Pierre-Auguste Renoir: l’alba di un nuovo classicismo racconta le fase successive al periodo impressionista di Renoir, per cui l’artista è principalmente noto. Curata da Paolo Bolpagni, l’esposizione è a Palazzo Roverella di Rovigo dal 25 febbraio al 25 giugno 2023.
Di Pierre-Auguste Renoir conosciamo alla perfezione il lato impressionista, ma a ben guardare non è stato che una parentesi. Un’introduzione al mondo artistico, un’ouverture che l’ha poi condotto a esiti differenti. Dalla joie de vivre delle scene di divertimento della borghesia parigina degli anni Settanta, Renoir passò negli anni Ottanta a uno stile aigre, aspro. Il pittore, allora poco più che quarantenne, recuperò un tratto nitido e un’attenzione alle volumetrie e alla monumentalità delle figure, nel segno di una sintesi che enucleò una personale forma di classicismo. Ma cosa è accaduto nel mezzo?
Tra gli altri accadimenti, soprattutto, un viaggio in Italia. Era il 1881 e Renoir inizia un tour per il Belpaese. La prima tappa fu Venezia, dove a colpirlo furono soprattutto Carpaccio e Tiepolo (mentre già conosceva bene Tiziano e Veronese, ammirati e studiati al Louvre); poi Padova, Firenze e soprattutto Roma. Qui Renoir fu travolto dalla forza della luce mediterranea e sviluppò un’ammirazione per i maestri rinascimentali. Un’ulteriore tappa del viaggio fu il golfo di Napoli, con le pitture pompeiane, la bellezza dell’isola di Capri e quella dei capolavori antichi esposti nel museo archeologico. Infine Palermo, dove incontrò Richard Wagner, che ritrasse in un’opera divenuta famosa (nonostante il compositore gli concedette soltanto quarantacinque minuti di posa).
Il viaggio fu quindi foriero di una sorta di rivoluzione creativa per l’artista, riverberandosi sul prosieguo della sua produzione. Che culminerà, di fatto, nell’abbandono della tecnica e della poetica impressioniste, che avvenne prima dell’ufficiale scioglimento del sodalizio nel 1886.
Un’ulteriore evoluzione sovviene nei primi due decenni del Novecento. Renoir in questa fase si indirizzò verso uno stile neo-rinascimentale, dove i toni caldi e scintillanti mutuati da Tiziano e da Rubens si coniugavano con i riferimenti a un’iconografia mitica e classicheggiante e con un’esaltazione della poetica degli affetti familiari. Mentre iniziavano a imperversare le novità delle avanguardie, Renoir anticipava in tal modo vari aspetti del rappel à l’ordre, il ritorno all’ordine.
La mostra Pierre-Auguste Renoir: l’alba di un nuovo classicismo si concentra dunque sulla seconde due fasi della carriera di Renoir, dal ritorno dal viaggio in Italia sino alle opere della vecchiaia. Dapprima evidenziando vicinanze e tangenze con Giuseppe De Nittis, Federico Zandomeneghi, Giovanni Boldini e Medardo Rosso, italiani attivi a Parigi. E poi ponendo in risalto l’originalità di una produzione che non fu affatto attardata, ma che costituì uno dei primi casi quella “moderna classicità” che sarebbe stata perseguita da numerosi artisti degli anni Venti e Trenta, in maniera speciale in Italia, con scultori quali Marino Marini e Antonietta Raphaël (affiancate alla Venus Victrix di Renoir del 1916), e pittori come Armando Spadini, Carlo Carrà, Giorgio de Chirico, Arturo Tosi, Filippo de Pisis, Luigi Bartolini, Enrico Paulucci.