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Fuga dal feed. L’arte di Giulio Marchetti si interroga sul paradosso del mondo iper-connesso

Giulio Marchetti, Instadram
Giulio Marchetti, Instadram
Instadram di Giulio Marchetti rappresenta in modo evidente il paradosso che caratterizzata le relazioni al tempo dei social network: desideriamo tanti amici anche se non ne conosciamo nessuno per davvero.
Veicola foto
ad un pubblico
ignoto.
C’è uno scatto
ma non un contatto.
Una mano
che si tende
invano.
Giulio Marchetti 

Stare lontani, per sentirsi più vicini. Questo è il paradosso che caratterizza la nostra epoca digitalizzata e globalizzata. I mezzi tecnologici che abbiamo a disposizione sono in grado di portarci in un istante all’altro capo del mondo. Eppure allo stesso tempo inducono anche alla reazione opposta: ci spingono a rimanere distanti pur essendo vicini. Lo stesso device che ci rende prossimi luoghi o persone molto distanti finisce per persuaderci che la mediazione di uno schermo sia la soluzione preferibile anche per relazionarci con chi ci è vicino.

Conoscenti, parenti, colleghi e datori di lavori, personaggi dello spettacolo, sportivi, politici. Ogni categoria sociale trova il suo sbocco sui social network, agorà prediletto di chi desidera avere tanti amici ma, laddove è possibile, non vederne nessuno. La spinta relazionale non pare sincera, dopotutto. Condividiamo noi stessi senza stimolare confronto, ma con il placido intento di convincere, di ottenere approvazione, di rinforzare il proprio io attraverso una sua riproposizione piatta e convenzionalmente accettata.

Inseriamo un timido contenuto in una cornice espositiva confortante, sicura, omologata. Mostriamo agli altri che anche noi facciamo parte di questo mondo. Ne assecondiamo le regole anche se, in fondo lo sappiamo, la soddisfazione che ne traiamo è effimera e inconsistente.

Da questa presa di coscienza nasce Instadram, la nuova opera d’arte digitale del visual-artist romano Giulio Marchetti. L’artista rappresenta la tensione più faticosa dell’epoca contemporanea: il desiderio di raggiungere l’altro attraverso gli strumenti concessi dall’ecosistema digitale e social.

Nel più instagrammabile dei contesti estivi, la spiaggia, un braccio si distende in tutto il suo sforzo per superare i limiti imposti dal sociale e andare oltre. Cerca forse un contatto con qualcuno, una via d’uscita, invoca una richiesta d’aiuto; ma è anche un braccio che, nella sua evidente insofferenza, pare anche pronto per catturare un elemento della realtà e portarlo all’intero del social network. Laddove le cose si trasfigurano e tutto (e tutti) diventa incredibilmente perfetto e seducente.

Non fosse che Marchetti inserisce al lato della composizione un elemento che però è tutt’altro che marginale. Un banda bianca, quella che nel feed di Instagram separa un’immagine dall’altra. Un chiaro gesto eversivo, quasi a voler violare i bordi stringenti concessi a chi produce immagini e contenuti all’interno delle piattaforme social di maggior successo.

Del resto la condizione pare questa: siamo tanto connessi quanto siamo soli e distanti. Gli strumenti che ci dovrebbero avvicinare acuiscono la percezione di straniamento e isolamento quotidiano. Marchetti pone l’accento su questa sorta di lento autolesionismo, propone uno strappo netto che pochi di noi hanno il coraggio di fare. I più galleggiano nel limbo di questa situazione, sperando che qualche like ne addolcisca un po’ l’amarezza.

IG: @giuliomarchetti_art

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