Three Colours I Know in This World (LA SERIE DI Kincső Bede ISPIRATA ALL’INNO COMUNISTA RUMENO
Kincső Bede (b. 1995) è una giovane artista rumena, che vive in Transilvania (è nata nel paese di Covasna) dove, ci tiene a sottolineare, realizza le sue fotografie, che sono affascinanti esplorazioni di un passato che così passato non è, perché la fine del regime socialista con la morte del leader Nicolae Ceaușescu non ha cancellato quel clima di controllo e repressione che si respira ancora nell’aria.
E’ l’epoca che hanno vissuto i nonni e i genitori di Kincső, che inevitabilmente ha plasmato la loro forma mentis attraverso un insieme di sentimenti indotti che lei stessa sente di aver sperimentato. Riporta un testo sull’artista, rappresentata da Tobe Gallery (Budapest) dal 2020, “Semplicemente nelle immagini dell’artista riconosciamo questa peculiarità dell’atmosfera perché, indipendentemente dal fatto che si parli rumeno, ceco, polacco, tedesco, ungherese etc,,, tutti riconosciamo la ben nota sensazione che evocano i fantasmi del socialismo del bacino dei Carpazi.
Potremmo essere ovunque nel tempo, tra il 1945 e il 1989, da allora la globalizzazione ha evitato queste terre…” Immagini contemporanee che strizzano l’occhio alla fotografia di moda, come nelle pose disincantate delle modelle, tra cui la stessa artista, che indossano abiti ereditati ousati,levi e soavi, che hanno dunque hanno un vissuto, una storia. Afferma l’artista “Non scatto mai foto che non soddisfino una certa qualità estetica. Per me la cosa più importante è l’effetto. Mi concentro sempre per fare in modo che una foto, una volta scattata, abbia l’effetto che voglio trasmettere. L’effetto è costituito da un insieme di molti sentimenti, il più delle volte legati alle esperienze dell’infanzia, alla nostalgia, alla repressione.”
In effetti quando mi sono trovata davanti agli scatti di Kincső Bede da un lato sono rimasta affascinata dalla bellezza crepuscolare, ermetica, velata da un filo di malinconia, eppure assieme sconcertata, come se ci fossero delle correnti sotterranee che influenzano l’ambiente, si insinuano tra gli oggetti e i personaggi e impregnano l’atmosfera. Ma il richiamo è irresistibile.
Approfondendo la ricerca ho scoperto che dietro queste immagini si cela la volontà di parlare del clima di controllo vissuto sotto Nicolae Ceaușescue ho ritrovato i miei ricordi da bambina a casa della nonna, il suo salotto e i cuscini che per me erano un sicuro riparo, i ninnoli di ceramica, la televisione vecchia in bianco e nero e quelle sere in cui in televisione parlavano del processo contro Nicolae Ceaușescue la moglie mentre li riprendevano: due anziani che davanti ai miei occhi assumevano le fattezze di orchi, anche se avevo solo dieci anni il ricordo è scolpito nel mio immaginario.
Parlando con l’artista in lunghe mail, lei stessa mi racconta della sua infanzia, delle sue passioni, dell’incontro travolgente a 16 anni col cinema di Lars Von Trier e col film “Antichrist”, infatti Kincső dopo la maturità si iscrive al dipartimento di cinema per prendere successivamente la strada della fotografia dopo un anno di riflessione. Il percorso artistico di Kincső Bede è strettamente connesso con quello familiare, una stratificazione di interessi e influenze contemporanee unito a un’investigazione e una riflessione personale sui conflitti tra diverse generazioni, concentrandosi sui ricordi, a partire dai nonni, figure emblematiche nella vita dell’artista, dal nonno Pista, personaggio negativo al contrario della nonna, primo soggetto amato delle fotografie di Kincső Bede .
“Ho ricordi così strani della mia infanzia., racconta l’artista, come camminare per strada e non respirare. Mi rimane la sensazione che sia sempre stato così difficile arrivare da qualche parte. In seguito ho capito perché lo facevo. Mi vergognavo di molti miei sentimenti. Mi vergognavo dei miei pensieri. Camminare per strada e non respirare, perché non sapevo mai chi potesse vedermi o chi mi stesse guardando. Avevo paura di questo, che qualcuno potesse segretamente, quando non guardavo, leggere i miei pensieri.”
