Da una parte, l’indagine per mappare viaggi che attraversano interi territori; dall’altra, la registrazione di minime tracce del terreno con millimetrica attenzione. Questa antinomia è alla base della personale – Venne all’esistenza lo Spazio beante, a cura di Lorenzo Benedetti – di Andrea Francolino alla galleria Mazzoleni di Torino. Dal 22 settembre al 22 ottobre 2022.
“Più si osserva ogni cosa, qualunque cosa su questa tavola, gli oggetti, il frigorifero, questa stanza, il suo naso, il mondo, e più ci si rende conto che c’è una specie di armonia cosmica di forme e di dimensioni. Mi stavo solo chiedendo perché. Io non lo so che cos’è, ma so che è così“, dice il personaggio di Matthewin The Dreamers (2003) di Bernardo Bertolucci.
E forse la stessa consapevolezza appartiene anche a Andrea Francolino, che ha scovato sottili corrispondenze tra il micro e il macro del nostro mondo. Infinitesimali rimandi che portano una piccola crepa vicino a noi ad assomigliare agli schemi di una costa oceanica o al profilo di una catena montuosa.
Nelle opere in mostra da Mazzoleni emerge questa continua dualità che ci circonda quotidianamente. Non solo gli elementi naturali, ma anche i percorsi di ricerca diventano forme irregolari che rispecchiano andamenti organici, frattali entropici che si diffondono attorno, nei tragitti e nelle crepe che assumono un infinito numero di possibilità.
Come in Caso x caos x infinite variabili, dove l’artista replica la stessa rottura nel tentativo di ricostruire il percorso di una linea imprevedibile. Ogni crepa è una forma a se stante, come ogni itinerario è unico e irriproducibile. Ma Francolino gioca col destino e indaga il rapporto tra naturale e artificiale.
La ricerca di questa riproducibilità diventa l’elemento che unisce tutte le differenti ricerche spazio-temporali. Lo stesso principio viene mostrato in una serie di video che hanno come titolo Minuto. Immagini di crepe, ogni secondo differenti, sono proiettate su segni di matrice casuale presenti su vari supporti nel tentativo impossibile di “giusta” sovrapposizione.
Nella serie dei Percorsi l’artista cerca di esaminare le tracce cartografando solchi – per la precisione sette – sulle superfici della carta. Questo segno mostra il movimento della materia in precise e differenti tappe di un tragitto. In questo modo lo spostamento da lui compiuto, da uno stesso punto di partenza – il suo Studio – alla sua conclusione, se disegnato genera una forma equivalente che ricorda, a sua volta, una fenditura. Le sette tracce rimangono impresse nella o sulla carta Hahnemühle.
L’installazione Dalla terra al cemento alla terra al cemento genera un dialogo tra i due materiali, costruendo un lento dissolvimento da una sostanza all’altra attraverso una scala cromatica generata dalle due materie. Un percorso tra reale e artificiale viene identificato anche in A-Biotic, opera nella quale la rappresentazione antropica della natura cerca un continuo rapporto con le forme vegetali: il paradosso di competere con essa e cercare di imitarla o sostituirla.
In mostra sono presentate le nuove opere del ciclo cosiddetto delle crepe d’acqua. Il luogo e il tempo sono impressi su carta utilizzando solo questo elemento inorganico che definisce immagini in grado di aprirsi, anche qui, a possibili e ampi riferimenti dal macro al micro. L’intima riflessione sulle connessioni suggerite dalla crepa rimanda anche alla fragilità e all’impermanenza. Utilizzando solo l’acqua, a volte raccolta dai ghiacciai e dai fiumi delle Alpi, dal mare o da fonti, la sequenza di queste nuove opere è allo stesso tempo effimera e ferma nel tempo e nello spazio, attraverso le coordinate che ne fissano l’esistenza in un preciso istante scelto dall’artista. A differenza delle opere in cui polvere di terra e di cemento definivano le crepe impresse sulla carta qui la resa finale è una sorta di positivo scultoreo dei solchi del suolo, il supporto ne “assorbe” la tridimensionalità.
L’artista rende omaggio a questa forza della natura che segna, anzi disegna gli spazi circostanti: che siano lo spazio pubblico stradale di fronte alla galleria, oppure la faglia che separa le placche della Terra.