DRAGON è la mostra site-specific di Nicholas Polari, curata da Ilaria Leonetti, proposta all’interno di un postoIMPOSSIBILE, stagione espositiva di spazioSERRA in cui gli artisti selezionati astraggono la propria esperienza da uno spazio fisico a un “altrove” incollocabile, attraverso un dialogo continuo tra interno/interiore ed esterno/esteriore. La mostra è fruibile fino a mercoledì 1 marzo 2023 presso la stazione Lancetti del Passante ferroviario di Milano.
Abbiamo intervistato artista e curatrice per farci raccontare il progetto, ne è nata una conversazione dove si parla di draghi, di rally, e di presente accelerato.
Partiamo dalla domanda più ovvia, perché il drago?
Nicholas: La figura del drago è stata molto semplice da immaginare nel momento in cui ho iniziato a lavorare al progetto. La macchina da corsa mi sembrava un mostro, sputa fiamme – letteralmente, dallo scarico di una vettura escono delle fiamme, e in egual modo i dischi freno diventano incandescenti e prendono fuoco – e produce rumori gutturali a causa del motore. Da lì l’associazione al drago.
Tu sei un appassionato di rally?
Nicholas: No, però mio fratello è un pilota, corre nei rally e sono sempre andato a tifare per lui. Non mi considero un appassionato, però a livello affettivo è un tema a cui sono legato.
Il progetto nasce perché un giorno mi ha chiesto di prendere delle note, il linguaggio che si usa per le gare, e quando l’abbiamo fatto assieme mi sono reso conto che gli stavo leggendo il futuro. Da qui ho capito che la questione mi interessava.
Il focus del progetto è stato subito il rapporto tra pilota e copilota, un tema che non viene considerato nel rally, perché l’attenzione è sempre sulla performance pura e il risultato. Questi aspetti, che io trovo e ho trovato interessati, sono considerati automatismi che servono a raggiungere un determinato risultato.
Il livello di empatia tra pilota e navigatore deve essere altissimo: il copilota legge le note, non guarda neanche la strada. Lui percepisce a che punto del tracciato si trova la macchina sulla base di come si muove il suo corpo sul sedile. Non riesce ad avere una visione di ciò che accade davanti a lui, la fiducia quindi è massima da parte di entrambi. È un rapporto speciale, per questo chi corre lo fa sempre con lo stesso navigatore.
Ilaria, cosa ti colpisce del lavoro di Nicholas?
Ilaria: Mi piace come riesce a parlare di argomenti molto vasti con i suoi lavori, spesso tratta questioni che interessano chiunque.
In questo caso, quando mi ha parlato del lavoro, l’ha fatto in modo molto scherzoso, ma più approfondivamo più era evidente che c’era anche altro.
Avere sempre l’ansia della performance, dover sempre essere i migliori, fare più cose possibili, questo è il cuore del lavoro. La velocità della macchina si riflette nel quotidiano.
Inizialmente Nicholas non si rendeva neanche conto fino in fondo del motivo per cui stava facendo quel tipo di ricerca. Poi, parlando, è emersa da parte sua la preoccupazione di non riuscire a essere sufficientemente performante, di dover concludere per forza sempre più progetti e sempre migliori dei precedenti, etc. Questa è una sensazione che condivido anche io nel mio lavoro.
Credo sia una sensazione comune a molte persone, il desiderio di essere sempre al 100%, perché se non sei performante sembra sempre che tu ti stia perdendo qualcosa.
Ilaria: Assolutamente, per questo prima ti dicevo che Nicholas è capace di trattare temi trasversali con le sue opere.
La relazione tra pilota e copilota mi ha ricordato quella tra artista e critica, come si è sviluppato il rapporto tra di voi?
Nicholas: Avevo già parlato a Ilaria di questo progetto e le era piaciuto molto, per cui, quando c’è stata l’opportunità di lavorare con spazioSERRA, è stato naturale coinvolgerla. Lei ha colto subito i concetti dietro al lavoro, soprattutto legati al legame pilota/copilota. È interessante vedere come questo legame che c’è nel rally si sia riproposto in fase progettuale.
