Vincitore del premio SAFFCA – Southern African Foundation for Contemporary Art (2019), apprezzato da Dior tanto da essere selezionato tra gli artisti di Dior Lady Art #5 nel 2020, seguito da gallerie e istituzioni internazionali come la NIROX Foundation (Johannesburg) e la Kunstraum (Bruxelles), Chris Soal è un artista sudafricano di 28 anni, pluripremiato ed esposto in tutto il mondo.
Subito dopo le scuole superiori la scultura ha chiamato a sé Chris Soal durante un viaggio rivelatore in Europa nel 2013. A contatto con le menti europee più giovani e brillanti, Chris ha capito che l’arte può essere uno strumento potentissimo per volgere uno sguardo più cosciente sulla realtà che ci circonda.
“Penso che l’arte possa rappresentare un’occasione per riconsiderare i nostri modi di vivere. L’osservatore viene invitato a esaminare il proprio ruolo all’interno della nostra società di consumo eccessivo e produzione di massa”, sostiene l’artista.
Dopo aver sperimentato varie tecniche come la fotografia e la performance, Soal ha sentito l’esigenza di doversi “sporcare le mani” per conoscere il mondo più concretamente. Le materie utilizzate dall’artista non sono mai casuali: “Nel mio lavoro utilizzo materiali di uso quotidiano prodotti in serie, sviluppandoli fino a renderli perturbanti”.
Sono oggetti di scarto e quotidiani, come stuzzicadenti e tappi di bottiglia, insieme a cemento, cavi per recinzioni elettriche e altri materiali industriali. Necessario per comprendere la profondità delle opere di Chris Soal è il legame con Johannesburg, sua città natale.
“I lavori con i tappi di bottiglia, così come quelli con gli stuzzicadenti, rivelano come il nostro rapporto con la natura sia insostenibilmente binario, oscillando tra dipendenza e dominio. In particolare, i lavori concepiti con i tappi di bottiglia di birra esprimono la connessione tra intestino e cervello. Lo vedo come una metafora del mio approccio al fare arte e di come le idee prendono forma nel rapporto tra intuizione e intenzione. Dal punto di vista socio-politico, il richiamo alla presenza di tappi di bottiglia di birra sparsi per le strade di Johannesburg e la loro somiglianza qui con le interiora si riferiscono a un determinato atteggiamento nei confronti del consumo sregolato e dei suoi eccessi. La natura contorta e serpentina dell’opera ricorda, inoltre, le figure mitologiche come Medusa e le Gorgoni. Studiando il mito di Perseo e Medusa, l’ho ritenuta un’assonanza perfetta del ruolo dell’arte nella società. Mentre lo sguardo diretto con le Gorgoni trasforma l’individuo in pietra, l’arte può essere la chiave attraverso la quale possiamo affrontare questioni complesse senza rimanerne paralizzati. Cerco sempre di realizzare lavori considerando la possibilità che un incontro possa stimolare riflessioni poetiche sul proprio modo di stare al mondo, aprendosi a potenzialità impreviste”.
Nella sua pratica Chris Soal fa costantemente riferimento alle implicazioni socio-politiche della sua arte. Lo dimostra la mostra personale Remanis to be seen, realizzata negli spazi espositivi milanesi di Eduardo Secci, fruibile fino all’undici novembre 2022.
Per l’occasione l’artista ha deciso di investigare l’eredità dell’Arte Povera italiana e le affinità che sente con artisti come Alberto Burri e Giuseppe Uncini.
Il progetto riunisce nuove e inedite opere dell’artista che, attraverso la pratica scultorea, non solo vuole esprimere il significato concettuale legato a contesti e storie dei diversi oggetti e materiali che utilizza, ma rafforza il corpo come luogo di ricezione e produzione di conoscenza.
I motivi ricorrenti nel corpus esposto sono il residuo, la fessura, la crepa, la lacerazione, il taglio, la bruciatura, la fuoriuscita e la spaccatura. Tutti temi che con la loro forza drammatica ci toccano da vicino e ci obbligano a interrogarci attraverso la contemplazione delle opere che l’artista così descrive:
“Esigenti della vostra attenzione. Audaci e sorprendenti, le opere vi cattureranno e vi faranno desiderare di toccarle. Riconoscenti e aperte al passato.
È un vero onore avere la mia prima personale a Milano come anche, negli ultimi anni, il privilegio di conoscere sempre di più l’Italia. Ciò mi ha permesso di approfondire la storia dell’Arte Povera e vedere un legame con artisti come Alberto Burri, Giuseppe Penone e Giuseppe Uncini. Le opere in mostra rendono per molti versi omaggio a questi artisti e a una certa sensibilità materica, a cui mi sento affine.
Sfidanti del nostro domani. C’è un’aura di distruzione e rovina nelle opere esposte – una delle ragioni per cui ho scelto il titolo Remains to be seen (Resti da vedere). Un’opera che impiega un nuovo materiale, che non ho mai presentato prima, è di frottage su carta vetrata, intitolata La Peau de Chagrin dall’omonimo romanzo di Balzac. II lavoro raffigura crepe e fessure. La superficie è stata graffiata e raschiata, in alcuni punti addirittura completamente erosa. Come la trama del libro, l’opera parla del desiderio incontrollato che accorcia la vita e, facendo riferimento alla terra arida, ci spinge ad interrogarci sulla nostra comune distruzione dell’ambiente. La carta si consuma e così le prospettive ambientali del nostro futuro. Dove andremo a finire?”.
Questo contenuto è stato realizzato da Valentina Piuma per Forme Uniche.
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