É uno degli artisti più ricordati e apprezzati, eppure l’ultima grande mostra dedicata a Diego Rivera è stata nel 1999. Più di due decenni fa. Risulta così gradita, se non necessaria, l’esposizione che il San Francisco Museum of Modern Art gli dedica dal 16 luglio 2022 al 2 gennaio 2023.
“In questo momento in cui tutti sono ancora traumatizzati dalla pandemia e dalle ripercussioni economiche che ne derivano, in questo mondo che ha preoccupazioni ecologiche e ci sono continue questioni di razzismo e disuguaglianza di genere, Rivera ci ricorda che l’arte può contare“, ha detto James Oles, curatore della mostra.
Diego Rivera’s America riunisce più di 150 dipinti, affreschi e disegni, oltre a proiezioni di filmati che riprendono i murales pubblici. Ma non chiamatela retrospettiva. Infatti la mostra si concentra solo sul lavoro dell’artista dagli anni ’20 alla metà degli anni ’40. Il periodo più prolifico della sua carriera, quando operava sia in Messico che negli Stati Uniti. Ma anche il taglio curatoriale – che prende in esame le opere dove maggiormente emergono i temi dell’identità nazionale, soprattutto in relazione alla classe operaria e al lavoro – concorre a rendere l’appuntamento unico per il tipo di opere messe insieme.
Nella mostra sono inclusi molti dei lavori più celebri del pittore, tra cui Dance in Tehuantepec (1928) e Flower Carrier (1935); oltre a dipinti che non sono mai stati visti pubblicamente prima, tra cui schizzi preparatori per murales. Ovunque i temi preferiti di Rivera: artigiani, venditori ambulanti e madri con bambini. Come le città in cui ha lavorato, come Tehuantepec e Detroit. Ma anche la California, in particolare San Francisco, che l’artista ha visitato due volte realizzando quattro murales. Tra questi il più importante è certamente quello dipinto per Anche per questo il Museum of Modern Art possiede oltre 70 pezzi di Rivera, ovvero una delle collezioni più grandi al mondo.
La mostra culmina con la presentazione dell’ultimo murale statunitense di Rivera: quello dipinto per la Golden Gate International Exposition del 1940. Dieci pannelli che miscelano idillio pastorale e urbanizzazione, prodezze atletiche e arte, mezzi tecnologici e artigiani. In sostanza l’eredità indigena del Messico e i trionfi industriali degli Stati Uniti. A unirle, nella visione del pittore, la centralità dei lavoratori nei successi di entrambe le dimensioni.
“Gran parte del lavoro di Rivera consisteva nel ricordare allo spettatore, che di solito era un’élite, l’importanza essenziale della classe operaia nella creazione della società“, ha detto Oles. “Dobbiamo ricordare ancora e ancora il fatto che la prosperità riposa sulle spalle degli altri, la maggior parte dei quali non gode dello stesso livello di fortuna“.
“L’arte può aiutare a cambiare la percezione, può essere uno strumento che fa parte di un progetto più ampio che vuole stimolare un cambiamento sociale”, ha aggiunto. “Da sola probabilmente non cambierà nulla, ma può aiutare ad aprire la strada“.