La Pista 500 che storicamente veniva utilizzata dalla Fiat per collaudare le automobili sul tetto del Lingotto adesso ospita un progetto di installazioni artistiche curato dalla Pinacoteca Agnelli
Al centro del tetto a circa 30 metri da terra, troviamo il giardino pensile più grande d’Europa con oltre 40.000 piante di oltre 300 specie autoctone diverse.
Non solo ecosostenibilità, gli interventi sulla pista abbracciano diversi linguaggi, dalle installazioni ambientali ad opere luminose o sonore fino a progetti di cinema espanso, sculture e performance artistiche come quella di Nina Beier-Bob Kil del 1 novembre che ha inaugurato il nuovo corso.
Il programma a cura di Sarah Consulich e Lucrezia Calabrò Visconti prevede di ospitare opere sempre nuove all’insegna della continua trasformazione. L’obiettivo è far comunicare le opere con il luogo per continuare a mantenere una identità riconoscibile.
A introdurre alla pista troviamo due importanti opere contemporanee, a partire dalla gigante scritta neon di Sylvie Fleury, Yes to all che campeggia all’ingresso del museo. Un chiaro invito a entrare e accettare l’arte. Il testo deriva dal messaggio del computer che invita l’utente a scegliere tra varie opzioni come ok, cancella, o accetta tutto.
Poco distante c’è Die Doppelgängerin (femminile per dopplegänger, “doppio” in tedesco) la scultura monumentale in bronzo costituita da due enormi forbici color oro, ad opera di Valie Export. L’artista prova a decostruire il tradizionale topos culturale che vede associate le forbici ad attività legate alla donna.
Subito dopo troviamo il flapboard 24:00.01 di Shilpa Gupta che riprende il concept degli aeroporti ma anziché fornire delle informazioni crea un loop di messaggi con refusi e metafore poetiche.
The Guardians di Nina Beier, sono cinque leoni sdraiati sul fianco a rappresentare il rovesciamento del potere. Eccezionalmente fino al 6 novembre sono disposti in posizione verticale per ospitare la performance All fours della stessa e della coreografa Bob Kil. I guardiani da simbolo antropico di autorità e confine tornano così alla loro condizione selvatica.
Per tutta la pista troviamo la Loop pool che già dal nome palindromo ci restituisce l’intenzione di Marco Giordano che ha creato una poesia visiva per rispondere all’architettura circolare del Lingotto, visto da lui come uno specchio d’acqua o una segnaletica stradale estetica.
Sempre di Fleury nel giardino troviamo First Spaceship on Venus, un razzo rosa che scardina lo stereotipo dello spazio come ambiente declinato al maschile.
Campeggia al centro Monopoly game, la foto scattata a New York da Nan Goldin nell’ambito del progetto The ballad of sexual dependancy.
La serietà dei giocatori e il gioco stesso sembrano rappresentare il modello di società reale. Il momento intimo ritrae un pezzo di comunità come tipico del lavoro della celebre fotografa.
Superflex con la gigantesca scritta al neon It’s not the end of the world, parte dal concept di un’insegna commerciale per alludere al ruolo dell’umanità nell’ecocidio.
Cally Spooner propone Dead time un progetto sonoro che ripete un’esercitazione di Suite per violoncello n. 1 in sol maggiore di Bach.
Le sonorità si disperdono per l’edificio fino ad arrivare a dialogare con l’opera di Liam Gillick, The hopes and dreams of the workers as they wandered home from the bar.
Si tratta di una distesa di glitter rossi che irrompono nella rampa elicoidale del Lingotto come una materializzazione metaforica delle speranze dei lavoratori.
L’opera site specific Beneath my feet begins to crumble di Mark Leckey abbraccia la curva parabolica a sud della pista con una videoinstallazione che ripropone scene montane, quelle che si potrebbero scorgere in lontananza all’orizzonte.