Umberto Eco – La biblioteca del mondo, al cinema dal 2 marzo il documentario di Davide Ferrario
Arriva nelle sale italiane il documentario sulla biblioteca privata di Umberto Eco, un mondo a sé tutto da esplorare: più di 30.000 volumi di titoli contemporanei e 1.500 libri rari e antichi. Nel 1981, in occasione delle celebrazioni per i 25 anni della Biblioteca Sormani, Umberto Eco interviene dando la descrizione di un modello negativo di biblioteca, illustrando cioè gli aspetti che trasformano una biblioteca in un immenso incubo per il lettore. Il testo di quell’intervento viene poi pubblicato con il titolo De Bibliotheca, un documento ancora oggi utile per ricordare l’importanza di pensare e progettare una biblioteca su misura per i lettori: «se la biblioteca è, come vuole Borges, un modello dell’Universo, cerchiamo di trasformarla in un universo a misura d’uomo, e, ricordo, a misura d’uomo vuol dire anche gaio, anche con la possibilità del cappuccino, anche con la possibilità per i due studenti in un pomeriggio di sedersi sul divano e, non dico darsi a un indecente amplesso, ma consumare parte del loro flirt nella biblioteca, mentre si prendono o rimettono negli scaffali alcuni libri di interesse scientifico, cioè una biblioteca in cui faccia venire voglia di andarci e si trasformi poi gradatamente in una grande macchina per il tempo libero, com’è il Museum of Modern Art in cui si va al cinema, si va a passeggiare nel giardino, si vanno a guardare le statue e a mangiare un pasto completo».
Per Umberto Eco quindi la biblioteca è un entità preziosa ma – soprattutto – vitale, non un semplice deposito di libri, ma un riflesso del mondo, della società: un tema lui carissimo, non a caso centrale nel romanzo che ha visto il suo debutto nel mondo della narrativa, Il nome della rosa.
Il documentario La biblioteca del mondo ci porta così nella mente Eco, nelle sue passioni, in un viaggio alla scoperta della sua biblioteca personale e, quindi, della sua idea di cultura, di mondo: Dirige Davide Ferrario (La zuppa del demonio), che con Umberto Eco aveva collaborato per una videoinstallazione alla Biennale Arte di Venezia un anno prima della sua morte. Il regista ha avuto accesso alla biblioteca grazie alla collaborazione della famiglia, è nato così un documentario che non solo descrive un luogo unico, ma cerca di afferrare il senso stesso dell’idea di biblioteca in quanto “memoria del mondo”, proprio come la definiva Eco.
«Se, per Eco, la biblioteca era una metafora del mondo – ha spiegato Davide Ferrario, il regista del documentario – la sua personale non era una semplice collezione di libri, ma la chiave per capire le sue idee e la sua ispirazione. E anche il luogo in cui, anche dopo la morte, il suo spirito vive intatto».