Un intreccio tra arte e politica lega la figura di Vittorio Sgarbi a quella di Margherita Sarfatti. Nel mezzo Giorgia Meloni, che si trova di fronte all’ennesimo bivio della sua carriera.
In un dialogo tra persone civili è solito il rituale di domande e risposte, o anche di affermazioni in attesa di conferma. Questo è avvenuto in occasione di un incontro tra la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni e lo storico dell’arte Vittorio Sgarbi. La notizia è stata portata a conoscenza dei lettori da Stefano Baldolini, su Repubblica del 29 dicembre scorso. Intervistato, Sgarbi ha detto di ritenere inopportuna e incongrua – ma solo questo, e naturalmente senza levare le alte grida dell’opposizione – la commemorazione di Ignazio La Russa del settantesimo anniversario della nascita del Movimento Sociale.
E ha aggiunto di aver detto all’amica Giorgia di fare una “Fiuggi 2”. (Per chi non lo ricordasse la Svolta di Fiuggi è stata la scelta – voluta nel 1995 dall’allora segretario del MSI, Gianfranco Fini – di abbandonare i riferimenti ideologici al Fascismo e di qualificarsi come forza politica legittimata a governare). Sgarbi dunque ha anche consigliato a Meloni di cambiare il nome di Fratelli d’Italia in Partito del Rinascimento, “e taglia via la fiamma dal simbolo del partito, che ricorda troppo il MSI. Vai oltre! ” – le avrebbe anche detto.
Proposta geniale questa di Sgarbi: l’Italia ha una bellezza classica da riportare in auge sui banchi di scuola, iniziando dalle elementari. È arte, architettura, letteratura, musica, fotografia, cucina, teatro, cinema, arredamento, stile e colore. E qui Sgarbi passa dal suo vecchio sogno romantico della Bellezza a quello più impegnativo di Rinascimento, che finalmente rappresenta l’opposto del mantra ossessivo della Crisi.
Vittorio Sgarbi è un colto liberale in politica, ma si muta in anarchico quando esplode in pubblico perché non ne può più di quelli che chiama “caproni!”. Le sue radIci affondano nella scuola di Roberto Longhi, e in parte nell’alta lezione di Benedetto Croce. Direi che veleggia dalle parti di Margherita Sarfatti, ninfa egeria, amante di Mussolini e di origini ebraiche. Ma che ha anche fondato il movimento di Novecento, si è opposta all’alleanza con Hitler, e nel 1938 ha lasciato l’Italia per l’Argentina a causa delle Leggi Razziali.
Sottolinea con acutezza Massimo Mattioli – già citato da Anita Pepe su ArtsLife – che “Se Margherita Sarfatti non avesse incontrato Mussolini, oggi sarebbe celebrata come figura di donna all’avanguardia nei costumi e nell’emancipazione, come la prima donna al mondo ad affermarsi nel ruolo di moderna critica d’arte, sarebbe stata un’icona del femminismo negli anni ’70, verrebbe studiata come personaggio centrale nello sviluppo delle idee e nell’elaborazione del pensiero culturale e politico di un’importante parte del ‘900″.
Direi a questo punto che una parte di quelle vicissitudini appaiono assai simili ai percorsi di ripensamento di Fratelli d’Italia. E allora il Partito del Rinascimento avrebbe come modello il pensiero storico ed estetico di Margherita Sarfatti e di Vittorio Sgarbi. I due hanno in comune l’amore per il Classicismo e la qualità della tolleranza: la prima nei confronti del Futurismo, il secondo dell’Arte Concettuale. Un bel matrimonio a posteriori. D’altra parte “c’è il tempo per vivere, c’è il tempo per morire, sia per il sapiente che per lo stolto” (dall’Ecclesiaste), e se il Partito del Rinascimento non nasce significa che la madre degli stolti è sempre incinta.