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Sending a Letter for Sanding Words. Intervista a Daniele Di Girolamo dopo la mostra di Roma

Daniele Di Girolamo - Installation view, Quotidiana / Portfolio, Museo di Roma - Palazzo Braschi, Roma, 2022 - Courtesy l’artista e Fondazione La Quadriennale di Roma, ph Carlo Romano Daniele Di Girolamo - Installation view, Quotidiana / Portfolio, Museo di Roma - Palazzo Braschi, Roma, 2022 - Courtesy l’artista e Fondazione La Quadriennale di Roma, ph Carlo Romano
Daniele Di Girolamo - Installation view, Quotidiana / Portfolio, Museo di Roma - Palazzo Braschi, Roma, 2022 - Courtesy l’artista e Fondazione La Quadriennale di Roma, ph Carlo Romano
Daniele Di Girolamo – Installation view, Quotidiana / Portfolio, Museo di Roma – Palazzo Braschi, Roma, 2022 – Courtesy l’artista e Fondazione La Quadriennale di Roma, ph Carlo Romano
Daniele Di Girolamo (Pescara, 1995) vive a Malmö, in Svezia, dove sta completando il Master in Visual Art presso la Malmö Art Academy, dopo un periodo di formazione (Triennio e Biennio) presso l’Accademia di Belle Arti di Bologna.

Autore di installazioni nelle quali il suono si pone come elemento trasformativo dell’ambiente circostante, ha presentato per la sezione Portfolio, della Quadriennale di Roma, l’intervento Sending a Letter for Sanding Words, animato da un contrasto tra elementi naturali e artificiali, posti in dialogo per creare quelle che l’artista definisce “rime materiali”, accostamenti poetici realizzati attraverso la materia, anziché con le parole.

Potresti parlarci del tuo percorso formativo, e delle geografie che l’hanno plasmato fino a oggi?

Il mio cammino nell’arte inizia al Liceo Artistico di Pescara. Frequento successivamente l’Accademia di Belle Arti di Bologna con uno scambio di studi di qualche mese nella Academy of Visual Art di Hong Kong. Finiti gli studi ho vissuto a Bruxelles dove sono stato assistente di Luca Vianello, dal quale ho imparato molto. Adesso mi trovo a metà percorso del Master in Visual Art presso la Malmö Art Academy.

Vivi a Malmö, in Svezia. Potresti darci uno spaccato della scena dell’arte contemporanea svedese?

La Svezia ha un solido sistema che sostiene il mondo dell’arte. Questo favorisce sia la presenza di diverse istituzioni per l’arte contemporanea (per una città non molto grande come Malmö – 350.000 abitanti – ci  sono importanti istituzioni come Malmö Konsthall, Moderna Museet e il museo d’arte di Malmö) sia un sistema di fondi, a cui si può accedere tramite bando, che sostengono gli artisti locali (se sei svedese o sei molto attivo come artista in Svezia) sotto forma di borse di studio, grant, contributi per assistente di artisti, sostegno a progetto, rimborso per le spese dei viaggi; ed è anche possibile accedere a fondi statali per ricevere sostegno per spazi espositivi gestiti da artisti.

Ovviamente non è tutto così immediato, ma il sistema funziona e permette di concentrarsi molto sulla pratica artistica. Inoltre, l’istruzione è gratuita, c’è un buon sistema di borse di studio e le scuole d’arte sono fornitissime di attrezzature e spazi per lavorare. Il contesto artistico fa un po’ meno fatica rispetto a quello italiano, ed è molto supportato dal sistema statale. Chissà se ci saranno dei cambiamenti. A Settembre, in Svezia, è cambiato il governo e molti nel campo dell’arte temono grandi tagli ai fondi culturali.

Daniele Di Girolamo - Installation view, Quotidiana / Portfolio, Museo di Roma - Palazzo Braschi, Roma, 2022 - Courtesy l’artista e Fondazione La Quadriennale di Roma, ph Carlo Romano
Daniele Di Girolamo – Installation view, Quotidiana / Portfolio, Museo di Roma – Palazzo Braschi, Roma, 2022 – Courtesy l’artista e Fondazione La Quadriennale di Roma, ph Carlo Romano

Vivere in un luogo lontano da casa, fortemente stimolante, ha aiutato la tua pratica artistica?

