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I capolavori di Giorgio Morandi all’Estorick Collection di Londra: intervista alla curatrice Alice Ensabella

Giorgio Morandi, Natura Morta, 1936 Giorgio Morandi, Natura Morta, 1936
Giorgio Morandi, Natura Morta, 1936
Giorgio Morandi, Natura Morta, 1936
L’Estorick Collection, unico museo dedicato all’arte moderna italiana in Inghilterra, celebra i suoi 25 anni con una mostra dedicata al grande artista bolognese. Le 50 opere presenti, tra olii, acquerelli e incisioni, provengono dalla Fondazione Magnani-Rocca di Mamiano (Parma), la “villa dei capolavori” del collezionista e musicologo Luigi Magnani. Abbiamo intervistato la curatrice della rassegna, Alice Ensabella, per uno sguardo ravvicinato su Morandi e le sue opere.

Questa mostra si somma a una serie di importanti rassegne dedicate all’artista negli ultimi anni, per non parlare del successo sul mercato dell’arte. Ci aspetta ad inizio autunno l’antologica a Palazzo Reale di Milano, mentre al MAMbo Bologna sono state da poco esposte 27 opere della collezione Catanese. Insomma, cos’hanno di tanto attuale e affascinante le opere di Morandi per il pubblico contemporaneo?

Negli ultimi anni c’è stata sicuramento un’accresciuta attenzione da parte delle istituzioni e del pubblico, incluso il mercato, nei confronti di artisti che utilizzano tecniche più classiche, come pittura e opere su carta. Chiaramente Morandi rappresenta un artista davvero completo da questo punto di vista, avendo padroneggiato tutti questimedia, dall’acquaforte alla pittura. Morandi è poi capace di suscitare interesse e fascino nel pubblico grazie a una straordinaria coerenza. Per tanti anni il suo lavoro è stato un po’ banalizzato, ma di recente la ricerca storiografica sulle sue opere si è decisamente rinnovata. Sono così emerse la potenza e la coerenza di un personaggio che ha saputo rimanere fedele alla sua ricerca in un periodo storico-artistico pieno di trasformazioni. Fu assolutamente attento a ciò che succedeva intorno a lui e conscio del lavoro dei maggiori artisti dell’epoca, nonostante la narrazione che lo dipinge come un eremita nel suo studio di via Fondazza. La sua scelta di focalizzarsi quasi esclusivamente su quei motivi per cui oggi ci è così noto è stata dunque assolutamente consapevole. Ogni tanto la sua arte si fece permeabile a incursioni da parte dei movimenti artistici contemporanei, ma Morandi seppe porre resistenza e rimanere coerente al suo lavoro. Al giorno d’oggi, la velocità e il carattere multiforme della produzione artistica globale ci fanno forse apprezzare di più le opere di un creatore così tutto d’un pezzo.

Giorgio Morandi, Autoritratto (1925). Foto dell'autore
Giorgio Morandi, Autoritratto (1925). Foto dell’autore

Le 50 opere esposte a Londra sono ancora più speciali perché rappresentano il corpus costruito da un grande collezionista, Luigi Magnani, che Morandi conosceva personalmente. Ci potresti parlare del loro rapporto?

È un rapporto che nasce durante la Guerra, nel ’40-’41, in un momento particolarmente simbolico perché si situa all’inizio dell’avventura collezionistica di Luigi Magnani. L’amicizia trai due nasce grazie all’intermediazione di Cesare Brandi e si sviluppa fin da subito in maniera naturale. Fin dai primi scambi si nota tra loro un’affinità di spirito. Magnani sottolineava spesso di essere molto affezionato al Morandi artista, ma anche e soprattutto al Morandi uomo. Era proprio la personalità dell’artista bolognese, che poi vediamo riflessa nella sua opera, ad averlo tanto affascinato. La preziosità di questa collezione risiede soprattutto nel suo essere costituita per la maggior parte da doni dell’artista. Morandi sceglieva infatti con grande cura i suoi collezionisti: il fatto che Magnani fosse il destinatario primo di queste opere lascia intendere la profondità del rapporto che c’era trai due, fatto di reciproca stima e confidenza.

Quali sono 3 opere che sanno racchiudere lo spirito di questa mostra?

La prima è sicuramente la Natura morta con strumenti musicali. Fu la prima ed unica commissione realizzata da Morandi e rappresenta l’inizio del loro rapporto. L’episodio è raccontato nel libro “Il Mio Morandi” che Magnani scrisse nell’82.Ecco la storia dietro al dipinto: Luigi Magnani si recò in via Fondazza per la prima volta all’inizio del ’41 e portò con sé un gruppo di strumenti musicali molto preziosi, richiedendo a Morandi di farne una natura morta. Morandi accetta timidamente la richiesta e in poche settimane realizza un dipinto che c’entrava poco o nulla con la sontuosità degli oggetti forniti da Magnani. Aveva infatti sostituito gli strumenti originari con altri di carattere molto più umile, trovati in un mercatino dell’usato. Magnani si rese conto a quel punto di non aver ancora compreso il modus operandi dell’artista che risiedeva soprattutto nello studio di oggetti semplici.

