punto di vista e legittimità e, come precisa Paolo Woods, il nuovo direttore artistico “ricercando la sua anima senza sfuggire al dibattito, ma sempre aspirando al poetico. Esplorando i limiti estremi del mezzo come audaci astronauti e le storie sepolte come meticolosi archeologi”. Riconosciuta come une delle piattaforme italiane più autorevoli per la fotografia documentaria, la kermesse di Cortona (allestita fino al 2 ottobre) si distingue per le produzioni originali e inedite e per la volontà di rendere la cultura fotografica sempre più accessibile e comprensibile al grande pubblico. 

Paolo Woods, fotografo documentarista, regista e curatore olandese-canadese, autore di otto libri e di lavori esposti in mostre personali e collettive in tutto il mondo e presenti in collezioni private e pubbliche, ha assunto la nuova direzione della manifestazione.

Dalla serie Fast – Paced © Hayat Osamah

Come stai vivendo questo nuovo impegno?

“Lo sto vivendo come una nuova avventura. Non era qualcosa a cui io aspiravo e non è qualcosa che pensavo avrei fatto. È arrivata come un’opportunità inaspettata e l’ho presa un po’ come una sfida, come la voglia di provare una cosa completamente nuova. È chiaro che non l’avrei fatto per qualsiasi festival. Questo è un festival che conosco molto bene per esserci venuto tante volte, per averci esposto varie volte e perché conosco personalmente sia Arianna Rinaldo che Antonio Carloni che l’hanno fondato e creato. Sono loro che hanno fatto sì che il Festival sia quello che è oggi, consolidato nelle undici edizioni precedenti. Da qui ho pensato che potrebbe avere un senso continuare a costruire”.  

Me, Myself and Eye, riprende nel titolo una delle più note ballate di Billie Holiday. Cosa hai introdotto di nuovo in questa manifestazione affermata e conosciuta a livello internazionale? 

“Ho varie cose che mi interessano, alcune che già esistevano e alcune che volevo sviluppare. Penso che per questa edizione la tematica Me, myself and Eye sia più determinante nella scelta degli artisti a cui abbiamo chiesto di venire e di esporre. Si basa più sul tema che su un certo tipo di fotografia. Vengo anch’io, come fotografo, dalla fotografia documentaria e ho una visione di questo genere di fotografia, forse più ampia di quella che normalmente si considera. Mi interessano moltissimo gli usi della fotografia e tra questi l’idea che non siano solo fotografie prodotte da professionisti ma che la fotografia oggi sia il linguaggio universale più usato che mai. Basta guardare i social, basta guardare i ragazzi che comunicano attraverso la fotografia. Mi interessano tutti gli usi possibili. E questi rientrano molto nell’idea del documentario perché stanno in qualche maniera documentando il mondo che viviamo. Ho voluto pensare anche a delle mostre che non fossero semplicemente di autori, ma che a volte fossero anche delle mostre proprio tematiche e una di queste è intitolata I DO, (tradotto in italiano: Sì lo voglio). È una mostra sulla fotografia di matrimonio che è sempre stata guardata un po’ dall’alto in basso ma in realtà, secondo me, è una fotografia importantissima, antropologica, sociale che racconta società diverse. E per raccontarle abbiamo fotografi che vengono dalla Cina, dall’India, dal Ghana, dall’Italia, dalla Spagna, da Haiti, dagli Stati Uniti e in più una sezione storica. Ognuno rappresenta un aspetto, una faccia di questa fotografia. Ed è l’idea di avere una mostra che è completamente prodotta da noi, sulla base di un tema che penso sia nuovo. Questa mostra girerà perché porteremo Cortona in altri Festival, in altri luoghi, in altri musei e quindi l’irradiazione di quello che produciamo qui non è solo dedicata alla città di Cortona anche se il nostro cuore è qui. Le mostre sono quasi tutte prodotte da noi e alcune sono in progress, come per esempio quella di Lucas Foglia con Constant Bloom con il suo progetto in corso in partnership con Autolinee Toscane.  A Cortona abbiamo degli spazi speciali e unici, ma non sono spazi museali come una White Cube classica, abbiamo spazi nelle chiese, nei capannoni, una fortezza medievale, nei sotterranei, nelle cannoniere, spazi straordinari e ogni volta cerchiamo di adattarci a quegli spazi studiando una sinergia tra il lavoro dell’autore e i luoghi”.

Dalla serie Constant Bloom © Lucas Foglia

Sono tante le esposizioni che infrangono le barriere tra professionisti e non?

