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La caducità del cemento: l’Accademia di Belle Arti di Bologna si interroga sulle sfide del suo restauro

Lino Tinè, “Tinè 1965”, Casa Museo Romeo Brindisi di Comacchio
Lino Tinè, “Tinè 1965”, Casa Museo Romeo Brindisi di Comacchio

Io che prendo il sole a Torino di Alighiero Boetti, le opere monumentali di Giuseppe Uncini, il Grande Cretto di Gibellina di Alberto Burri, lavori iconici di Donald Judd e Sol LeWitt, il Goetheanum e la Sagrada Familia fin nei loro più piccoli elementi decorativi, giungendo a opere recentissime, come Les racines poussent aussi dans le béton di Kader Attia, sono solo alcuni esempi che testimoniano come il cemento sia un protagonista della ricerca artistica contemporanea, materiale che dopo oltre un secolo di sperimentazione impone oggi nuove sfide per la sua conservazione.

Tra i materiali inclusi in tempi relativamente recenti nella produzione artistica, l’apparenza forte e imperitura del cemento nascondono, infatti, una fragilità con cui artisti, restauratori e architetti si stanno oggi confrontando. L’Accademia di Belle Arti di Bologna in collaborazione con il Gruppo Italiano dell’International Institute for Conservation (IGIIC) dedica l’ottava giornata di Studio sul restauro del Contemporaneo, proprio a questo materiale:  Il cemento come espressione artistica e le malte adesive di supporto. Approfondimenti e riflessioni su creazione e conservazione dell’arte contemporanea”, che si terrà oggi, 3 febbraio, nell’Aula Teatro, e i cui posti sono andati rapidamente esauriti all’apertura delle iscrizioni (qui potete trovare il programma completo). Nel comitato scientifico Graziella Accorsi, Lorenzo Appolonia, Giorgio Bonsanti, Giovanna Cassese, Andrea Del Bianco, Augusto Giuffredi, Antonio Rava, Camilla Roversi Monaco, Elena Spoldi, Lucia Vanghi.

Il convegno fa parte del ventaglio di proposte con cui la Scuola di Retauro delll’Accademia connette studenti, studiosi, artisti, restauratori e altre figure di settore collocandosi così tra le eccellenze formative del panorama italiano, oltre che per la qualità degli insegnamenti, anche per essere riuscita a stringere collaborazioni che permettono ai suoi studenti di iniziare a fare esperienze lavorative ad alti livelli già durante il periodo di studi, garantendo loro un tasso di occupazione al vicino al 100% all’uscita dall’accademia.

Abbiamo raggiunto Camilla Roversi Monaco, restauratrice e docente dell’Accademia di Belle Arti di Bologna, che ha coordinato l’organizzazione dell’ottava giornata di Studio sul restauro del Contemporaneo, per saperne di più.

Una lezione alla Scuola di Restauro dell’Accademia di Belle Arti di Bologna. Courtesy ABABO

SC: Come si collocano questa giornata di studi e il suo tema nel panorama italiano? 

CRM: «I convegni sul restauro del contemporaneo in ambito italiano ancora oggi non sono molti, tanto che la prima giornata del 2016 non aveva un tema specifico perché già era significativo trattare il tema in generale. Già dal secondo anno ci siamo resi conto che bisognava puntare su argomenti specifici: il numero dei partecipanti, nonché l’alto profilo dei relatori hanno subito confermato che abbiamo seguito la via giusta. Senz’altro merita ricordare il Convegno sul restauro dei Materiali Fotografici e quello sulle Installazioni, ma tutti si sono rivelati molto interessanti, appunto perché sono temi poco trattati».

SC: Può darci un rapidissimo quadro storico dell’utilizzo del cemento nell’ambito delle arti visive e decorative contemporanee? Quando si inizia a comprenderne le criticità e quanto è diffuso nella produzione di oggi? 

CRM: «Il “cemento”, e sotto questo nome vanno considerati numerosi materiali anche molto diversi tra loro per composizione (addirittura alcuni tipi di Eternit), nasce alla fine del XIX per essere utilizzato in edilizia, ma viene sperimentato in campo artistico fin dall’inizio del XX secolo. Inizialmente viene scelto per decorare superfici dell’architettura per poi essere utilizzato come mezzo scultoreo fino ad arrivare al suo utilizzo come supporto primario di altre tecniche e come materia principale, in particolare dagli anni Cinquanta-Sessanta. Alcuni artisti lo scelgono tuttora come mezzo espressivo ma non è usato di frequente come in passato, perché già dagli anni Settanta-Ottanta si sono riscontrate delle criticità».

SC: Perché avete deciso di dedicare una giornata di studi a questo materiale? Quali sfide pone a livello di conservazione e restauro? Quali figure professionali interverranno?

CRM: «Con questo incontro si vuole evidenziare la valenza artistica di questo materiale, spesso assimilato a quello dell’edilizia, e interrogarsi su una sua specificità conservativa autonoma perché è un prodotto che subisce forme di degrado differenti rispetto ad altri elementi lapidei di sintesi. La giornata di studio cercherà di fare il punto anche sulle malte adesive di supporto base cementizia e impiegate per opere tridimensionali, la cui durata dipende spesso proprio dalle caratteristiche di tali materiali.
Interverranno restauratori di enti pubblici e privati, storici dell’arte, professionisti che operano in ambito scientifico e soprattutto, senz’altro uno dei momenti più interessanti, alcuni artisti che utilizzano o hanno utilizzato il cemento si confronteranno in una tavola rotonda».

SC: Il vostro convegno è rivolto anche all’uso del cemento negli elementi architettonici decoratici. Come cambiano – se cambiano – gli interventi di restauro quando sono strettamente connessi all’architettura?

CRM: «Tema delicato, questo. Purtroppo spesso agli elementi decorativi, nell’ambito di un grande cantiere, non vengono dedicate le dovute attenzioni, questa tendenza è ancora più marcata se si parla di elementi in cemento. Naturalmente ci sono delle virtuose eccezioni».

SC: Può farci un esempio o due di opere in cemento che avete restaurato o su cui state lavorando? (in questo caso fa riferimento alla Scuola di Restauro dell’Accademia)

CRM: «Primo tra tutti il recupero degli esterni dell’edificio ideato da Farpi Vignoli per l’allora Liceo Artistico e per il Teatro dell’Accademia di Bologna dove, guarda caso, si terrà il convegno.
Tra i tanti merita ricordare l’opera, che poi è l’immagine guida del convegno, di Lino Tinè Tinè 1965 di proprietà della Casa Museo Romeo Brindisi di Comacchio, realtà per la quale, da anni curiamo la conservazione programmata delle opere».

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