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Tutto Man Ray in mostra a Palazzo Ducale di Genova

Man Ray. Les larmes/Le lacrime, 1930-1932 (1976). stampa in bianco e nero alla gelatina d’argento, 17.5 x 23 cm. Courtesy Archivio Storico della Biennale di Venezia - ASAC, Venezia © Man Ray Trust by SIAE 2023
Man Ray. Les larmes/Le lacrime, 1930-1932 (1976). stampa in bianco e nero alla gelatina d’argento, 17.5 x 23 cm. Courtesy Archivio Storico della Biennale di Venezia – ASAC, Venezia © Man Ray Trust by SIAE 2023

La mostra “Man Ray. Opere 1912-1975“, a Palazzo Ducale a Genova, rende omaggio fino al 9 luglio al grande maestro del’900

Man Ray è lo pseudonimo coniato da Emmanuel Radnitzky, uno dei più grandi fotografi del secolo scorso. Nativo di Filadelfia (1890) non ha mai molto amato l’America e appena può si trasferisce in Europa, a Parigi, culla della cultura mondiale nel primo ventennio del secolo scorso. Anche se a causa del secondo conflitto mondiale deve ritornare in patria, nel 1951 Man Ray torna a Parigi dove morirà nel 1976. A questo grandissimo personaggio, certamente conosciuto maggiormente per le sue opere fotografiche, ma anche straordinario pittore, scultore e regista d’avanguardia, Genova dedica la mostra “Man Ray. Opere 1912-1975” allestita nell’appartamento del Doge di Palazzo Ducale.

Il Presidente di Palazzo Ducale Beppe Costa e il Consigliere delegato Barbara Grosso sembrano voler puntare sull’afflusso dei giovani per questa esposizione che, a differenze delle importanti precedenti (come quella dedicata a  Rubens, che si è chiusa a gennaio) offre una panoramica del ’900: «I giovani devono rendersi conto della grandezza di questo artista, vedere quanto ha fatto Man Ray e quanto è stato dissacrante da giovane» ha detto Costa. Barbara  Grosso ha sottolineato invece la possibilità per gli under 27 di avere una giornata a biglietto ridotto. I curatori Walter Guadagnini e Giangavino Pazzola hanno parlato di una mostra importante, ma anche faticosa che ha avuto bisogno di molto lavoro e coordinazione da parte di tutti gli operatori. Il perchè è semplice: l’esposizione raccoglie ben  340 pezzi, fra fotografie, disegni, dipinti, sculture e  film che sono stati sistemati secondo un criterio preciso.

Man Ray. Sans titre (Self-Portrait), 1931 circa, stampa in bianco e nero alla gelatina d’argento, 13 x 8 cm. Ristampa 1976. Courtesy Archivio Storico della Biennale di Venezia – ASAC, Venezia © Man Ray Trust by SIAE 2023

Il percorso espositivo ci immerge nel fecondo periodo delle avanguardie di inizio Novecento. Ci mostra, attraverso le  eclettiche opere di Man Ray,  la sua grande creatività e la volontà di rompere gli schemi e creare nuove estetiche, unita all’ironia e alla sensualità che permeano ogni sua opera. Le varie sale espongono (come dice il titolo) i lavori effettuati dal 1912 fino al 1975. Lo stesso Man Ray racconta nella sua autobiografia del carico di «entusiasmo a ogni nuova direzione imboccata dalla mia fantasia, e con l’aiuto dello spirito di contraddizione progettavo nuove escursioni nell’ignoto».

Un viaggio che comincia – nella prima sezione – con una serie di autoritratti dell’artista, nei quali già si ritrova quell’idea di corpo che sarà centrale in tutta la sua produzione; autoritratti fotografici, tra cui quello celeberrimo con la barba tagliata a metà, ma anche calchi dorati, maschere, in una continua rappresentazione di sé e della propria ambigua e sempre mutante identità.  Ad essi si affiancano alcuni ritratti di Man Ray realizzati da grandi protagonisti dell’arte della seconda metà del Novecento come una splendida tela e una preziosa serigrafia firmate Andy Warhol.

La seconda sezione della mostra, “New York“, racconta il rapporto con la metropoli americana, dove l’artista tiene la sua prima personale alla Daniel Gallery nel 1915. In questo periodo realizza alcuni dei suoi primi capolavori, come i collages della serie Revolving Doors esposti in mostra, e le due versioni della scultura By Itself. È la stagione del Dada americano, che Man Ray vive da protagonista assieme a colui che sarà prima il suo mentore e poi l’amico e complice artistico di una vita, Marcel Duchamp.  Ed è a questo rapporto creativo fecondo che la mostra dedica la terza sezione della mostra genovese. Qui si trovano due autentiche icone dell’arte del XX secolo come La tonsure e Elevage de poussiére (entrambe realizzate nel 1921), fotografie che rimettono in discussione l’idea stessa di ritratto e di realtà.