Una seconda opera da segnalare è l’acquaforte conZinnie in un vaso, la prima regalata da Morandi a Magnani, con tanto di dedica a matita. È un’acquaforte fuori stampa, ma soprattutto è un mazzo di fiori, come se si trattasse di un dono a un amico che ci ospita.

L’ultima opera è la Natura morta metafisica, acquistata all’asta da Magnani negli anni ’70. Fu una delle ultime acquistate, dopo la morte dell’artista. È un’opera che si situa tra l’inizio e la fine dei dipinti in mostra, tra le prime tele degli anni ’20 e l’ultima opera del ’63. È un pezzo molto raro ed è statoscelto per finire il puzzle, come se il collezionista volesse completare la sua raccolta con questo tassello fondamentale nella produzione dell’artista. Oltre ad essere un’opera molto bella ha anche un importante valore simbolico.

Giorgio Morandi, Natura morta metafisica (1918). Foto dell’autore

L’Estorick Collection presenta una grande collezione di opere da Modigliani a Boccioni a De Chirico. Come si situa Morandi nella traiettoria dell’arte italiana del ‘900?

Morandi si mosse in maniera sì parallela, ma di certo attenta alle novità artistiche. Soprattutto negli anni della giovinezza ci sono alcuni tentativi di movimento vicini al cubismo e al futurismo, ci fu una stagione metafisica, testimoniata dalla Natura morta metafisica qui in mostra, poi anche qualche tentativo di inserire la figura umana… Certamente verso la fine sembrò avvicinarsi all’astrazione, come testimoniato dagli acquerelli degli ultimi  anni. Il critico Francesco Arcangeli fece un parallelo con le opere di Rothko, ad esempio. Nonostante queste contaminazioni, la sua arte ne rimase globalmente separata. A livello internazionale, ebbe maestri come Chardin e Cezanne che ne influenzarono lo stile pittorico e le scelte cromatiche. Negli anni ’50 si verificò poi una maggiore attenzione alla materia che non può non far pensare alle ricerche pittoriche coeve italiane e francesi.

Tra le due guerre è anche stato definito un artista dello Strapaese, come se queste palette e nature morte testimoniassero una certa italianità di fondo. Quest’etichetta gli è poi rimasta anche dopo, facendo si che agli inizi venisse considerato provinciale. Fortunatamente adesso il suo valore è stato ampiamente riconosciuto.

La grande mostra di Cezanne alla Tate invita un dialogo trai due artisti, a parte i motivi comuni delle indimenticabili nature morte e dei paesaggi, cosa avvicinava  questi maestri del ‘900?

Quando abbiamo organizzato la mostra con Roberta Cremoncini (direttrice dell’Estorick Collection, ndr.) non si era ancora al corrente di questa retrospettiva alla Tate. È stata una bella coincidenza scoprire che ci sarebbe stato un importante gruppo di opere di Morandi in dialogo virtuale con uno dei suoi maestri. Tra l’altro, lo stesso collezionista Luigi Magnani aveva già effettuato questo accostamento tra le opere dei due maestri, riservando le pareti del suo studio agli acquerelli dei due.

Il punto che più li accomunava fu questa ricerca dello spazio sintetico e il forte lavoro sui volumi, anche se chiaramente Cezanne andò più in là nella sintesi. Morandi tentò di seguirlo, spingendo oltre il suo approccio nel periodo cubo-futurista, abbandonando però molto presto questo tentativo e rimanendo fedele alle forme. I suoi oggetti ci appaiono quindi fuori dallo spazio e dal tempo, frutto di un percorso originale, certamente memore ma non imitatore del maestro di Aix.

Giorgio Morandi, Natura morta con strumenti musicali (1941). Foto dell'autore
Giorgio Morandi, Natura morta con strumenti musicali (1941). Foto dell’autore
Giorgio Morandi, Natura morta (1936). Foto dell'autore
Giorgio Morandi, Natura morta (1936). Foto dell’autore
Installation view. Foto dell’autore
Installation view. Foto dell’autore

Giorgio Morandi: Masterpieces from the Magnani-Rocca Foundation

6 January 2023 – 30 April 2023

Estorick Collection of Modern Italian Art, 39A Canonbury Square, London

https://www.estorickcollection.com/exhibitions/giorgio-morandi-masterpieces-from-the-magnani-rocca-foundation

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