Ricorre quest’anno il centenario dalla nascita di uno degli autori più amati del Novecento, Italo Calvino. E noi vogliamo ricordare lo scrittore delle Città Invisibili e Marcovaldo con una serie di interviste che ne esplorano le eredità “concettuali” nella contemporaneità. Il primo ospite é il designer Carlo Forcolini
Il 2023 segna il centenario della nascita di Italo Calvino, geniale intellettuale e scrittore italiano alla cui produzione letteraria – e ai relativi concetti – le ultime generazioni hanno guardato con estremo interesse.
Per l’occasione abbiamo deciso di intervistare una serie di personalità eterogenee del mondo della cultura e delle arti visive, “eredi spirituali” delle lezione calviniane. Carlo Forcolini, con oltre mezzo secolo di carriera nel mondo del design, partner di progetti con Vico Magistretti, e disegnatore di prodotti per Alias, Artemide, Cassina, De Padova, Pomellato – solo per dirne alcune – oltre che Direttore Scientifico della Raffles Academy (Milano) e “Compasso d’Oro” nel 2021, è il nostro primo ospite.
Lei si considera un erede di Italo Calvino, perché?
Per una curiosa coincidenza di temi e di date. Nel 1984 ho disegnato un tavolo basso che chiamai Apocalypse Now, con un piano in acciaio Corten di 3 mm di spessore. Il tema era progettare un mobile davvero mobile rispetto ai tanti mobili/immobili che ancora oggi popolano le nostre case. Alla riduzione fisica della sua struttura, corrispondevano le tracce lasciate sul suo piano dall’uso che ne facevano le persone, di quelle persone e non di altre. E questo fatto segnava ai miei occhi il passaggio da oggetto (sordo, inanimato, solamente funzionale e decorativo nel suo significato più decadente cioè privo di senso) a Cosa. Un oggetto diventa Cosa quando ci trasmette emozioni, quando diventa significante di qualcosa, nel caso il trascorrere della vita dei suoi possessori. Calvino scrive le sue Lezioni americane l’anno dopo, ma io le leggo solo quando esce la prima edizione italiana di Garzanti nel 1988. Anni dopo, nel 2003 alla Triennale di Milano ho avuto il secondo “corpo a corpo” con Calvino progettando, nell’ambito di una mostra sulle sue Città invisibili, Irene la città della musica. Dichiararmi erede di Calvino, mi sembra un atto di arroganza nei confronti di un grande della letteratura italiana, ma certamente un sentire comune tra letteratura e design a mio vedere c’è stato. Infatti, nel mio modo di fare design il senso del progetto lo si trova sempre tra la forma e la funzione, dove la forma non è intesa solo dal punto di vista estetico, o peggio estetizzante, ma come “significante di significati”.
Secondo lei leggerezza, rapidità, esattezza, visibilità, molteplicità, le 5 categorie della modernità raccolte nel libro “Lezioni americane”, nella nostra epoca connessa sono ancora attuali, come dove e perché?
Non sono in grado di dare una risposta definitiva e generalizzata a questa domanda. Zygmunt Bauman riguardo alla modernità (o postmodernità) scrive che il cambiamento è l’unica cosa permanente e che l’incertezza è l’unica certezza. In questa condizione di certezza dell’incertezza le Lezioni americane sono però il salvagente lanciato da Calvino verso coloro che come me si agitano tra i flutti. Un salvagente che fin dalla prima lezione, citando Paul Valéry, Calvino chiarisce scrivendo che la Leggerezza non è per lui il peso della piuma che cade, ma il volo degli uccelli che portano il peso verso l’alto. Questa “leggerezza pensosa” diventa un valore “che può fare apparire la frivolezza come pesante e opaca”. Una lezione che invita al pensiero lungo, che spazia nel futuro guardando alle cose del mondo come Lucrezio guardava alla natura per “evitare che il peso della materia ci schiacci”. Più che un salvagente, una zattera per preservarci dalla privazione spazio/temporale che appiattisce le nostre vite sulla cronaca della realtà vissuta.
La lezione sulla Leggerezza nel design è ben rappresentata dalla lampada Costanza di Paolo Rizzatto del 1986.
Nella seconda lezione sulla Rapidità, Calvino fa suo il motto latino “Festina lente”, affrettati lentamente, efficace sintesi della differenza tra rapidità del pensiero scritto e la velocità come contrazione temporale della lunghezza del racconto. La Rapidità è la capacità di esprimere una grande quantità di invenzioni, di pensiero e di contenuti in poche pagine, come per esempio nelle Operette morali di Leopardi e nei racconti brevi di Borges. La Rapidità è l’esaltazione sintetica della differenza, ma non sono certo che Twitter sia usato con la Rapidità intesa da Calvino… A differenza dell’opera di Armando Milani qui riportata.
