“Béatrice et Bénédict” di Hector Berlioz. Schermaglie amorose e inganni in scena al Carlo Felice di Genova fino al 6 novembre
Non era mai stata rappresentata in Italia Béatrice et Bénédict di Hector Berlioz. Venerdì 28 ottobre ha aperto la Stagione lirica del Teatro Carlo Felice. Un evento straordinario per Genova che ha visto la prima rappresentazione assoluta dell’opéra-comique ispirata da Much ado about nothing (Molto rumore per nulla) di William Shakespeare.
Dal testo originale Berlioz ha tolto tutti “i cattivi”, tutte le complicazioni e le trame secondarie, da cui ne trae una mera riflessione sull’amore. E siccome non è giusto togliere senza sostituire, il compositore al testo shakespeariano ha aggiunto un personaggio, un elemento comico, il maestro di cappella Somarone, un personaggio di contorno che la regia di Damiano Michieletto mette in primo piano come figura che lega la storia.
Michieletto, tra i registi italiani più acclamati della sua generazione, si confronta con l’opera ottocentesca scegliendo di esaltare la diversità tra i tipi di amori delle due coppie. Da una parte c’è l’amore tra Hero e Claudio, un’unione suggellata dalla società, in cui è fondamentale il ruolo dei padri, e dall’altra c’è quello passionale tra Beatrice e Benedict, impulsivo, irrazionale, fuori dalle convenzioni sociali.
Michieletto per questo allestimento realizzato dall’Opéra de Lyon in collaborazione con la Fondazione Teatro Carlo Felice, opta per ambientare l’opera in un’astratta contemporaneità, una specie di studio di registrazione in cui, tra il coro che celebra la vittoria di Don Pedro contro i Mori, si aggira Somarone con in spalla un magnetofono. Diciamo che questa movimentazione in palco, spasmodica sin dalle prime note della splendida Ouverture, appare alquanto disturbante, ma poi ci si abitua comprendendo meglio dove vuole andare a parare il regista. E’ questo maestro di cappella, una specie deus ex machina, che analizza il rapporto amoroso fino a spingere la coppia Beatrice-Benedict al matrimonio (quasi forzato), ma resta chiaro il fatto che né lui, né tutti gli altri protagonisti del libretto riusciranno a realizzare che la coppia diventi incline ad un amore domestico e convenzionale come quella di di Hero e Claudio.
E’ uno scenario dal bianco accecante con una pedana mobile che si apre sul centro in cui si svolge tutta l’azione. Uno scimpanzè, che ci riporta alla primordialità kubrickiana di “2001 Odissea nello spazio”, si aggira in molte scene. E’ l’amico fedele di Benedict che in lui vede senza dubbio quella libertà animalesca che è dentro di sè. Anche Adamo ed Eva, rigorosamenti nudi come fossero davvero nell’Eden, riportano allo stesso concetto che verrà poi distrutto quando l’uomo perderà lo stato di natura per ritrovarsi imbrigliato nella convenzione del matrimonio. Un giardino nascosto dietro una griglia con i due amanti dell’Eden raggiunti da un popolo borghese che li vuole vestiti in abiti formali, non viene accettato di buon grado dai due, che tentano la fuga arrampicandosi sulla griglia. Ma non c’è via d’uscita, saranno catturati vestiti ed anche sposati, ritrovandosi dentro a due teche di vetro come è successo a due farfalle anche loro private della libertà. Questa matafora non fa che ricordarci quanto sia assurdo e sbagliato che accada lo stesso anche a Beatrice e Benedict, anche loro finiti schiavi degli stratagemmi ad opera della famiglia che li vuole regolarmente legati in matrimonio.
La soluzione registica di Michieletto, soprattutto per il II atto, è azzeccata e viene incontro ad un libretto che è la parte più debole dell’opera, per quella frammentarietà che rende la narrazione alquanto confusa.
Sul piano musicale le pagine di Berlioz sono di indiscutibile interesse, dall’Ouverture, al delicato coro del primo atto, fino all’aria estesa di Beatrice del secondo atto, che l’attenta direzione di Donato Renzetti ha evidenziato con l’intelligenza di un grande direttore qual’è. Ottimo l’intero cast dei cantanti dal basso Nicola Ulivieri nel ruolo di Don Pedro al brillante e aitante Julien Behr nella parte di Bénédict; e poi Yoann Dubruque (Claudio), Gérald Robert-Tissot (Léonato) e Ivan Thirion (Somarone). Splendido il trio femminile: Benedetta Torre (Héro), Cecilia Molinari (Béatrice), Alessandra Visentin (Ursule).
L’opera rimarrà in scena al Carlo felice fino a domenica 6 novembre.