Ilaria: Io e Nicholas siamo amici prima di tutto, quindi è stato facile lavorare con lui. Anche per me la sinergia tra pilota e copilota è stata coinvolgente, proprio per la suggestione del rapporto tra artista e critica. Lui mi ha raccontato del progetto che era ancora in fase embrionale, abbiamo lavorato al suo sviluppo assieme e poi anche alla mostra. Per farti un esempio pratico, lui all’inizio aveva concepito il video solo con gli estratti delle camera car, mentre io non lo trovavo abbastanza impattante: anche la resa finale del video, che include frame in cui il drago si prepara alla corsa, nasce da una conversazione che abbiamo avuto. È stato un dialogo continuo.
Come vi siete approcciati allo spazio?
Nicholas: La struttura architettonica è la prima cosa che mi ha colpito perché mi ricordava l’abitacolo di un’auto da corsa. Nelle macchine ci sono i roll-bar: strutture d’acciaio tubolari che servono a proteggere pilota e copilota; e spazioSERRA è una struttura ottagonale in vetro e acciaio.
Anche il luogo dove si trova è di per sé interessante, perché è una stazione, un luogo di scambi di flussi, dove la gente passa e non guarda cosa c’è intorno, perché è focalizzata solo sull’idea di transitare il più in fretta possibile. Era estremamente pertinente con la tematica della velocità che io stavo sviluppando nel progetto.
Ilaria: La particolarità di maggior interesse per noi è che spazioSERRA si trova in un luogo di passaggio, ed è trasparente, le persone possono guardare attraverso la sua struttura. Questo rende lo spazio quasi un tutt’uno con il contesto, da qui la scelta di lasciare più respiro e caricarlo il meno possibile. La presenza di un video che parla di velocità in una stazione ci sembrava già abbastanza.
Le sculture in che modo si legano al video, e viceversa?
Nicholas: All’interno dello spazio si viene a formare una sorta di Stargate, che invita lo spettatore a compiere questa corsa. All’interno della metafora, come la macchina diventa drago, pilota e copilota sono cavaliere e indovino, e tutti e tre stringono il patto di essere i più veloci possibile, senza sapere quale sia la meta finale. L’unica cosa che conta è andare più forte e nel migliore dei modi, e per fare ciò hanno preso un linguaggio e l’hanno storpiato (come succede con le note rally), e lo useranno per muoversi più rapidamente degli altri.
Il drago è nato per correre, non può fare altro, e tutti i protagonisti sono estremamente determinati nel raggiungimento della velocità assoluta. La metafora è una proiezione verso un futuro velocissimo, e una riflessione sul presente accelerato che viviamo tutti i giorni.
All’interno dello spazio sono installate delle sculture di un materiale plastico modellato e verniciato in una carrozzeria per auto, che hanno forme spaziali e aliene, e che insieme alle note scritte sui vetri creano un portale verso un’altra dimensione.
Il linguaggio del rally ha la peculiarità di essere sintetizzato, non esistono le parole, ma solo lettere e numeri, fatta esclusione per le situazioni di pericolo, in cui le parole sono dette per intero e sono tutte estremamente empatiche. Questi vocaboli sono una sorta di avvertimento: invitano a correre, ma lo fanno in un linguaggio estremamente criptico, che si rende comprensibile solo quando bisogna stare in allerta. Le note riportate sulle vetrate di spazioSERRA sono una mappatura della stazione di Lancetti, ottenute ricalcando i percorsi che i passanti compiono all’interno della struttura.
Per quanto riguarda il testo critico, hai scelto di dargli una forma particolare.
Ilaria: Il testo è nato durante una giornata intera di dialogo tra me e Nicholas. Non volevamo scrivere il classico testo critico, il solito saggio teorico, e da questo è nata l’idea di scrivere un testo in prima persona, in cui il narratore è qualcuno che cerca di entrare nel mondo creato da Nicholas. È stato un calarsi dentro il lavoro, cercando di unire quello che Nicholas mi aveva raccontato e la mia prospettiva sul lavoro.
Questo contenuto è stato realizzato da Marco Bianchessi per Forme Uniche.
https://www.instagram.com/nicholas_polari/
https://www.instagram.com/ilarialeowetti/
https://www.instagram.com/spazioserra/