La Galleria Nazionale dell’Umbria di Perugia celebra con una grande mostra Pietro Vannucci (1450 ca.-1523), detto il Perugino. Il più importante pittore attivo negli ultimi due decenni del Quattrocento. Dal 4 marzo all’11 giugno 2023.
A cinquecento anni dalla sua morte Perugino si appresta a recuperare il ruolo di preminenza artistica che la sua epoca gli aveva assegnato. Ovvero quello de “Il meglio maestro d’Italia”, come lo definì il banchiere Agostino Chigi in una lettera datata 7 novembre 1500. E proprio da questa definizione prende avvio e titolo la mostra che la Galleria Nazionale dell’Umbria dedica al grande pittore rinascimentale. Il meglio maestro d’Italia. Perugino nel suo tempo è curata da Marco Pierini, direttore della Galleria, e Veruska Picchiarelli, conservatrice del museo.
L’esposizione si configura come l’evento di punta per le celebrazioni dei 500 anni dalla morte, a cui prendono parte anche altri importanti musei come le Gallerie degli Uffizi di Firenze e la National Gallery di Washington. In mostra un nucleo di capolavori tutti antecedenti al 1504, ovvero il momento in cui Perugino si trovava all’apice della sua straordinaria carriera.
Perugino non è solo il pittore delle dolcissime madonne angelicate o delle pale d’altare fiorite come frammenti di cielo in terra, ma l’identità stessa della cultura umbra diffusa nel mondo.
Andrea Romizi, sindaco di Perugia
Il progetto espositivo, in particolare, si compone di oltre 70 opere e ripercorre i passaggi fondamentali del percorso artistico di Perugino. Dalle prime collaborazioni nella bottega di Andrea del Verrocchio alle capitali imprese fiorentine che fecero la sua fortuna. Come ad esempio le tre tavole già in San Giusto alle Mura, oggi nelle Gallerie degli Uffizi, o la Pala di San Domenico a Fiesole. Dagli straordinari ritratti alle monumentali pale d’altare, quali il Trittico Galitzin, ora alla National Gallery di Washington, e il Polittico della Certosa di Pavia, per gran parte alla National Gallery di Londra ed eccezionalmente ricomposto per l’occasione. Ma soprattutto lo Sposalizio della Vergine per la cappella del Santo Anello del Duomo di Perugia, oggi nel Musée des Beaux-Arts di Caen (Francia).
Ma, ancora di più, la mostra evidenzia l’influenza che Perugino ha avuto in tutta Italia. Lo fa seguendo geograficamente gli spostamenti del pittore o delle sue opere attraverso il paese. Da nord a sud, a partire dall’Umbria e dalla Toscana, ovunque lungo la penisola si riscontrano tracce del suo passaggio e del suo insegnamento.
La fondamentale impresa decorativa della Cappella Sistina, ad esempio, è alla base di un filone umbro-laziale del “peruginismo”, che trova interpreti sublimi in Antoniazzo Romano, o Antonio da Viterbo detto il Pastura. In Piemonte Macrino d’Alba è divulgatore della maniera peruginesca. Così come, nella stessa regione, l’eredità di Perugino si riflette nella produzione di Gaudenzio Ferrari. La presenza di opere del maestro umbro nelle Romagne e in Emilia, da Fano, a Senigallia, a Bologna è alla base della pittura di Francesco Francia, di Lorenzo Costa e del Rimpatta.
Un filone lombardo-veneto della vague peruginesca, testimoniato in particolare dalle opere di Tommaso Aleni e Francesco Verla, è legato alla Madonna col Bambino tra i Santi Agostino e Giovanni evangelista nella chiesa di Sant’Agostino a Cremona. La grande Assunzione del Duomo di San Gennaro dà infine ulteriore forza propulsiva alla diffusione del lessico di Pietro non solo nel Napoletano, con l’attività di Stefano Sparano o Cristoforo Faffeo, ma anche in altre aree del sud Italia.
Per dimensione della mostra e importanza delle opere di cui è composta, la Galleria Nazionale dell’Umbria ha collaborato con partner quali le Gallerie degli Uffizi, la National Gallery di Washington, la National Gallery di Londra, il Louvre di Parigi e la Gemäldegalerie di Berlino. Insieme per un unico grande obiettivo: tornare a vedere in Pietro Perugino un protagonista assoluto del Rinascimento, quale fu per almeno due decenni.