Emanuela Barilozzi Caruso si racconta in questa intervista che apre la nostra rubrica-focus sull’arte diffusa a Palermo, che nei prossimi mesi ci porterà ad incontrare voci, spazi e iniziative, indagando l’avanguardia della città
Emanuela Barilozzi Caruso è nota per una lettera- manifesto intitolato provocatorio In lotta contro l’Apocalisse culturale (2022), denunciando coraggiosamente la strumentalizzazione degli artisti indipendenti da parte delle associazioni no-profit e operatori del settore che chiedono progetti, opere a costo zero, inclusi i trasporti e pongono condizioni imbarazzanti ai partecipanti di mostre diffuse dal nord al sud Italia. L’artista – come un folletto – sembra uscita fuori da una Graphic Novel di Gipi o Zerocalcare; vulcanica, si è laureata in pittura all’Accademia di Brera, ha studiato recitazione e cinema a Roma e ha viaggiato qua e là per l’Europa grazie a residenze d’artista. Il suo lavoro comprende fotografia, disegno, installazioni, progetti editoriali e perfomance, basato su intuizioni personali, determinazione e collaborazioni con altri autori e collettivi di artisti. Emanuela Barilozzi Caruso è la “voce” che chiede più “arte viva” a Palermo, con azioni spiazzanti.
Cosa ci fa una romana, che ha frequentato il corso di Alberto Garutti l’Accademia di Brera a Milano a Palermo?
Fuggita a gambe levate da VIR Viafarini in residence, mi sono ritrovata prima in residenza a Noto, poi subito dopo, su invito, in un altro progetto a Palermo: parliamo di Gennaio e Febbraio 2020
Per quali motivi hai scelto di vivere a Palermo in seguito ai tuoi nomadismi esistenziali in altre città europee?
Ovviamente per amore.
Il tuo lavoro s’inserisce nella cosiddetta Arte relazionale – teorizzata da Nicolas Bourriaud a metà degli anni’90 – una forma d’arte che prevede la partecipazione del pubblico alla costruzione o definizione dell’opera, già partecipativa dagli anni’60, con una svolta dichiaratamente sociale e impegnata nella riappropriazione dei luoghi a misura d’uomo. Come definiresti la tua ricerca e quali sono gli obiettivi che ti poni?
Per me l’arte non è relazione, è rapporto. Una profonda ricerca che ha a che fare con il latente e l’irrazionale: due caratteristiche distintive degli esseri umani. Una ricerca libera, autentica, disinteressata e priva di obiettivi.
Mi farebbe piacere essere ricordata, un giorno, come una che faceva le cose per niente.
La Ferramenta Fiore – nata nel 1860, un anno prima dell’unità d’Italia- in Piazza Carini, al Capo, è un pezzo di storia di Palermo destinato a scomparire con la sua imminente chiusura, con il progetto IL MONDO hai raccolto 1295 euro per un addio speciale su GoFoundMe per organizzare una festa (17 dicembre alle12), con l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica e le autorità locali a cambiare idea, a che punto sei e come intendi continuare ad opporti all’ingiustificabile chiusura della bottega e in generale contro la gentrificazione dei luoghi urbani?
Temo sia giunto il triste momento di elaborare la separazione: causa troppi muri invalicabili. Salvare la ferramenta Fiore è un atto d’amore puro, condiviso, e come tale, possibile solo se privo di interessi personali, cioè utopico. Ho fatto tutto quello che era in mio (artistico) potere: aver costruito una bellissima amicizia col sig.Giovanni, utile a chiarirgli un fatto importante: è un uomo con un grande cuore che è stato in grado di realizzare il suo sogno e la chiusura della bottega non è una sua sconfitta.
Quali sono i progetti che stai sviluppando in questo periodo e che strumenti utilizzi?
È ongoing un esperimento analog-digitale, Il Lusso Del Superfluo o Super Fluo, con una collega di Firenze; un’opera “estremamente pubblica” di cui non posso rivelare nulla al momento; un progetto culturale “estremamente intimo” e coraggioso; l’uscita di una collana di libri d’arte. Tutte collaborazioni magnifiche.