Mi è d’aiuto nel crescere come persona. Ci si espone al rischio e ciò diventa una forza capace di allargare i margini di crescita. Di conseguenza ne guadagna anche l’approccio che si conduce nella propria pratica artistica e nei lavori prodotti. Per me si tratta di cambiare fisicamente luogo e abitudini; mettendomi in condizioni inizialmente poco comode. Ma non so dire se questo sia valido per tutti. Ho amici che non hanno viaggiato tanto quanto me, sono comunque più aperti e svegli di me. Da loro imparo molto anche stando in una semplice cucina di un appartamento di provincia, da cui spesso sarei voluto scappare durante l’adolescenza. Forse si tratta più che altro della qualità delle relazioni che intessi con le persone e i luoghi. Succede che si facciano tanti viaggi da cui non si torna arricchiti, o nei quali non hai lasciato niente di significativo a nessuno. Non è obbligatorio viaggiare e non è automatico che ti apra la mente, questo è un falso mito; è un discorso soggettivo.

Puoi spiegarci cosa sono le “rime materiali”?

È un termine che trovo utile mentre lavoro. Si riferisce a quando un materiale di un elemento dell’installazione ti rimanda a un altro per similitudini estetiche, ma anche linguistiche. Questo mi aiuta a legare tutti gli elementi di un’installazione e favorisce la percezione di un ambiente piuttosto che di singole sculture e oggetti in una stanza. Un po’ come le rime usate in poesia, che danno un ritmo e legano tutto, facendo percepire quella poesia come unico testo e non come singole frasi. Nel momento in cui provi a fissarti su di un oggetto, magari quelle forme o quei colori ti rimandano abbastanza presto a un altro elemento, rendendo difficile isolarli l’uno dall’altro, quasi come se non potessero esistere da sole. Cerco sempre di creare un ambiente o un’atmosfera dove ogni elemento è solo un punto un po’ più denso e visibile in una rete di relazioni. Per fare questo non uso solo rime materiali ma anche suoni, forme ambigue e tutto ciò che può aiutare a presentare un mondo mutevole e sfuggente. In questo gioco di rimandi ti rimane poco da stringere tra le mani e si attiva un dislocamento percettivo che ti spinge a ricodificare tutto lo spazio in cui sei in quel momento.

Puoi illustrarci i rimandi e i contrasti multi sensoriali tra materiali organici e inorganici?

Onestamente non li trovo così opposti quando li uso in scultura. Ogni materiale porta con sé una serie di sensazioni e suggestioni che cambiano in relazione a un altro o più materiali. Mi interessa di più esplorare cosa scaturisce da questa dinamica piuttosto che il solo accostamento organico/inorganico. Magari questo funziona particolarmente bene perché suggerisce due temporalità molto diverse fra loro e quindi si crea più dinamicità in qualche modo, e a livello percettivo potrebbe essere letto come più interessante. Dipende tutto dal contesto. Un fiore secco ci dà la sensazione che si decomporrà più in fretta rispetto a un metallo, ma anche questo si ossida, arrugginisce, si dissolverà. Magari la differenza la percepiamo noi perché la rapportiamo al tempo umano e a come siamo fatti. Sicuramente ci identifichiamo più facilmente nel fiore secco che nel pezzo di metallo che sopravviverà più a lungo. Ma se pensiamo anche ai sali minerali che hanno un ruolo fondamentale per tutti gli organismi viventi, o se cambiamo le scale temporali di riferimento, ecco che le differenze tra materiali (ma anche le gerarchie, includendo l’essere umano) iniziano a essere meno nette.

Daniele Di Girolamo - Installation view, Quotidiana / Portfolio, Museo di Roma - Palazzo Braschi, Roma, 2022 - Courtesy l’artista e Fondazione La Quadriennale di Roma, ph Carlo Romano
Daniele Di Girolamo – Installation view, Quotidiana / Portfolio, Museo di Roma – Palazzo Braschi, Roma, 2022 – Courtesy l’artista e Fondazione La Quadriennale di Roma, ph Carlo Romano

Quanto il rischio fa parte delle tue installazioni ambientali?

