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I colori della fede. Cuneo riunisce cinque grandi pale d’altare di Tiziano, Tintoretto e Veronese

Tiziano Vecellio, Annunciazione, Chiesa di San Salvador, Venezia
I COLORI DELLA FEDE A VENEZIA: TIZIANO, TINTORETTO, VERONESE Mostra promossa da Fondazione CRC e Intesa Sanpaolo Credito foto: Loris Salussolia
I COLORI DELLA FEDE A VENEZIA: TIZIANO, TINTORETTO, VERONESE
Mostra promossa da Fondazione CRC e Intesa Sanpaolo
Credito foto: Loris Salussolia
Cinque grandi opere di Tiziano, Tintoretto e Veronese riunite in unico spazio espositivo: Complesso Monumentale di San Francesco a Cuneo. Comune denominatore la città di Venezia, da cui tutte provengono, e il distinguibile uso del colore. Sono visibili nel corso della mostra I colori della fede a Venezia: Tiziano, Tintoretto, Veronese, curata da don Gianmatteo Caputo e Giovanni Carlo Federico Villa. Dal 24 novembre 2022 al 5 marzo 2023.

A volte il numero di opere è inversamente proporzionale alla qualità della mostra che le ospita. Non è una legge sempre verificata, ma del resto è per certi versi intuitiva: una mostra piena di opere può essere percepita smoderata, bisognosa di coprire con la quantità lacune qualitative; dall’altra parte, invece, una mostra con pochi lavori appare preziosa, calibrata e misurata, in grado di rispondere alle esigenze espositive con la forza di pochi ed essenziali punti cardine.

Quelli, per esempio, che reggono l’esposizione I colori della fede a Venezia: Tiziano, Tintoretto, Veronese. Nelle cappelle della sala principale del Complesso Monumentale di San Francesco a Cuneo si affiancano dunque cinque opere, una per cappella, che riflettono in modo potente la storia della Chiesa in ambito veneziano. Si tratta di cinque grandi pale d’altare, per la prima volta l’una accanto all’altra, dei maestri del Rinascimento veneto Tiziano Vecellio, Jacopo Robusti detto il Tintoretto e Paolo Caliari detto il Veronese, provenienti da altrettante chiese veneziane.

Le opere presentate, tutte realizzate tra il 1560 e il 1565, risultano in perfetto dialogo cronologico e stilistico e si confrontano con temi fondamentali nell’iconografia cristiana: l’Annunciazione e l’Incarnazione, il Battesimo di Cristo, l’Ultima Cena, la Crocifissione e la Resurrezione. A unirle, come suggerisce il titolo, il ruolo del colore: vessillo narrativo delle sacre scritture. Ma le chiave di lettura non si esauriscono qui. Le personalità dei pittori, intrecciate alla trama dell’episodio narrato e al riferimento alle chiese di provenienza, costituiscono una testimonianza unica del loro rapporto con la fede, oltre che all’interesse filologico e artistico di vedere come questo si traduce in opera d’arte. Ed ecco come accade.

Tiziano
Annunciazione

Tiziano, Annunciazione, 1563-1565, olio su tela, 403 x 239 cm, Venezia, chiesa di San Salvador
Tiziano, Annunciazione, 1563-1565, olio su tela, 403 x 239 cm, Venezia, chiesa di San Salvador

La pala fu commissionata a Tiziano dal gioielliere veneziano Antonio Cornovi della Vecchia nel 1559 per un altare nella chiesa di San Salvador. Vista e annotata da Giorgio Vasari nel 1566, era forse destinata all’ambiente funerario di una cappella. Del resto il tema principale – l’umanizzazione di Dio, che termina con il suo sacrificio per l’umanità e conduce alla via eterna – è perfettamente il linea con la sua ipotetica collocazione. A livello stilistico l’opera appartiene alla fase matura di Tiziano. L’artista, già completamente affermato, era libero di creare e sperimentare.

Per Roberto Longhi “uno dei dipinti più disperati dell’arte; dove la stanza è invasa come da un rogo semispento d’apocalisse che screzia le figure, le imbratta, le usura in un aspetto di «impressionismo magico”. Difatti la luce non sembra illuminare la scena, ma farla scintillare, vibrare, esplodere. É la potenza dell’episodio sacro.

