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Arte e Natura: il dialogo di Giuseppe Penone alla Galleria Borghese

Giuseppe Penone. Gesti universali, Installation view, Giardino della meridiana, Galleria Borghese, Roma – ph. S. Pellion © Galleria Borghese
Più di trenta opere disposte tra l’interno e l’esterno di Villa Borghese, realizzate tra gli anni ’70 e oggi: sono i “Gesti Universali” di Giuseppe Penone, in un doppio binario che aderisce al concetto di site specific e si perde nella natura

La direzione di Francesca Cappelletti alla Galleria Borghese è stata caratterizzata sin da subito da un’attenzione particolare al rapporto tra arte e natura, che del resto contraddistinse anche la progettazione e la nascita di Villa Borghese, originariamente concepita come residenza suburbana di Scipione Borghese. In questo quadro vanno contestualizzati i progetti espositivi degli ultimi tempi, dalle mostre di Guido Reni e Tiziano a quella sulle pietre dipinte, in cui il tema della natura viene esaminato in dialettica con l’arte e l’artificialità. Non stupisce dunque che una nuova tappa di questo percorso sia incentrata sulla ricerca di un artista come Giuseppe Penone, più di trenta opere del quale occupano gli spazi interni ed esterni di Galleria Borghese per la mostra “Giuseppe Penone. Gesti universali”, curata da Francesco Stocchi e visitabile sino al 28 maggio.

La ricerca di Penone, infatti, sin dai suoi primordi andò a indagare la relazione uomo, natura e tempo sotto diversi aspetti, da un lato sotto l’egida, almeno inizialmente, del movimento di Arte Povera, dall’altro non dimenticando l’influenza della campagna piemontese, da cui l’artista proveniva e con cui ha sempre conservato un intimo rapporto.

Giuseppe Penone. Gesti universali, Installation view, Gesti vegetali, Giardino dell’Uccelliera, Galleria Borghese, Roma – ph. S. Pellion © Galleria Borghese

Le opere esposte sono state realizzate tra gli anni Settanta e i primi anni Duemila, riassumendo perfettamente diversi leitmotiv cari all’artista e ricorrenti nella sua produzione, individuati attraverso una lunga riflessione sulla natura della scultura. Il concetto di impronta come confine tra sé e il mondo detta i frequenti riferimenti dell’artista alla pelle: per l’uomo dispositivo di sensibilità per relazionarsi con l’esterno, e difendersi da esso; per alberi e piante la corteccia dei tronchi; per il regno minerale le superfici venose, quasi epidermiche, del marmo. Altra chiave di lettura fondamentale per l’opera di Penone è il tempo: un tempo umano, che è quello della concezione e della realizzazione dell’opera, dello scolpire plasmando e modificando la materia; e anche un tempo naturale, che è quello, assai più lungo, in cui il mondo vegetale a sua volta plasma nel crescere fibre e legno sino a raggiungere, per esempio, le forme degli alberi secolari. In questo senso i primi Alberi realizzati da Penone che vediamo accoglierci svettando nel Salone d’ingresso della Galleria, sono macchine del tempo, avendo l’artista scavato delle grandi travi, seguendo anelli e nodi del legno, sino a ritrovare dentro quelle la forma dell’albero giovane, e dunque risalendone a ritroso la storia.

Giuseppe Penone. Gesti universali, Installation view, Pensieri di foglie,Giardino dell’Uccelliera, Galleria Borghese, Roma – ph. S. Pellion © Galleria Borghese