Dipende da come si intende il rischio. Nei miei lavori sono più concentrato nel creare le condizioni in cui può essere evocata un’atmosfera piuttosto che voler raggiungere un preciso risultato finale. Questo vale anche nel lavoro in sé. Se sto piegando un metallo non mi interessa raggiungere una particolare inclinazione o piega, ma mi interessa che tramite pieghe e inclinazioni vengano evocate delle sensazioni, ad esempio di fragilità, di protezione e così via. Quindi il lavoro si può anche rompere, rovinare, riadattare in infiniti modi. Ma una volta che ho capito un po’ quel materiale, e che ho compreso che sensazioni e suggestioni posso estrarci, posso farne di nuovi che avranno quel tipo di innesco. Non è la precisa immagine finale che mi interessa. Mi interessa solo nel momento in cui genera quelle sensazioni in me e in chi le sta guardando, mettendole in presenza. Il rischio maggiore è uscirne indifferente. Altri rischi vengono con la documentazione: è impossibile riportare le stesse atmosfere di quando sei lì, ma il video permette di mostrarne altre, e questo è un compromesso da accettare.

Puoi introdurci alla tua mostra Sending a Letter for Sanding Words?

Questo lavoro è stato esposto a Palazzo Braschi a Roma, dal 14 ottobre al 13 novembre, nella sezione Portfolio dedicata agli artisti under 35 e curata da Gaia Bobò, in occasione del programma Quotidiana, promosso dalla Quadriennale di Roma. Si tratta di un’installazione ambientale composta da tre elementi: dei cilindri rotanti che pendono dal soffitto, una coppia di sculture a terra fatte di alluminio modellato e sabbiato, e un piccolo ramoscello secco rosso montato a parete e retto da una L di acciaio. I cilindri rotanti, cavi e semi trasparenti, contengono sabbia di mare a graniglia non troppo fine. Ruotando fanno collidere la sabbia su se stessa; si genera un suono del tutto simile a quello delle onde in prossimità della riva. Ci sono quattro di questi cilindri sparsi a diverse altezze nella stanza che spazializzano molto il suono.

A me piace pensare che la sabbia possa ricordare qualcosa (per esempio, il posto da cui proviene) perché suggerisce il suono delle onde. È come se tramite il suono avviene una estrazione della memoria del/dal materiale. E il suono, sempre in movimento, mi fa pensare a quando processiamo un ricordo, che si modifica costantemente nel tempo, perché lo rielaboriamo ogni volta che lo riportiamo alla mente. Immerso in questo processo cinetico e sonoro del ricordo, ci sono a terra la coppa di sculture la cui superficie sabbiata rimanda alla sabbia all’interno dei cilindri rotanti. Nella parte interna, più nascosta, di una delle due sculture c’è un rivestimento morbido in finta pelle. La scultura, per come è modellata con le varie pieghe che ricordano la carta, si pone come guscio protettivo di questo spazio interno più caldo, morbido ed intimo.

Il ramoscello al muro va a far rima con lo stesso gesto della scultura: seccandosi, le foglie si sono ripiegate su se stesse andando a nascondere la loro parte interna che ha un colore rosso molto più denso e saturo rispetto al lato esterno. Sculture e ramoscello sono entrambi in questa sorta di raccoglimento. Riguardo al titolo, “sanding” significa levigatura e contiene la parola “sand”, sabbia, che torna come materiale nei vari elementi dell’installazione. La levigatura mi suggeriva lo stesso processo che avviene nel modellare un ricordo poco a poco, che sia fatto di immagini, sensazioni o parole sentite o scritte.

Daniele Di Girolamo - Installation view, Quotidiana / Portfolio, Museo di Roma - Palazzo Braschi, Roma, 2022 - Courtesy l’artista e Fondazione La Quadriennale di Roma, ph Carlo Romano
Daniele Di Girolamo – Installation view, Quotidiana / Portfolio, Museo di Roma – Palazzo Braschi, Roma, 2022 – Courtesy l’artista e Fondazione La Quadriennale di Roma, ph Carlo Romano

Questo contenuto è stato realizzato da Camilla Boemio per Forme Uniche.

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