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Sapeva le forme delle nubi. Intervista a Matteo Pizzolante in residenza da KORA

Matteo Pizzolante, Sapeva le forme delle nubi – Exhibition view, KORA – Centro del Contemporaneo, Castrignano De’ greci, 2022-2023 – Courtesy KORA, ph. Alice Caracciolo Matteo Pizzolante, Sapeva le forme delle nubi – Exhibition view, KORA – Centro del Contemporaneo, Castrignano De’ greci, 2022-2023 – Courtesy KORA, ph. Alice Caracciolo
Matteo Pizzolante, Sapeva le forme delle nubi – Exhibition view, KORA – Centro del Contemporaneo, Castrignano De’ greci, 2022-2023 – Courtesy KORA, ph. Alice Caracciolo
Matteo Pizzolante, Sapeva le forme delle nubi – Exhibition view, KORA – Centro del Contemporaneo, Castrignano De’ greci, 2022-2023 – Courtesy KORA, ph. Alice Caracciolo
Sapeva le forme delle nubi è il progetto presentato da Matteo Pizzolante presso gli spazi pugliesi (Castrignano de Greci) di KORA – Centro del Contemporaneo dal 17 dicembre 2022 al 15 gennaio 2023.

Curata e prodotta da Ramdom, in collaborazione con Fondazione Elpis, la mostra si inserisce nel progetto di residenze artistiche A Sud Di Marte, percorso che conduce a una nuova visione del Sud come luogo di opportunità e che sviluppa la ricerca di Ramdom sul concetto di margine.

Per meglio comprendere questa tappa espositiva abbiamo dialogato con l’artista.

Come nasce la collaborazione con l’universo KORA e come si è sviluppato il confronto con le molte professionalità che creano quel mondo?

La collaborazione con KORA è nata all’incirca un anno fa durante uno studio visit con Claudio Zecchi (Direttore artistico di Ramdom e uno dei curatori del progetto). Pochi mesi dopo lo stesso Claudio e Paolo Mele (Direttore di Ramdom) mi hanno contattato per propormi di lavorare su questo nuovo progetto. Il mio periodo di residenza si è svolto in due momenti separati: durante la prima fase, nel mese di Agosto, è stato svolto un lavoro di ricerca e sviluppo di una prima idea progettuale; la seconda fase è stata invece dedicata in maniera intensiva alla produzione della mostra. I mesi intercorsi tra questi due periodi sono stati molto utili per mettere a fuoco il progetto e allo stesso tempo per organizzare tutto il lavoro che è culminato nella fase di realizzazione. Tutto ciò è avvenuto tramite un confronto costante con Claudio e con le figure che all’interno di KORA si occupano degli aspetti legati alla produzione.

Sapeva le forme delle nubi, come nasce il titolo di questa mostra e a cosa si riferisce?

Sapeva le forme delle nubi prende le mosse da un racconto di Borges, dal titolo Funes o della memoria, contenuto nell’antologia Finzioni. Il protagonista della narrazione, Ireneo Funes, è condannato, dopo essere stato travolto accidentalmente da un cavallo, a ricordare ogni dettaglio di tutto ciò che lo circonda. La mostra è costituita da due video e quattro porte, installate insieme alla struttura che le sorregge, come a simulare la presenza di un ulteriore spazio architettonico all’interno dell’ambiente espositivo. Sulla superficie delle porte sono state stampate, tramite la tecnica della cianotipia, delle immagini raffiguranti gli interni di un albergo di nome Aurora costruito tra gli anni Settanta e Ottanta, appartenuto alla mia famiglia: un edificio importante per la mia storia personale e nel contempo per la storia di un luogo che si trova a pochi chilometri dal palazzo Baronale De Gualtieris, sede di Kora.

Il processo con il quale arrivo alla creazione delle immagini è il frutto di un lento lavoro di ricostruzione digitale tramite l’uso di software di modellazione 3D, generalmente utilizzati nel campo della progettazione architettonica, da me sfruttati in altre forme di narrazione. Non avendo esperienza diretta del luogo in questione ho fatto affidamento al racconto delle persone che hanno frequentato quel luogo, condensando memorie collettive ed esperienze condivise.

