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Paris Photo 2022. Le fotografie di Paolo Topy indagano i misteriosi territori dell’intimo

In occasione di PARIS PHOTO 2022, in programma dal 10 al 13 novembre, Art Research Paris – ARP Auction ha scelto di presentare un insieme di fotografie di Paolo Topy, che compongono un percorso insolito nel quale l’artista unisce fotografia e racconto, in particolare auto biografico.

Paolo Topy, artista di origine italiana, è nato in Libia nel 1966. Vive e lavora a Nizza. La mostra che presenta in occasione di PARIS PHOTO 2022 riprende il titolo del corpus di opere proposto: All about me. É composta da 45 fotografie a colori, realizzate nell’estate del 2019 e dal carattere autobiografico. Nonostante questo egli non compare mai col proprio corpo e col volto, così da evitare ogni rischio di esibizionismo e/o voyeurismo.

Anzi l’esposizione prende avvio proprio da una vecchia foto di famiglia, che l’artista ha modificato inserendo un pupazzetto del mostro di Frankestein. Pupazzetto che simbolicamente va a prendere il suo posto all’interno del nucleo familiare. Un oggetto insignificante dall’aspetto grottesco e mostruoso che finisce per rappresentare il vissuto e il sentire stesso dell’artista. Un bambino anticonvenzionale in un contesto famigliare classico rischia di passare per un mostro, o di convincersi di esserlo. Questo primo gesto pieno di umorismo, derisione e tenerezza rappresenta la fonte ispirativa di tutta la serie All about me.

Con la serie All about me, Paolo Topy realizza un “dispositivo” il cui destinatario non è un lettore propriamente detto, ma piuttosto uno spettatore invitato a ricostituire il racconto a partire dall’insieme dei segni contenuti in ciascuna delle immagini. L’efficacia del dispositivo organizza la relazione, la condivisione indispensabile che consente allo spettatore di completare le immagini attraverso la propria maniera di percepire i segni e di combinarli. L’interpretazione risulta quindi del tutto personale.

In questa nuova proposta Paolo Topy non intende valorizzare una storia individuale, composta da parti legate e armoniche tra di loro, ma piuttosto quella di rivelarne il potenziale creativo e l’esemplarità – fondamentalmente ordinaria – come metafora sociale. Questa serie di immagini (che sono altrettanti piccoli racconti di vita) diventa luogo dell’espressione del sé, nell’intento di stabilire un rapporto di comunicazione e di trasmissione con l’altro, uno strumento di costruzione individuale attraverso un progetto, un mezzo di riconoscimento e di valorizzazione di un territorio, quello dell’ intimo, tramite la metafora di un contesto popolare e di un’epoca consumista ed edonista, produttrice di ogni genere di rifiuti, in particolare la plastica, in tutti i sensi del termine.

L’associazione di alcuni oggetti allude con evidenza alle diverse origini mediterranee dell’artista, alla nascita in Libia, agli anni trascorsi in Italia, poi più tardi in Francia, alla sua doppia cultura italiana e francese, e quindi ai rapporti che intrattiene con la nozione stessa di cultura individuale e con la maniera in cui essa si costruisce. Evoca anche le differenti forme che il nomadismo può assumere. Alcune interpellano il suo rapporto col quotidiano, alle piccole cose apparentemente insignificanti, agli avvenimenti che costituiscono la vita di tutti i giorni per poi giungere a quelli più straordinari.

L’insieme rivela più ampiamente il legame dell’artista ai territori, quelli da cui si proviene, quelli che si attraversano e quelli dove si resta più a lungo, e infine i territori che si costruiscono mentalmente, dai contorni mutevoli, all’idea di erranza fisica, morale e intellettuale, insomma all’idea dell’identità che non smette di ridefinirsi e di evolvere in territori sempre nuovi.

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