Ritroviamo poi alcune opere di delicata poesia ispirate al respiro, anche questo segnante il confine tra noi e l’esterno, e considerato da Penone sorta di atto scultoreo, creativo, effimero: «Respirare è la scultura automatica, involontaria, che più ci avvicina all’osmosi con le cose» scrive l’artista. Le opere Soffio di Foglie e Respiro d’ombra, nella Sala degli Imperatori, alludono appunto a questo, l’una registrando l’impronta del corpo e del respiro dell’artista mediante un cumulo di foglie, l’altra isolando il respiro umano in una forma attraverso il bronzo.
Le opere di Penone sono state contestualizzate agli spazi della Galleria senza cercare relazioni di analogia tematica con la collezione storica, ma semplicemente rapportandosi ad essa e agli spazi sul piano del confronto scultoreo e stereometrico, e sempre rispettando nel dialogo i capolavori storici. Tuttavia è innegabile che suggestioni analogiche sorgano nei visitatori, com’è il caso delle sculture magistralmente innestate nella Sala di Apollo e Dafne, dove ammassi di odorose foglie di alloro, informate in griglie metalliche e sigillate da sculture bronzee di racemi che simulano apparati respiratori umani, non possono non rimandare alla metamorfosi di Dafne in alloro inventata dal Bernini. E d’altro canto Pelle di marmo e spine d’acacia, e Pelle di cedro, con la sua epidermica sfoglia d’oro zecchino, sembrano quasi alludere alla pelle che nella scultura di Enea e Anchise di Bernini diventa una preoccupazione focale per lo scultore barocco.

Giuseppe Penone. Gesti universali, Installation view, Pelle di cedro, Sala di Enea, Galleria Borghese, Roma – ph. S. Pellion © Galleria Borghese

Se nelle sale interne il dialogo garbato e discreto che viene in essere tra le sculture contemporanee di Penone e i capolavori storici della Galleria Borghese sembra funzionare meglio, le opere collocate negli spazi esterni patiscono forse la loro ambiguità essenziale tra scultura umana e scultura vegetale, finendo per perdersi nel fiabesco Giardino della Meridiana, che appare allo stesso tempo forse troppo piccolo e troppo affollato di vegetali perché le sculture esposte possano respirare come dovrebbero. In alcune di queste, Gesti vegetali, dei primi anni Duemila, l’artista crea una sorta di gabbie antropomorfe in bronzo, ispirate a movimenti e gesti umani, entro le quali piante vive cresceranno, e dunque saranno costrette ad adattarvi la loro forma durante la durata della mostra. Potremmo vederle come una estrema evoluzione di Alpi marittime (1968), lavoro site specific realizzato in Piemonte, in cui il calco in bronzo della mano dell’artista, applicato al fusto di un giovane albero, veniva nel tempo inglobato nella crescita del tronco allo stesso tempo influenzandola, dimostrando visivamente il confronto tra due tempi e due azioni plasmatrici, dell’uomo e della natura, profondamente distanti.

Giuseppe Penone. Gesti universali, Installation view, Pensieri di foglie – 3 parole, Galleria Borghese, Roma – ph. S. Pellion © Galleria Borghese

Da sottolineare, infine, come la scultura di Penone trovi una inaspettata quanto convincente risonanza con un certo spirito barocco, che naturalmente impregna il luogo della mostra, proprio per quel continuo passaggio ambiguo tra i materiali, tutto giocato sul confine tra imitazione, finzione e verità, e tra tattilità e visione. Così Equivalenze (2016) ha una forma in bronzo di vecchio tronco cavo, per poi svelare, all’avvicinarsi dello sguardo, una superficie fatta di infinite impronte digitali e non un mero calco della corteccia. E così, ancora, le costruzioni di racemi in bronzo si mimetizzano perfettamente tra veri cespugli e alberelli del giardino, profittando del fatto che il bronzo all’aperto subisce un processo di ossidazione, quasi andando a imitare le verdi cromie dei vegetali. Persino una certa misura di teatralità barocca si potrebbe trovare in opere come la colossale Spazio di luce (2008), scultura modulare riproducente un grande tronco cavo disteso orizzontalmente, i rami come gambe, il cui interno dorato convoglia circolarmente la luce, riportando al gesto primario del vedere. È facile tracciare da tutto questo una sorta di programma penoniano per comprendere le relazioni tra mondo naturale e mondo umano entro la prospettiva della scultura, ma allo stesso tempo marcando inequivocabilmente la necessità, direi vitale, di trovare un equilibrio tra gesti vegetali e gesti umani. Perchè, come ancora asserisce poetando Penone, «Attorno al gesto dell’albero l’azione dello scultore si dilegua e nel gesto vegetale dello scultore l’azione dell’albero è trattenuta. Attorno alla scultura, attorno allo scultore, bosso, alloro, mirto, ulivo».

 

Giuseppe Penone. Gesti Universali
14 marzo – 28 maggio 2023
Galleria Borghese, Roma

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