Il riferimento del titolo al racconto di Borges, all’abilità/inabilità di Ireneo Funes che si trasforma in immobilità di pensiero, incapacità di comprensione ed empatia diventa, dal mio punto di vista, spunto di riflessione sulla condizione attuale della iper-informazione e sul rapporto tra oblio e memoria. Temi molto cari anche a Paul Ricouer che riconoscendo l’impossibilità di ricordare tutto pone il rapporto tra oblio e memoria non in antitesi ma in rapporto di “cooperazione”: “Innanzitutto e globalmente, l’oblio è sentito come un attentato all’affidabilità della memoria.[…] Ma nello stesso tempo e nella stessa movenza spontanea, noi scarteremo lo spettro di una memoria che non dimenticasse niente. La riteniamo persino mostruosa. […] L’oblio allora, non sarebbe sotto tutti i riguardi un nemico della memoria, e la memoria dovrebbe, forse, negoziare con l’oblio per trovare, a tastoni, la giusta misura del suo equilibrio con esso?”

Da questi riferimenti e suggestioni è scaturito il titolo della mostra ponendomi l’obiettivo, “al dare forma” a qualcosa di evanescente incorporeo e complesso come la memoria, la messa in atto di un processo utopico che mira a dare fisicità ad una proiezione mentale.

Matteo Pizzolante, Sapeva le forme delle nubi – Exhibition view, KORA – Centro del Contemporaneo, Castrignano De’ greci, 2022-2023 – Courtesy KORA, ph. Alice Caracciolo
Matteo Pizzolante, Sapeva le forme delle nubi – Exhibition view, KORA –
Centro del Contemporaneo, Castrignano De’ greci, 2022-2023 – Courtesy
KORA, ph. Alice Caracciolo

II progetto occupa delicatamente uno spazio molto caratterizzato inserendo una serie di porte, di soglie che concedono un percorso: come immagini la fruizione di questo tuo progetto da parte del pubblico e quale importanza ha per te l’idea di “passaggio”?

Il mio percorso formativo mi ha portato a studiare prima Ingegneria Edile e in seguito scultura all’Accademia di Belle Arti di Brera. Questa duplice via mi ha spinto verso un approccio allo spazio di carattere progettuale e interpretativo. Proprio per questo motivo, pur lavorando con diversi media, dalla fotografia, alla scultura e al video, tutte le opere sono il risultato di un processo di studio e analisi del luogo e appaiono all’interno di un progetto espositivo come storia di relazioni, non quindi individualmente ma piuttosto in una disposizione spaziale, una costellazione diversificata ma con reciproca influenza, con le quali il pubblico instaura non un rapporto di tipo frontale ma al contrario di relazione corporea. Da questa duplice formazione deriva anche il mio interesse per il rapporto tra architettura, rappresentazione dello spazio architettonico e narrazione: come la narrazione interviene sul tempo per riconfigurarlo, allo stesso modo l’architettura interviene sullo spazio.

Tra gli elementi architettonici ho scelto la porta perché da sempre  simbolo di confine di passaggio, di transizione, la porta può rivelare uno stato di cambiamento tra diverse realtà, diversi mondi e luoghi, può essere simbolo di evasione ma anche di conflitti e opposizioni.

Ci tengo a dire, come hai accennato tu, che lo spazio di Kora è uno spazio molto caratterizzato e questo è un aspetto molto importante. Kora, pur essendo un centro adibito all’arte e multidisciplinare, non è un luogo neutro, distante dal tempo e dalla storia ma, anzi, con questo stato di cose fa i conti. Non parlo solo di fisionomia del luogo, estremamente diverso dal “classico” white cube, ma anche di contesto sociale e geografico in cui il Centro è immerso, e se questo aspetto debba influenzare o no la pratica artistica nei termini della sua fruizione. Mi sembra importante aggiungere che poiché la politica ha perso terreno nella capacità di creare e affrontare immaginari futuri, l’arte viene spesso caricata di questo ruolo. Viviamo in un periodo in cui l’accesso alla cultura è disponibile a un pubblico sempre più ampio ma la capacità dell’arte di influenzare l’immaginario del pubblico va diminuendo se messa in relazione a strutture che si occupano, ad esempio, di sviluppo tecnologico o di comunicazione digitale. Questo è stato un argomento di confronto durante i mesi della residenza e ed è un aspetto sul quale ho provato a riflettere  proprio perché mi trovavo a operare in un contesto che genera valore per il territorio e la popolazione che lo abita.

