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Senza radici. Carlo Cecchi è il “santo bevitore” al Teatro Franco Parenti

Carlo Cecchi al Teatro Franco Parenti Carlo Cecchi al Teatro Franco Parenti
Carlo Cecchi al Teatro Franco Parenti
Carlo Cecchi al Teatro Franco Parenti

La straziante dispersione della vita di Joseph Roth nel racconto del 1939 portato in scena da Carlo Cecchi per la regia di Andrée Ruth Shammah

Un uomo, un bevitore, estraneo a ogni collocazione sociale, senza radici e senza successori. Un uomo che segue immagini e ricordi, disponibile a tutto ciò che incontra. Ne “La leggenda del santo bevitore” di Joseph Roth, racconto scritto nel 1939 e portato in scena da Carlo Cecchi per la regia di Andrée Ruth Shammah, troviamo tutta la straziante dispersione della vita di Roth. E soprattutto dei suoi ultimi anni di vita, quando, proprio a Parigi, trovava una suprema, ultima lucidità nell’alcol. Il senso di non avere collocazione sociale, né radici, né successori, è il mood che da un senso di angoscia a noi spettatori. Ma quest’angoscia è solo il risultato di una piena presenza del personaggio e quindi dell’attore, del “qui e ora” di ciò che ricorda e di ciò che gli succede.

Chi meglio quindi di un’icona tradizionale e pop nello stesso tempo del mondo della recitazione come Carlo Cecchi può raccontare – fino al 19 febbraio a Milano, al Teatro Franco Parenti – la vita di Andreas, in nostro protagonista? Lui, Carlo Cecchi, che ha fondato la sua vita sul palcoscenico nella ricerca dell’istante e della presenza, e nello stesso tempo usando il distacco e l’ironia. Utilizza interiormente il distacco della terza persona, rendendo quello che dice invece reale e quindi vero. Accade tutto, semplicemente perché lui sta in ciò che dice. Fortemente densi e coerenti con la tridimensionalità del racconto l’adattamento drammaturgico e la regia di Andrée Shammah.

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