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Scrittura per un corpo indefinito alla Tosse. La recensione

Scrittura per un corpo indefinito è andato in scena  alla Tosse di Genova il 17 dicembre. Una condivisione pubblica del lavoro del corso di perfezionamento professionale L’Azione Silenziosa

Il Teatro della Tosse ha sempre avuto un occhio di riguardo per la danza contemporanea: Resistere e creare, rassegna di danza internazionale questo anno è arrivata al suo VIII anno di vita, riscontrando sempre un grande successo di pubblico e critica. Ed è all’interno di Resistere e creare che troviamo L’Azione Silenziosa, progetto di residenza e formazione artistica avviato nel 2018 ad opera di DEOS (Danse Ensemble Opera Studio) con il sostegno del MiC.

L’Azione Silenziosa ha la sede del suo corso di perfezionamento professionale per danzatori contemporanei nella grande sala del Teatro del Ponente (Genova Voltri), dal 2019 affidato alla Fondazione Luzzati-Teatro della Tosse. Ed è in questo meraviglioso spazio che è nata “Scrittura per un corpo indefinito”, spettacolo presentato sabato 17 dicembre alla Sala Trionfo del Teatro alla Tosse, che sotto uno stesso titolo ha visto in scena diverse creazioni ad opera di Giovanni Di Cicco, coreografo e direttore di DEOS, comprendenti assoli passi a due e momenti corali, che hanno dato vita ad una nuova e interessantissima scrittura coreografica.

I tredici ragazzi che all’interno del corso sono andati ad affinare la tecnica contemporanea, grazie anche agli incontri con realtà professionali attive sul territorio nazionale e internazionale, si sono mostrati sul palco con piena consapevolezza del lavoro che hanno scelto per entrare a far parte di un mondo particolare, quello della danza, in cui è molto difficile farsi strada se non si hanno, oltre al talento, strumenti e competenze necessarie per supportare la ricerca fisica. Guardando il prodotto finale non si può che affermare che all’interno di questo percorso si è visto un impegno di pregio portato avanti da Di Cicco e dai suoi collaboratori Emanuela Bonavera e Filippo Bandiera.

Il momento di condivisione pubblica è sempre quello che restituisce la verità e lo spettacolo portato in scena è il sunto di un’accurata ricerca individuale sia da parte degli allievi che degli insegnanti, un lavoro , in questo caso, di costruzione sensibile arrivato a creare quella “presenza”, ovvero quella relazione artistica e comunicativa tra il performer e lo spettatore in cui si costituisce un livello dinamico complesso, un dialogo personale e forte tra chi fa e chi fruisce della performance. Insomma il risultato prfetto di un lavoro teatrale.

Su musiche di Purcell, Vivaldi, Debussy, Mozart, Balanescu Quartet, Pierre Henry, Budapest Klezmer Band e Guappercato si è dipanato, attraverso la danza, il tema comune dell’ “indefinito”, inteso come corpo nuovo, quel che appare quando si abbandona la propria auto definizione, il cambiamento che nasce da una condizione di ascolto senza memoria. Come nelle vetrate decorate, composte da frammenti di natura e colori diversi, così l’incontro di singoli racconti fisici collocati in un nuovo paesaggio, fanno apparire sfumature e possibilità molteplici.

La ‘Prima vetrata’ ha il titolo di Rubato Silenzio e si ispira liberamente al Martirio di S. Sebastiano di Gabriele D’Annunzio composto da Claude Debussy. Il supplizio del santo è stato raffigurato da innumerevoli artisti del passato da Piero della Francesca a Mantegna, Antonello da Messina, Perugino, Tiziano, Tintoretto, Bernini, Reni, Memling, El Greco, Ribera, e questo perchè i pittori vedevano nel suo corpo nudo, pur trafitto dalle frecce, quell’avvenenza classica di Adone o di Apollo. Nella danza di Di Cicco sono tanti coloro che vengono trafitti dalle frecce di Sebastiano (che era un arciere), ma che come lui poi risorgono per esssere nuovamente trafitti. Il dolore è rappresentato come un loop rigeneratore: dalla morte si trona alla vita e viceversa. Bellissime le figure dei caduti tra le bracce della madri (o dei padri) immagini che riportano alla Pietà di Michelangelo.

La ‘seconda vetrata’ intitolata Memorie è strutturata come un vortice. Gli interpreti agiscono nello stesso spazio, ma sembrano essere immersi in una distanza inconciliabile che non li fa raggiungere mai. Amanti che si cercano si trovano, ma poi si distaccano. Una corsa che ricorda il teatro di Pina Bausch. Difficile comprendre cosa li trascini lontani gli uni dagli altri , fatto sta che che quell’ “indefinito”è il magma in cui sembrano venire sommersi. Bellissimi i passi a due egregiamente eseguiti dai giovani ballerini, intensi, freschi e passionali.

La ‘terza vetrata’ ci presenta il Circo, inteso come espressione della malinconia della fine delle cose. Partendo dalla stessa struttura musicale della prima vetrata, i personaggi emergono come clown privi di maquillage. Un’idea che non si collega a quel circo felliniano di mondo dove la diversità è ricchezza, dove la poesia è nutrimento e dove tutti gli esseri umani, con le loro fragilità e divergenze possono sentirsi liberi, benvoluti, ma piuttosto al circo di Thierrée, che vuole una squadra di musicisti e danzatori, artisti versatili ed eccezionali, riuniti sul palcoscenico per spingere a un ritmo febbrile la connessione tra i loro strumenti e il corpo. Sarà un grande cerchio azionato da un abile danzatore, che poi lasciato libero chiuderà lo spettacolo. Rallentando solitario terminerà silenzioso il suo girare per cadere sulla scena vuota.

Bravissimi tutti i partecipanti allo spettacolo, gli allievi del corso di perfezionamento 2022: Iris Noemi Alzetta, Thomas Angarola, Iolanda Del Vecchio, Graziana Di Stefano, Estella Dvorak, Emanuele Frutti, Anna Giusto, Mirko Iurlaro, Teresa Priano, Giulio Venturini, Aaron Weber, Zey-nepgül Yilmaz, Charlotte Zeidler.

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