A seguire troviamo la sezione dedicata a Parigi e alla “scoperta della luce”. Come già accennato Man Ray giunge nella capitale francese nel 1921, accolto dallo stesso Duchamp e dall’intera comunità dadaista. A Parigi tiene una personale alla Librairie Six di Parigi e l’anno dopo pubblica i primi Rayographs, le immagini fotografiche ottenute senza la macchina fotografica che saranno accolte con entusiasmo. In questa sezione si ammira la foto Le Violon d’Ingres con la leggendaria modella Kiki De Montparnasse. Ma anche gli scatti fatti a Lee Miller (assistente, compagna, musa ispiratrice e a sua volta grande fotografa), Meret Oppenheim e Nush Eluard, o artisti e intellettuali come Erik Satie, Antonin Artaud e Georges Braque.


Man Ray. Le Violon d’Ingres, 1924 circa, stampa in bianco e nero alla gelatina d’argento, 39 x 29.5 cm. Ristampa 1976.Courtesy Archivio Storico della Biennale di Venezia – ASAC, Venezia © Man Ray Trust by SIAE 2023

La mostra prosegue con le sezioni “Corpo surrealista” e “Corpo, ritratto e nudo”. Ed ecco sui muri del piano nobile di Palazzo Ducale le fotografie Larmes, La Prière, Blanche et Noire, ma anche dipinti e grafiche come A l’heure de l’observatoire – Les Amoureux,  con le labbra di Kiki ingigantite che volano sopra il paesaggio, un’altra delle grandi icone inventate da Man Ray nella sua carriera, per giungere a una scultura come Venus restaurée, ironica e geniale riflessione sulla classicità. In questa sezione sono mostrate anche altre opere fotografiche come i ritratti di Meret Oppenheim al torchio da Louis Marcoussis e Models (1937), nucleo di lavori che presenta una raccolta quotidiana di fotografie di modelle e artiste che Man Ray aveva frequentato durante il primo periodo parigino, espressione di come l’erotismo e l’amore libero rappresentino non solo uno dei ricordi più intimi dell’autore ma anche uno dei motori propulsori della sua creatività.

Nella sezione “Los Angeles/Paris” vengono indagati gli anni in cui l’artista preferisce rimanere ai margini della scena e lavorare in ritiro solitario, dedicandosi in particolare alla sua prima grande passione, la pittura. Allo stesso tempo, sono tempi segnati dalla relazione con la ballerina e modella Juliet Browner, musa della sua vita e protagonista della meravigliosa serie fotografica 50 Faces of Juliet, realizzata tra il 1941 e il 1955. Si tratta di cinquanta ritratti della donna realizzati con diverse tecniche e stili, spaziando tra i vari registri per esplorare le possibilità creative offerte dalla fotografia. Continua comunque in questi anni anche la realizzazione di nuovi ready made, così come possibile vedere ad esempio in Mr Knife and Miss Fork (1944-1973).

Man Ray. La prière, 1930, stampa in bianco e nero alla gelatina d’argento, 23 x 17 cm. Riproduzione da fotografia originale 1976. Courtesy Archivio Storico della Biennale di Venezia – ASAC, Venezia © Man Ray Trust by SIAE 2023

Nella sezione finale della mostra si ritrova l’attività di Man Ray nuovamente a Parigi e in Europa, dove si consolida la sua fama di maestro dell’arte delle avanguardie. È una sorta di revisione, rilettura e aggiornamento del proprio percorso, rappresentata in mostra dagli splendidi dipinti Decanter (1942) e Corps à Corps (1952), da ready made come Pêchage (1972) e Pomme à vis (1973).

Man Ray. Retour à la raison, 1923 circa, stampa in bianco e nero alla gelatina d’argento, 39 x 29.5 cm. Riproduzione da negativo originale, 1976. Courtesy Archivio Storico della Biennale di Venezia – ASAC, Venezia © Man Ray Trust by SIAE 2023

Come ha detto uno dei curatori, Giangavino Pazzola, per questa esposizione bisogna soprattutto ringraziare Man Ray che ha dato così tanto con la sua arte variegata. Ogni stanza arricchisce chi la visita rimandando tutto il vissuto di colui che, come dice il suo pseudonimo, è stato un “uomo raggio”. Grazie alla “sua luce” inventò un vero e proprio stile personale: la surreale “Rayografia” che scoprì per caso fecendo scivolare un foglio di carta sensibile, ancora inutilizzato, all’interno della soluzione acquosa di sviluppo. Sulla sua lapide, al cimitero di Montparnasse si trova la scritta “Unconcerned but not indifferent” ovvero “Tranquillo ma non indifferente”. Ebbene chi visiterà la mostra non rimarrà certo indifferente a quanto si presenta ai propri occhi. Un unico appunto riguarda sempre la luce: alcune delle sale sono troppo al buio, ma secondo Walter Guadagnini non si poteva fare altrimenti per proteggere le opere. Peccato perchè qualche “raggio” in più all’interno del percorso ci sarebbe stato bene.

Man Ray. Dora Maar (composition à la petit main), 1936, stampa in bianco e nero alla gelatina d’argento, 22.4 x 17.3 cm. Riproduzione da fotografia originale, 1976. Courtesy Archivio Storico della Biennale di Venezia – ASAC, Venezia © Man Ray Trust by SIAE 2023

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