“Certo. Un esempio? Izaak Theo Adu-Watts con Ordinary Love. Lui è un artista californiano, figlio di Sade Adu, la nota cantante nigeriana-inglese. Lui nasce donna e si sente costretto nel suo corpo già da molto giovane e a questo punto decide di intraprendere la trasformazione per cambiare sesso. Lo racconta sul suo Instagram semplicemente mettendo delle foto che possono essere le foto del primo giorno in cui inizia il trattamento ormonale ma anche le foto dei suoi cani, dei suoi amici, delle sue feste, tutto quello che è la quotidianità di una persona. Diventa in breve molto seguito su Instagram con delle immagini che non rappresentano il lavoro di un fotografo ma è straordinario perché mostra questa progressione e ci parla anche dell’uso della fotografia che non è quella semplicemente fatta dai professionisti e le didascalie che accompagnano le immagini saranno quelle che metteva su Instagram con gli hashtag e con gli haters. Una sorta di stream of consciouness, anni di trasformazione che noi presentiamo in mostra. Tra i lavori fotografici di amatori però riconosciuti da professionisti c’è Carlo Rainone, giovane fotografo napoletano che ha raccolto centinaia di immagini di napoletani con Le foto de Dios, le immagini di Armando Maradona che all’epoca era a Napoli. Ci racconta l’idea della fama e della notorietà ma in epoca pre-selfie, in epoca pre-digitale. Martina Bacigalupo con Gulu Real Art Studio invece ha lavorato con gli scarti delle fotografie di un piccolo studio fotografico in Uganda dove la gente veniva per farsi la carta d’identità ma la macchina faceva una foto più larga dalla quale veniva ritagliato solo il viso. Tutto quello che rimaneva, il contorno, il resto della persona a parte il volto, in un ritratto classico di trequarti, veniva buttato via e lei si rende conto che quei contorni raccontano tantissimo, in maniera delicata e molto pregnante la situazione in questa piccola città al confine tra l’Uganda e il Sudan”.

Dalla serie No Ordinary Love © Izaak Theo Adu-Watts

Anche il Premio Amilcare G. Ponchielli, fondato dal G.R.I.N. (Gruppo Redattori Iconografici Nazionale), approda a Cortona on the Move? 

“Parlavo del mio legame con Cortona. Anche il mio legame con il G.R.I.N. è fortissimo e con il Premio Ponchielli altrettanto perché sono stato vincitore del Premio con Far West cinese nel 2008. È un premio che sento particolarmente vicino sia per le persone che lo danno, tutta gente che lavora nel mondo della fotografia e che mangia fotografia a tutti i pasti, sia per i fotografi che lo hanno ricevuto. La persona che ha ricevuto il premio l’anno dopo di me, Martina Bacigalupo, (nel 2009 con Umumalayika), per una coincidenza incredibile è anche esposta a Cortona. Gabriele Galimberti che è in mostra con The Ameriguns, vincitore del Ponchielli del 2021, è qualcuno con cui io ho fatto tanti lavori e a cui sono legato da amicizia. Mi rendo conto che il premio G.R.I.N. è al centro del mio interesse e mi sembrava assolutamente naturale che uno dei premi più importanti in Italia, focalizzato su progetti e non semplicemente su belle fotografie, avesse un posto importante a Cortona. Si prefigge di essere un punto di riferimento per i fotografi”. 

Dalla serie Under Land © Awoiska van der Molen

A Cortona On The Move anche la collaborazione con Arts AIULa in Arabia Saudita, le Letture Portfolio, la Summer School in collaborazione con Canon Italia, talks, incontri, proiezioni, libri e ancora tanto altro.

“Una cosa molto importante del programma di Cortona On The Move a cui tengo particolarmente è COTM on Stage con giornalisti, scrittori, registi e musicisti, un momento unico on stage che si svolgerà al Teatro Signorelli, il 16 luglio. Abbiamo a Cortona un Teatro, nel centro del paese dove precedentemente si svolgevano le conferenze stampa. Spesso i fotografi non sono dei grandissimi oratori e abbiamo concepito un modello un po’ ibrido dove chiediamo ad alcuni autori, piccole storie specifiche intorno alla fotografia non necessariamente fatte da fotografi ma da persone varie del mondo della cultura. Una specie di spettacolo sul palco con musica dal vivo e si terrà l’ultima sera del weekend d’inaugurazione, cioè il 16 luglio. È un momento speciale perché l’emozione di uno spettacolo sul palco dove posso realmente vedere le persone è la forza di un festival come le Letture Portfolio dove avremo in qualche modo il gotha della fotografia sia dal mondo museale, sia dal mondo giornalistico, sia dal mondo delle gallerie. E un fotografo che viene a Cortona ha la possibilità in quei giorni di incontrare il massimo del mondo e tutto in una piccola cittadina toscana”.

www.cortonaonthemove.com

Commenta con Facebook