Matteo Pizzolante, Sapeva le forme delle nubi – Exhibition view, KORA – Centro del Contemporaneo, Castrignano De’ greci, 2022-2023 – Courtesy KORA, ph. Alice Caracciolo
Matteo Pizzolante, Sapeva le forme delle nubi – Exhibition view, KORA –
Centro del Contemporaneo, Castrignano De’ greci, 2022-2023 – Courtesy
KORA, ph. Alice Caracciolo

Nei video presenti in mostra il tuo volto si mischia con quello di alcuni tuoi familiari: quanto è per te importante il rapporto con le tue origini e la relazione fra storia pubblica e privata?

Le due videoproiezioni hanno come protagonista il personaggio della Mamà Grande, reso celebre dal romanzo “Cent’anni di solitudine” di Garcìa Marquez. Questa figura femminile (che riassume in sé caratteristiche e comportamenti comuni al Sud-America come al Sud-Italia) assume un ruolo metaforico nel processo di indagine sull’identità del luogo e diventa spunto di riflessione sulla trasformazione dell’identità di genere, dove il rapporto sociale maschile-femminile nel tempo può assumere valori e ruoli diversi.

A tal proposito ho rimodellato digitalmente una serie di visi femminili, per lo più appartenenti a donne della mia famiglia, sui quali ho adattato, come texture, il mio ritratto fotografico. Il risultato è una serie di volti ambivalenti, misteriosi allo stesso tempo, nei quali si riconoscono tratti comuni spesso deformati dal modello di partenza in cui l’identità ha valore sociale. I due lavori presenti in mostra, questo video e quello scultoreo, si uniscono delineando un percorso quasi autobiografico. Doris Lessing nella prefazione alla sua autobiografia Sotto la pelle scrive: “È impossibile mettersi a scrivere di sé senza che alcuni interrogativi retorici tra i più tediosi reclamino attenzione. Primo fra tutti c’è la nostra vecchia amica, la Verità. La verità…quanta ne va detta e quanta no? […] Dire la verità su se stessi, sempre che ci si riesca, è una cosa, ma cosa fare quando si tratta di altre persone?….  Cosa vogliamo e cosa è giusto che rimanga? Chi ci dice che ciò che ricordiamo è più importante di ciò che non ricordiamo più?”. Mi piacciono molto le autobiografie proprio perché mi sembra il genere letterario che più di tutti mette in relazione storia pubblica e privata, e pone in una posizione di responsabilità rispetto a esse.

Nelle tue opere è presente la tecnica della cianotipia: che rapporto hai con questo medium che vive fra pittura, fotografia e memoria?

La tecnica della cianotipia la uso da ormai qualche anno e mi piace per la sua facilità e flessibilità di utilizzo che mi permette di stampare su grandi formati e diverse superfici. Mi interessa inoltre il suo fare in simbiosi con i software di modellazione 3D perché questa commistione mi da la possibilità di lavorare sul corpo dell’immagine digitale. Diventa inoltre un modo per riconfigurare il tempo, creando immagini di difficile collocazione temporale. Ho sempre pensato che questa concezione del tempo, fosse un’eredità delle mie origini pugliesi, un’idea dello scorrere degli eventi che si rifà alla metafisica del mediterraneo e che ho voluto continuare a indagare anche in questo progetto.

Matteo Pizzolante, Sapeva le forme delle nubi – Exhibition view, KORA – Centro del Contemporaneo, Castrignano De’ greci, 2022-2023 – Courtesy KORA, ph. Alice Caracciolo
Matteo Pizzolante, Sapeva le forme delle nubi – Exhibition view, KORA –
Centro del Contemporaneo, Castrignano De’ greci, 2022-2023 – Courtesy
KORA, ph. Alice Caracciolo

Questo contenuto è stato realizzato da Marco Roberto Marelli per Forme Uniche.

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