Come riesci a “fare rete ”a Palermo per condurre a buon fine i tuoi progetti, in una città in cui l’arte contemporanea non trova nessun sostegno da parte dell’amministrazione pubblica?
Attraverso la personale “teoria dei semini”. E nel seminare sono semplicemente me stessa: nonostante tutto le persone sono affamate di onestà e coerenza, elementi distintivi della mia vita, del il mio lavoro e del mio caratteraccio.
Manifesta Palermo 2022, la Biennale nomade che diffuso le opere di arte contemporanea site-specific in diverse sedi della città, quale eredità ha lasciato secondo te?
Impronte sulla sabbia che il mare ha subito lavato via, lasciando sul bagnasciuga le solite tracce del solito colonialismo ipocrita che non ha portato a nulla, solo altro vuoto di cui lamentarsi.
Nel tuo lavoro che importanza hanno i social media e come li utilizzi ?
I social sono un esperimento fallito, il sintomo inconfondibile di una società che non sta bene e chiede aiuto: motivo per cui è impossibile dargli una qualche importanza che vada oltre l’osservazione di questo dato di realtà. Li utilizzo con finalità romantica, cioè quella di comunicare a chi è lontano. Spero comunque che un giorno tutto ciò sparisca dalle nostre vite, facendo spazio a qualcosa che ci corrisponda (profondamente) di più.
Vivi del tuo lavoro o fai altro per finanziare i tuoi progetti ?
Sopravvivo del mio lavoro avendo fatto sempre questo e non sapendo fare davvero altro.
Lavori con gallerie o sei assolutamente indipendente da pachidermici sistemi legati al sistema dell’arte?
Ho scelto l’indipendenza, mentale e fisica.
Dopo il Covid siamo tutti profondamente cambiati, anche il concetto di “relazione” ha assunto nuovi significati, tu come hai reagito alla clausura forzata del 2020?
Bene, ho reagito bene, sia come persona che come artista. Merito di un’identità sana su cui ho precedentemente investito e lavorato parecchio.
Tra i progetti che hai fatto in questi tre anni di vita a Palermo, quali consideri più socialmente impegnati e in dialogo con il territorio?
Broccoli, Il Sole L’Uragano, Senzazioni, Il Lusso del Superfluo o Super Fluo, In Lotta Contro L’Apocalisse Culturale, Donna che guarda l’infinito, Il Mondo, le reputo tutte opere umanamente partecipate. MMD – Made My Day, la festa di beneficienza per i bambini dello Zen, che ha come sfondo la cattura del boss Matteo Messina Denaro, insieme al collettivo F.A. e che si svolgerà il prossimo 26 Febbraio, ecco sí, questo si può considerare un progetto socialmente impegnato.
Sei aperta a collaborazioni con altri artisti o autori di discipline diverse, trovi sempre una immediata condivisione di progetti avviati o no?
Collaborare è una dimensione che ora più che mai sento decisiva, fatta salva la sana solitudine, indispensabile alla riuscita di qualunque tipo di ricerca, non solo artistica. Sì, con coloro con cui condivido lavori e visioni è sempre una specie di colpo di fulmine.
Sei curatrice delle tue mostre e progetti, quindi non credi nel valore aggiunto di un critico d’arte o curatore, perché?
È davvero un’impresa trovare professionisti indipendenti, non so se mi spiego. Sono tutti sotto padrone difficilmente in grado di avere un pensiero originale, aperto, audace.
Oggi per fare l’artista bisogna essere ricco di famiglia?
Bah non mi sembra che i primitivi fossero materialmente ricchi, eppure…
Quali opere realizzate da maestri del passato avresti voluto creare?
Sicuramente sarebbe stato pazzesco essere l’assistente di Picasso quando realizzò Guernica.
C’è futuro per l’arte contemporanea a Palermo al di fuori di circuiti tradizionali ?
Quali circuiti tradizionali [ride, ndr]?!