Veronese
Il Battesimo di Cristo

Paolo Caliari, detto il Veronese, Battesimo di Cristo, 1560-1561, olio su tela, 214 x 100 cm, Venezia, chiesa del Redentore
Paolo Caliari, detto il Veronese, Battesimo di Cristo, 1560-1561, olio su tela, 214 x 100 cm, Venezia, chiesa del Redentore

La tela, richiesta al Veronese mercante veneziano Bartolomeo Stravazino e realizzata nel 1561, era destinata a un oratorio e sacello familiare presso la chiesetta di Santa Maria degli Angeli alla Giudecca. Veronese combina qui l’armonia decorativa e la gamma chiara dei colori (che lo oppongono alla ‘terribilità’ tintorettiana), con la monumentalità del manierismo padano. L’orchestrazione cromatica delle vesti – il rosso del mantello di Giovanni, l’azzurro cielo del perizonium del Battezzato, il giallo di piombo-stagno dell’angelo – è esemplare della visualità del Veronese. A renderla visibile è anche il restauro realizzato nel 1992.

Tintoretto
Ultima Cena

Jacomo Robusti, detto il Tintoretto, Ultima cena, 1561-1566, olio su tela, 224,5 x 415 cm, Venezia, chiesa dei Santi Gervasio e Protasio, detta di San Trovaso
Jacomo Robusti, detto il Tintoretto, Ultima cena, 1561-1566, olio su tela, 224,5 x 415 cm, Venezia, chiesa dei Santi Gervasio e Protasio, detta di San Trovaso

La grande tela, più di nove metri quadri di appassionata concitazione, fu richiesta a Tintoretto dalla Scuola del Sacramento dei Santi Gervasio e Protasio per il proprio ‘Banco’ nella chiesa di San Trovaso. In coppia con la Lavanda dei Piedi, l’Ultima Cena sottolinea i valori comunitari e l’umanità divina, propone la sapienza e l’umiltà, l’incrollabilità della fede opposta all’umana debolezza. Tintoretto l’allestisce con toni teatrali e gusto popolaresco, con elementi di inconsueto realismo. Tra questi l’ambientazione, un’umile locanda con la tavola dimessamente apparecchiata, le sedie sgangherate e il pavimento sporco. Ma soprattutto gli apostoli hanno i volti dei veneziani che si incontrano nelle calli, i mercanti e i maestri d’ascia che lavorano negli squeri sulle fondamenta di Ognissanti.

Tintoretto
Crocifissione

 Jacomo Robusti, detto il Tintoretto, Crocifissione, 1560 circa, olio su tela, 297x165 cm, Venezia, chiesa di Santa Maria del Rosario, detta dei Gesuati

Jacomo Robusti, detto il Tintoretto, Crocifissione, 1560 circa, olio su tela, 297×165 cm, Venezia, chiesa di Santa Maria del Rosario, detta dei Gesuati

La Crocifissione di Tintoretto proviene della chiesa veneziana di Santa Maria del Rosario, detta dei Gesuati, realizzata intorno al 1563.  Cristo in croce, attorniato dalla gran luce di un’aureola, ha ai suoi piedi la Madre svenuta, in singolare isolamento. La luminosità irradiata dal Crocifisso è il trionfo sulle tenebre, la vittoria di Cristo e la certezza del riscatto dell’umanità, avviata nella speranza di resurrezione. Le presenze femminili riempiono lo spazio con morbidi veli, manti dai colori accesi e ampie vesti rigonfie. In particolare, il dolore della Vergine è un “secondo parto”, da cui nasce il popolo cristiano redento. Anche in questo caso l’opera è stata recentemente restaurata (1991).

Veronese
Resurrezione

Paolo Caliari, detto il Veronese, Resurrezione, 1560 circa, olio su tela, 247x130 cm, Venezia, chiesa di San Francesco della Vigna
Paolo Caliari, detto il Veronese, Resurrezione, 1560 circa, olio su tela, 247×130 cm, Venezia, chiesa di San Francesco della Vigna

La pala d’altare è conservata nella cappella Badoer in San Francesco della Vigna. L’opera è un esempio del colorire ‘alla veneziana’, ovvero un colore strutturale che determina la costruzione pittorica. L’esplosione di luce centrale accompagna l’energica figura di Cristo risorto, in movimento ascendente, imperioso. La raggiera intorno indica l’energia sovrumana che da lui si disperde. Il corpo si fa divino, le ferite della Passione si ritirano, rimane solo un lieve segno della ferita dei chiodi su un piede. A terra si accalcano i cinque soldati, spiazzata dalla visione. All’interno della composizione, perlopiù dominata dal verde, si scorgono tutti i colori tipici di Venezia: l’azzurrite, l’indaco, la lacca di cocciniglia, l’orpimento, il realgar.

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