Proprio belli I maneggi di Solenghi / Govi in questi giorni al Teatro Ivo Chiesa di Genova fino al 31 dicembre
Quando il 20 maggio scorso al Teatro Sociale di Camogli fu presentato I Maneggi per maritare una figlia con la regia di Tullio Solenghi fu un gran successo. Alle date in programma ne furono aggiunte altre e la cosa non finì lì. Giustamente si volle portare lo spettacolo a Genova e si colse l’occasione del Nervi Music Ballet Festival 2022 per inserire una data il 10 luglio. Anche in questo caso, in un teatro all’aperto di ben duemila posti, si registrò il sold out, il che non ha fatto che confermare che lo spettacolo che riproponeva una delle commedie più famose di Gilberto Govi in mano a Solenghi fosse un boom. I Maneggi ancora una volta stanno registrando il tutto esaurito. Al Teatro Ivo Chiesa -in cartellone dal 20 fino al 31 dicembre – non si trova un posto libero neanche in galleria fino a San Silvesto! Che dire allora di questo fenomeno? Semplicemente che la piece diretta da Solenghi funziona per quella serie di motivi che fanno un lavoro teatrale perfetto sotto ogni aspetto: bravi gli attori, bella la regia, belle le scene e i costumi e ottimi i tempi e i ritmi tecnici.
La commedia più amata e celebre del repertorio goviano è ambientata nella Genova degli anni ’50. Steva (Stefano) un uomo semplice è continuamente vessato dai rimbrotti della moglie Giggia (Luigina) impegnata nella spasmodica ricerca di un “buon partito” per maritare la loro unica figlia Matilde. In casa di questa famiglia moderatamente benestante ha inizio un continuo andirivieni di candidati più o meno papabili che genera un crescente vortice di malintesi, gag, battibecchi e risate. La Giggia è pronta a fare “carte false” per garantire all’erede e a tutta la famiglia un futuro di agi e ricchezze. Ma si sa le cose non vanno mai come si vuole soprattutto quando si ricorre agli intrighi e tutto finirà come aveva previsto il bonario, ma non certo stupido, Sveva. Un personaggio in cui Govi è stato indimenticabile grazie anche al suo riadattare la commedia di Niccolò Bacigalupo su se stesso. Un livello difficile da raggiungere e da imitare, un’impresa in cui solo Tullio Solenghi si è potuto cimentare riuscendoci con successo.
Per entrare nel personaggio Solenghi si sottopone ogni sera a lunghe sessioni di trucco e il risultato è davvero sorprendente: appena entra in scena sembra proprio di rivedere il grande Gilberto. Del resto l’attore stesso scherzando ha parlato di clonazione necessaria per riportare quel personaggio esattamente così com’era. E in effetti Solenghi è fedele in tutto, drammaturgia di scena, battute, gestualità, ammiccare, camminata. In ogni passaggio sembra di essere catapultati nel video RAI registrato nel 1959 con la regia di Vittorio Brignole. E così lo spettatore si trova davanti la stessa tappezzeria, gli stessi arredi, gli stessi particolari, compresa la stampa del porto di Genova nel ‘700. Livermore per la scenografia ha scelto di usare colori tra il grigio e il viola pallido, per restituire la suggestione delle immagini Tv di quei tempi. Un’operazione che poteva essere rischiosa temendo il confronto ed invece si è dimostrata vincente. I genovesi amano il loro passato, amano ancora Govi e amano anche Tullio Solenghi, ora più che mai.
Accanto a lui nel ruolo di Giggia un’altra regina delle scene, Elisabetta Pozzi, che a differenza di Solenghi non ricalca il modo di recitare di Rina Govi, ma ne dà una sua particolare intepretazione che comunque riporta quella che è la sua anima ligure. Bravissimi anche gli attori giovani anche’essi molto somiglianti agli originali come l’allampanato Pippo interpretato da Pier Luigi Pasino e il “poco desiderato”cugino Cesare di Federico Pasquali. E poi c’è Roberto Alinghieri (Venanzio) perfetto come sempre nel ruolo assegnatogli.
Alla fine dello spettacolo Tullio Solenghi spogliandosi della maschera goviana, ha voluto rendere omaggio al grande attore ricordando ai presenti che proprio lì, vicino al Teatro Ivo Chiesa, in P.zza della Vittoria, abitava Gilberto e, facendoci ascoltare per radio la sua voce in “Ma se ghe pensu”, in qualche modo lo stava evocando. A quel punto, chissà, che l’anima di Govi non fosse lì con noi a dare la sua approvazione allo spettacolo…