Esattezza è la terza lezione di Calvino, che indica le sue tre caratteristiche fondamentali tra cui “l’evocazione di immagini nitide, incisive, memorabili…”. Dallo Zibaldone e L’infinito di Leopardi a Robert Musil, Calvino ci dice che dobbiamo sempre saper oscillare tra l’ardere mutevole del fuoco e la geometria strutturale del cristallo, evitando tra queste due polarità l’uso “approssimativo, casuale, sbadato” del linguaggio. L’esattezza, la casualità, l’indeterminazione e la complessità dei linguaggi sono parte nodale, ormai da alcuni decenni, dello sviluppo e della ricerca dell’intelligenza artificiale rispetto all’interazione tra gli stessi. Un esempio di Esattezza di linguaggio progettuale è la lampada Atollo di Vico Magistretti.
Visibilità è la quarta lezione. Calvino scrive: “Se ho incluso la Visibilità nel mio elenco di valori da salvare è per avvertire del pericolo che stiamo correndo di perdere una facoltà umana fondamentale: il potere di mettere a fuoco visioni a occhi chiusi, di far scaturire colori e forme dall’allineamento di caratteri alfabetici neri su una pagina bianca, di pensare per immagini”. È ancora attuale questa preoccupazione di Calvino? Paradossalmente sì! Perché la metodologia del cosiddetto Visual thinking rischia il livellamento verso il basso. Il cinema, al contrario, parte dalla sceneggiatura scritta, che nella sua sequenza temporale sintetizza per immagini lo svolgimento della sua narrazione. I surrealisti hanno indicato nell’ubiquità del visibile questo tema di cui un buon esempio è Trahison des images di Magritte, che in un lampo rappresenta il cortocircuito di senso tra l’immagine e le parole con cui definiamo il reale.
Il nostro essere è parte di una rete di interazioni dinamiche che generano infiniti cambiamenti e che, proprio per questa infinitezza, assimila il nostro essere a una sorta di opera aperta (ricordiamo il saggio di Eco del 1962). Questa Molteplicità si esprime nella Rete, l’interazione delle reti è il tema della quinta lezione, nella quale Calvino cita Gadda, nel suo perdersi nel particolare, e Musil che, al contrario, palesa nella razionalità matematica la comprensione delle regole del molteplice, registrando anche un dato comune a entrambi: l’incapacità a concludere, come del resto Proust nella Recherche. Da Joyce a Borges a Perec la lezione di Calvino ci dice che solo l’emergere e la trasparenza di tutte le connessioni e interazioni (prescindendo dal self soggettivo) renderà più chiara e leggibile la complessità del mondo. Scienza e Arte, intrecciando sempre di più i loro linguaggi, dimostrano l’interazione della conoscenza e la sua molteplicità.
Il nuovo chatbot ChatGPT, strumento di intelligenza artificiale generativa, rapidamente adottato dagli studenti per creare composizioni liceali o addirittura saggi accademici, già da tempo utilizzato nell’ambito artistico con Dall-E, strumento di A.I capace di riprodurre immagini a partire da un testo scritto, suscitando non pochi problemi di autorialità, secondo lei, può contenere o superare le 5 categorie indicate da Calvino? Perché?
La sempre più potente capacità della AI nell’utilizzo di parametri di apprendimento automatico, passati recentemente da 175 miliardi da GPT3 (Generative Pre-trained Transformer) a 100.000 miliardi di GPT, migliorerà la possibilità di trasformazione da un linguaggio a un altro (parole in immagini, video in parole), ma anche quando queste tecnologie saranno ottimizzate, non vedo come potrebbero rendere superate le categorie indicate da Calvino. Gli algoritmi seguono sempre schemi matematici che non prevedono il gap tra la lingua e i suoi tanti significati e non colgono la differenza tra l’immagine e il suo scopo. Inoltre, anche se Live Code contempla l’improvvisazione nella scrittura di algoritmi in tempo reale, non possiamo considerare questa casualità alla pari dell’improvvisazione, caratteristica dell’uomo. Noi vediamo la Gioconda, ma non siamo in grado di descrivere le infinite casualità che hanno spinto Leonardo al suo dipinto. E questo insieme di casualità fisiche, storiche, linguistiche, religiose, mitologiche, simboliche, di pensiero, e le loro infinite interazioni sono, come scrive Calvino, la nostra coscienza. Ora, la AI che oggi conta capacità di elaborazione di miliardi di miliardi di informazioni al secondo anche se priva di coscienza, sta però generando profonde mutazioni che stanno rivoluzionando completamente la nozione di Arte, del suo modo di fruirla e anche del suo mercato. Un esempio è l’opera di Mario Klingemann per il quale l’arte non è costituita dalle immagini che “consumiamo” ma dal codice informatico che le genera. Ancora una volta dobbiamo chiedere soccorso a Walter Benjamin e al suo L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica del 1936.