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Giulio Paolini vince il Praemium Imperiale 2022 per la pittura

Giulio Paolini (foto The Japan Art Association - archivio Paola Ghirotti).jpg Giulio Paolini (foto The Japan Art Association - archivio Paola Ghirotti).jpg
Giulio Paolini (foto The Japan Art Association - archivio Paola Ghirotti).jpg
Giulio Paolini (foto The Japan Art Association – archivio Paola Ghirotti).jpg

Gli altri vincitori del Praemium Imperiale sono Ai Weiwei, Kazuyo Sejima e Ryue Nishizawa, Krystian Zimerman, Wim Wenders

Nel corso della conferenza stampa tenutasi questa mattina all’Hotel Westin Excelsior di via Veneto, è avvenuta la proclamazione del Praemium Imperiale, assegnato ogni anno dalla Japan Art Association a cinque discipline artistiche su scala globale: pittura, scultura, architettura, musica e teatro/film.

Annunciati simultaneamente a Tokyo, New York, Roma, Berlino, Londra e Parigi, i premi di quest’anno vanno all’artista politicamente attivo Ai Weiwei (Pechino, 1957) per la scultura, al duo giapponese Kazuyo Sejima (Ibaraki, 1956) e Ryue Nishizawa (Nishizawa, 1966) dello studio SANAA noto a livello internazionale per l’architettura, a Krystian Zimerman (Zabrze, 1956), fine pianista polacco per la musica e a Wim Wenders (Düsseldorf, 1945), cineasta tedesco introspettivo e sperimentale, autore tra gli altri del Cielo sopra Berlino, per il teatro/film.

Oltre ad assegnare il Praemium Imperiale nelle cinque categorie, la Japan Art Association conferisce ogni anno anche una Borsa di Studio di 5 milioni di yen (circa 35.000 euro) a un gruppo o a un’istituzione che promuova il coinvolgimento dei giovani, la cui assegnazione spetta, a rotazione, a ciascuno dei Consiglieri internazionali. Il premio è stato annunciato oggi a Berlino, contestualmente all’annuncio dei vincitori del Praemium Imperiale. Nel 2021 il contributo rivolto ai Giovani Artisti è stato assegnato alla Scuola di Alta Formazione dell’Istituto Centrale per il Restauro (Italia). Quest’anno il premio va invece a Alla Kronberg Academy Foundation, una delle migliori accademie musicali al mondo. Fondata in Germania nel 1993 su ispirazione del violoncellista visionario Pablo Casals.

Per la pittura il Praemium Imperiale 2022 va al maestro Giulio Paolini (Genova, 1940) presente alla conferenza di oggi, a placare le concitate voci di corridoio che hanno animato i giorni precedenti all’evento. Il celebre artista italiano, introdotto dall’onorevole Dini, ha tenuto un discorso di apertura e di ringraziamenti, ironizzando sul fatto di fare da contrappeso, con la sua arte di taglio metafisico, così slegata dalle cose del mondo, allo scultore cinese Ai Weiwei, totalmente calato nel reale. Paolini ha sottolineato la sua fortuna di essersi potuto dedicare sin da ventenne alla sua vocazione artistica. E ha poi voluto omaggiare il regista francese Jean-Luc Godard, scomparso il 13 settembre di quest’anno, che fu vincitore del Praemium nel 2002.

 

Ai Weiwei (foto Shu Tomioka)
Ai Weiwei (foto Shu Tomioka)

Incalzato dalle domande dei giornalisti l’artista ha rivelato qualcosa sulla sua personale che l’Accademia Nazionale di San Luca a Roma ospiterà tra qualche mese, alla fine del ciclo di incontri sul critico Germano Celant. I suoi lavori verteranno proprio sull’idea e sulla storia dell’Accademia. Durante una riflessione su bellezza, creazione e ispirazione, le tre parole che aprono il catalogo del Praemium e che fanno, nel suo commento, la vita di un artista, Paolini ha condiviso inoltre alcune considerazioni sul mercato dell’arte e sulla fruizione dell’opera.

Questo mondo è pieno di cose inaspettate, di esagerazioni. Quando vedo qualche opera valutata decine o centinaia di milioni alle aste americane, mi chiedo se si stia guardando davvero al valore di quell’opera. Ma il valore di un’opera non è stimabile, in realtà. Quanto alla fruizione: l’arte, se posso parlare a suo nome, non si interessa del pubblico. Lo sguardo è verso l’opera, la quale va per conto suo. Nella mia visione il rapporto opera/fruitore è indiretto. Nessuno obbliga noi che guardiamo un’opera a cogliere la verità di ciò che stiamo guardando, possiamo fare ipotesi. È curioso, perché siamo noi a fare l’opera, ma lei, in sé stessa, ci osserva da lontano”.

La giuria del Praemium Imperiale, che ha il compito di selezionare i finalisti, è composta oltre che dall’onorevole Dini, da Yasuhiro Nakasone, William Luers, François Pinault, Chris Patten e Klaus-Dieter Lehmann. Consiglieri onorari sono stati anche Jacques Chirac, David Rockefeller, Helmut Schmidt e Richard von Weizsäcker.

Tra i vincitori della scorsa edizione 2021 figurano nomi risonanti come Sebastião Salgado per la pittura. Numerosi, inoltre, gli artisti italiani che negli anni hanno conseguito il prezioso premio in tutte le discipline. Da Federico Fellini a Sophia Loren e Umberto Mastroianni. Da Enrico Castellani a Mario Merz e Arnaldo Pomodoro. E poi Renzo Piano, e Michelangelo Pistoletto. Pari, per importanza, al Nobel in campo scientifico e letterario, il Praemium patrocinato dalla casa imperiale giapponese, consiste in una medaglia, un diploma e quindici milioni di yen (circa 105.000 euro). Il riconoscimento viene consegnato a Tokyo ogni ottobre a partire dal 1989, in memoria del principe Takamatsu. Patrono onorario della Japan Art Association e zio dell’attuale Imperatore Naruhito, sarà il principe Hitachi, a consegnare i premi il 19 ottobre. Durante la cerimonia giunta alla sua trentatreesima edizione.

La natura asiatica del premio non ha lasciato indifferente il pubblico che ha intravisto nello spiritualismo delle opere di Paolini una tangenza con lo stile meditativo orientale. Nella frammentarietà i lavori paoliniani possono condurre all’estetica dell’imperfezione giapponese e all’arte Wabi Sabi del restauro delle ceramiche con l’oro. Che le impreziosiscono, ma al contempo ne lasciano in evidenza le crepe.

La poetica del frantumo sembra assurgere oggi all’unica poetica veramente seducente e affascinante. Perché? a questa domanda che Artslife ha rivolto al maestro, lui ha risposto: “resta, in effetti, un mistero divino quello di capire come mai spesso si riesca a fruire del doppio o del frammento più che di un’oggetto nella sua interezza. È un fatto che il frammento sia al centro della mia arte. L’arte stessa se vogliamo è un frammento, una memoria di sé stessa. Il frammento è una parte del tutto, ma ha già molto, in sé, da raccontare”.

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