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“The Seven Circuits of a Pearl”. Il viaggio avventuroso, e doloroso, di Ioanna Sakellaraki

Ioanna Skelleraki, un'immagine dell'Oceano Indiano con perle australiane integrate che appaiono sulle onde che si infrangono Ioanna Skelleraki, un'immagine dell'Oceano Indiano con perle australiane integrate che appaiono sulle onde che si infrangono
Ioanna Sakellaraki, un'immagine dell'Oceano Indiano con perle australiane integrate che appaiono sulle onde che si infrangono
Ioanna Sakellaraki, un’immagine dell’Oceano Indiano con perle australiane integrate che appaiono sulle onde che si infrangono

Nasce una nuova ambiziosa collaborazione tra due magazine che da anni si occupano di arte e cultura. Black Camera atterra su ArtsLife con una nuova sezione totalmente dedicata alla fotografia e alla cultura delle immagini.

Artista visiva e ricercatrice greca, Ioanna Sakellaraki racconta con la fotografia storie che hanno come filo conduttore le perle

Le perle, sin dall’antichità, sono considerate oggetti preziosismi e per questo motivo annoverati tra gli emblemi di potere e ricchezza. L’origine stessa della parola si perde tra il greco antico, l’arabo e il sanscrito. A testimonianza di come questo piccolo oggetto faccia parte della cultura di moltissimi popoli. Simbolicamente legata alla luna, all’acqua e alla donna, la perla rappresenta il cuore del principio Yin, e la forza creatrice delle donne.

Ioanna Sakellaraki, artista visiva e ricercatrice greca, nel suo progetto “The Seven Circuits of a Pearl”, che in italiano si traduce in “I sette percorsi di una perla”, ci racconta una, e più storie, che hanno come filo conduttore proprio le perle. Lo sfondo è quello della seconda metà dell’ottocento, quando l’industria australiana delle perle vive il suo massimo splendore. I protagonisti sono aborigeni, esploratori, pirati, naufragi, potenti cicloni, morte, ricchezza, segreti e potere. La storia, geograficamente, si sviluppa nelle isole dello Stretto di Torres, nel Far North Queensland, e prosegue sulla costa dell’Australia Occidentale. Dove per secoli gli abitanti di queste terre lontane hanno custodito, e successivamente condiviso, il fascino e il mistero delle perle e delle conchiglie come oggetti di desiderio personale. Affrontando le impervie acque dell’Oceano alla ricerca di questo tesoro; che a differenza delle pietre preziose, è il prodotto di animali viventi.

Ioanna Sakellaraki. Questa immagine parla delle proprietà ottiche delle perle dovute alla riflessione e alla rifrazione della luce e si collega a gran parte del mio lavoro sull'enigma e sulla visione, sulla luce e sulla conoscenza, che vengono ulteriormente esplorate attraverso le mie opere a tecnica mista con il motivo ripetitivo dell'"occhio" e dello "sguardo" in alcune immagini
Ioanna Sakellaraki. Questa immagine parla delle proprietà ottiche delle perle dovute alla riflessione e alla rifrazione della luce e si collega a gran parte del mio lavoro sull’enigma e sulla visione, sulla luce e sulla conoscenza, che vengono ulteriormente esplorate attraverso le mie opere a tecnica mista con il motivo ripetitivo dell'”occhio” e dello “sguardo” in alcune immagini

Una macchina del tempo

Si potrebbe pensare che sia tutto finito qui, ma come si evince dal titolo questo è solo uno dei percorsi; come in una macchina del tempo veniamo, improvvisamente, catapultati nel presente. Ioanna Sakellarakis, seguendo gli archivi per ricostruire le tappe dei viaggi delle perle, si ritrova a sbirciare negli archivi personali di suo padre, deceduto da tempo, ex marinaio ed ingegnere navale: “Spinta dalla curiosità e affascinata dal ritrovamento dell’immagine di una donna con una collana di perle, inizio il viaggio verso la dolorosa scoperta dell’ex moglie di mio padre e madre di un fratellastro che non ho mai conosciuto.”

Il corpus narrativo del progetto visivo riprende, allegoricamente, l’archetipo del labirinto cretese a sette anelli come modello per intersecare le diverse storie. La fotografia, come il labirinto, rappresenta lo strumento per scandagliare le viscere della storia collettiva-individuale. “Disastri marittimi, testimonianze archeologiche, personali e scomparse diventano il filo conduttore tra materiali visivi e testuali provenienti da collezioni museali, diari, diari e memorie ricercati e ulteriormente re immaginati attraverso le opere a tecnica mista prodotte, con l’obiettivo di creare uno spazio di interrelazione tra i frammenti di una narrazione più ampia che progredisce da una risoluzione investigativa a una più metaforica ed esoterica.”

"Ioanna

Fluidità e speditezza

Ioanna Sakellaraki, come l’eroe Teseo, decide di affrontare un viaggio, quasi, iniziatico in cui si scontra con un nemico potente quanto il Minotauro, la realtà. Il suo linguaggio fotografico, evocando la fluidità e la speditezza dei pensieri, segue associazioni non sempre lineari e molto simili al movimento di una spirale che tenta di avvicinarsi, gradualmente, alla decifrazione dell’enigma ricorrente: perché?

Ioanna Sakellaraki (nata nel 1989) è un’artista visiva e ricercatrice greca che lavora attualmente in Australia e in Europa. Il suo lavoro indaga il rapporto tra memoria culturale collettiva e finzione. Ponendo l’accento sull’oggetto fotografico, sul processo e sull’incontro, esplora i confini di una visione primitiva e futuristica di luoghi e persone. Recentemente le è stata assegnata una borsa di studio per il dottorato di ricerca in arte, dopo aver conseguito un master in fotografia presso il Royal College of Art.

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Student Photographer of the Year

Ha ricevuto il premio The Royal Photographic Society Bursary Award 2018. Ed è stata nominata Student Photographer of the Year dai Sony World Photography Awards 2020. Nel 2019 è stata premiata con il Reminders Photography Stronghold Grant a Tokyo e con l’International Photography Grant Creative Prize. Tra le candidature figurano: l’Inge Morath Award della Magnum Foundation negli Stati Uniti, il Prix HSBC, il Prix Levallois e il Prix Voies Off in Francia.

Il suo lavoro è stato esposto a livello internazionale in festival e gallerie d’arte, con recenti mostre personali a Tokyo, Belfast, Braga e Berlino. I suoi progetti sono stati pubblicati su riviste come The New Yorker, TIME, Aesthetica e Wallpaper e su giornali come The Guardian, Financial Times e Deutsche Welle. È stata invitata come relatrice presso la Martin Parr Foundation e il London Institute of Photography. La sua monografia “The Truth is in the Soil” è pubblicata da GOST Books.

 

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