L’artista parla di repressione come parola chiave per la lettura delle sue opere, l’anima di Kincső vive di sentimenti contrastanti che ritroviamo nelle immagini dove alcuni elementi visivi uniti allo studio della luce creano un senso di inquietudine nello spettatore. “il mio obiettivo, spiega l’artista, è quello di dare la sensazione che ci fossero molte persone sotto sorveglianza durante la dittatura di Nicolae Ceaușescu .Un dato di fatto è che ci fossero moltissimi informatori, quindi la percezione di essere osservati continuamente anche da un amico che potesse fare l’informatore per la agenzia Securitate era continuo. Ne sono esempio due scatti dell’artista, in uno Kincső è dietro una tenda, come una oscura presenza che vigila e osserva di nascosto la figura femminile stesa sul divano. La luce è intensa ,forte, ricorda i flash delle foto dell’agenzia Securitate, che arrivava a setacciareqiali libri uno leggesse, ad esempio la religione era proibita, non era permesso avere la bibbia, infatti ritroviamo nelle foto ci sono molti riferimenti religiosi come lo scatto in cui una modella ha sulla lingua una croce.
La Serie “Three Colours I Know in ThisWorld ” riunisce una serie di immagini potenti e delicate, che evocano atmosfere gotiche e ermeticheriprese in bianco e nero, facendo uso di una macchina digitale e di una luce intensa che per l’artista è sinonimo di esposizione, come sotto il comunismo quando gli informatori erano in possesso di piccole macchine fotografiche dal flash potentissimo.
Il titolo Three Colours I Know in This World (Tre colori che conosco in questo mondo) è il primo verso dell’inno comunista rumeno tradotto dalla voce dell’io lirico, un bambino. I tre colori della storia sono: blu, giallo e rosso, più precisamente i tre colori della bandiera rumena. Le immagini di questa serie sono immagini di sentimenti, ricordi del corpo fisico, dialoghi non elaborati, ma soprattutto conflitti generazionali, evocano la polverosa quotidianità di una famiglia con i filtri paranoici della vita di tutti i giorni.
“Le mie fotografie, racconta Kincső Bede, sono mosse da segreti e repressioni custoditi per decenni. Ho iniziato a utilizzare consapevolmente questi sentimenti nella realizzazione delle mie immagini. La parte più importante è stata quella di abbandonarmi alla fotografia. Dovevo permettere all’immagine di dirigere me, non solo le mie immagini. Le mie fotografie mi hanno messo su un terreno così delicato durante i tre anni di lavoro per questa serie, che non è solo definito dalla memoria, dalla storia e dal passato dei miei genitori e nonni, ma, soprattutto, dal mio impegno per il nostro presente comune. In particolare, il fatto che un sistema come la dittatura di Ceaușescu abbia lasciato profonde cicatrici e che sia ancora in grado di separare e opporre persone che altrimenti si amano.” Il conflitto principale della serie è essenzialmente tra due generazioni: la generazione dei genitori dell’artista, che erano la generazione di Ceaușescu e che in seguito sono stati socializzati sotto la dittatura – contrapposta alla generazione dell’artista, nata dopo il cambio di regime. Racconta Kincső Bede “Chi di noi è nato dopo l’89 fa fatica a immaginare oggi cosa deve essere stato crescere e poi socializzare in un sistema in cui si veniva affamati, si diceva cosa pensare. Nessuna libertà di parola, solo scene di Tom e Jerry censurate, non si può pronunciare il nome di Dio e non ci si può fidare dei propri amici. D’altra parte, vedo che anche la generazione dei miei genitori non ha idea di quanto sia difficile trovare il proprio posto in un mondo così libero, fare buone scelte e rimanervi fedeli. Penso che ciò che le due generazioni hanno in comune a livello di conflitto sia la lotta per la nostra libertà.”
Vedremo la serie fotografica “Three Colours I Know in This Life” esposta a novembre al Photo Vogue Festival di Milano (dal 15 al 18 Novembre 2022) e successivamente al Photo Israel di Tel Aviv.
Tobe Gallery
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