«Quando affronto un testo per ragazzi e bambini, metto lo stesso impegno ed energia di quando scrivo un romanzo per adulti – spiega lo scrittore Bussola, veronese, classe 1971 -. Quando devi rendere le immagini più semplici, significa renderle dirette, acuminate e inossidabili. Semplificare è molto più difficile che aggiungere. In più, il mercato della letteratura per l’infanzia è l’unico che non ha avuto cedimenti».
Il romanzo per ragazzi firmato Matteo Bussola è una lettura formativa non solo per i ragazzi, ma per tutti i lettori che vi si accosteranno. L’autore ci porta nella storia di Viola, una bambina che gioca a calcio, corre in monopattino e ama vestirsi di Blu. Viola scrive tutti i colori con la maiuscola, perché per lei sono unici, proprio come le persone. Ma non tutti sono d’accordo con lei, specialmente gli adulti. Molti pensano che esistano cose ‘da maschi’ e cose ‘da femmine’, ma Viola questo fatto non l’ha mai capito bene. Un giorno decide quindi di aprirsi al suo papà, che di lavoro fa il pittore e di colori se ne intende. È maggio, un venerdì pomeriggio, il cielo è azzurrissimo e macchiato di nuvole bianche, il papà è in giardino e cura alcune piante. Le genziane hanno un nome da femmine, eppure hanno i fiorellini Blu. Però ai fiori, per fortuna, nessuno dice niente. Non è come con le persone, pensa Viola. Un fiore va bene a tutti così com’è…
In questa storia, ispirata dalle conversazioni con le sue figlie, l’autore indaga gli stereotipi di genere attraverso gli occhi di Viola, una bambina che sa già molto bene chi è e cosa vuole diventare. Viola e il Blu è un racconto per tutti, che fa riflettere e celebra il valore della diversità e l’importanza di crescere nel rispetto delle sfaccettature delle persone.
Prodotto dalla Fondazione Aida, lo spettacolo “Viola e il Blu” è andato in scena in Prima Nazionale il 10 novembre alle ore 19, con replica alle 21. Doppia replica anche venerdì 11 alle ore 19 e alle 21 Teatro Modus di Verona sotto la regia di Lucia Messina, già applaudita attrice affermata per la sua capacità di trovare nuove prospettive di narrazione.
Viola e suo padre sono interpretati da Stefano Colli ed Elisa Lombardi. Stefano Colli, classe 1989 ha iniziato la sua carriera artistica a 17 anni affiancando Iskra Menarini, la storica vocalist di Lucio Dalla, all’interno di concerti, trasmissioni televisive e radiofoniche. Elisa Lombardi, la piccola Viola, spicca con un lungo curriculum artistico, tra cui la partecipazione a importanti produzioni teatrali come “Mammia Mia” e “Flashdance”, a film sul grande schermo “La casa di famiglia” di Augusto Fornari e la compartecipazione a fiction come “Una pallottola nel cuore” e “Un passo dal cielo”.
Il successo della trasposizione trova le sue fondamenta nella collaborazione tra Matteo Bussola e Paola Barbato, sceneggiatrice che accompagna l’autore nell’immersione nel linguaggio teatrale.
«È la prima volta che scrivo un libro per ragazzi e anche la prima volta che affronto una trasposizione drammaturgica – spiega Matteo Bussola, veronese classe 1971 -. Ho accettato questa sfida perché al mio fianco c’era Paola Barbato, sceneggiatrice di esperienza con cui ho già lavorato a riduzioni drammaturgiche cinematografiche. Il linguaggio teatrale, però, è diverso, perché bisogna tener conto di una serie di elementi fisici che andranno in scena e dell’assenza del narratore extradiegetico. Nel cinema non si lavora a camera fissa come in teatro, quindi per me è stata un’esperienza istruttiva».
L’istruzione e la riflessione riguardano anche gli spettatori. Gli stereotipi di genere sono assimilati dai bambini già nei primi anni di vita, quando iniziano a rendersi conto che le attività, le professioni, i comportamenti e l’aspetto di maschi e femmine sono molto spesso differenti. La scuola, la famiglia e l’arte dovrebbe incanalare questi pregiudizi e sostenere una visione più ampia.
«Nascere in un corpo maschile o femminile non implica che sia tracciato un solco da cui non si può uscire e che sia già indicata la strada di interessi, hobby e passioni – precisa Paola Barbato –. «Sarebbe il momento di superare le ghettizzazioni di genere e guardare oltre».
Riguardo alla forma, continua Barbato,
«abbiamo fatto un lavoro accurato sulle simbologie, perché a teatro non è solo sufficiente dire una cosa, piuttosto è necessario trovare un escamotage affinché il pubblico riesca a vederla, oltre che sentirla. Abbiamo ridistribuito il contenuto in termini di tempi e di spazi, ragionato sulla funzionalità degli oggetti di scena e sulla cromaticità. È stato un grande gioco di equilibrismo».
La scenografia, con la sua finestra blu e rosa sul mondo, permette agli attori di muoversi nello spazio delimitato dall’oggetto e di riflettere sulla simbologia dei colori. Questa trasposizione è meravigliosa nella sua semplicità, proprio come l’incontro tra padre e figlia, da cui nasce un discorso universale.
“È una parola magica, di un colore nuovo e antico insieme, ma riesci a vederlo solo quando a pronunciarla è qualcuno che ti vuole bene davvero.
Le dice solo: «Grazie».”
(Passi di: Matteo Bussola. “Viola e il Blu”)