La galleria Xavier Hufkens di Bruxelles presenta Forms from Nature, la prima mostra personale dell’artista americano Milton Avery (1885-1965) in Belgio. Concentrandosi sulla relazione con il mondo naturale, la fonte di ispirazione più duratura dell’artista, la mostra traccia lo sviluppo della pratica di Avery nell’arco di tre decenni, dagli anni ’30 agli anni ’60. Le opere esposte – oli, acquerelli e disegni – evidenziano l’approccio unico dell’artista al colore, alla luce e alla composizione.
Milton Avery nacque ad Altmar, New York, nel 1885 e si trasferì con la sua famiglia a Hartford, nel Connecticut, all’età di tredici anni. Lasciò la scuola nel 1901, all’età di sedici anni, per lavorare presso la Hartford Machine and Screw Company e sostenere la famiglia. Dopo la morte prematura di suo padre nel 1905, si iscrisse a un corso di lettere presso la Connecticut League of Art Students, una scuola serale e gratuita per alunni maschi. La sua intenzione era quella di diventare un cartellonista, un lavoro che offriva una migliore paga e prospettive, ma presto iniziò a seguire il corso di disegno dal vero. Nel 1924 visitò Gloucester, Massachusetts, dove incontrò la collega artista Sally Michel (1902-2003) e con lei andò a New York nel 1925, dove l’anno successivo si sposarono. Qui, grazie al reddito costante che guadagnava con i vari lavori da illustratore, Avery iniziò a dedicarsi con più costanza alla pittura.
New York e i suoi scenari urbani diventano un’importante fonte d’ispirazione. Ma mai quanto la natura, che rimane il soggetto prediletto di acquarelli e disegni plein air, dove i paesaggi sono catturati fedelmente. La loro alterazione avviene durante il passaggio sulla tela, che Avery compie una volta tornato in città, dove trascorreva l’autunno e l’inverno a tradurre in dipinti ad olio le impressioni raccolte durante la bella stagione. Ne sono un esempio evidente disegni come Study for Hint of Autumn (1953) e Stony Brook (1954), che hanno portato a tele quali Hint of Autumn (1954) e Rocky Stream (1955).
Mi piace cogliere l’istante acuto della natura, imprigionarlo per mezzo di forme ordinate e relazioni spaziali. A tal fine, elimino e semplifico, apparentemente lasciando solo colore e trama.
Nel corso del tempo, le sue opere vivono una netta evoluzione: dai toni più scuri dei primi lavori passa alle tonalità vibranti degli anni ’40 e ’50, allineandosi all’espressionismo astratto all’epoca in ascesa. Avery ha spinto ancora più in là il suo stile e la sua tavolozza negli anni ’60, arrivando spesso al limite dell’astrazione, con opere luminose e stratificate come Winding Stream (1962).
L’enfasi di Avery sulle forme semplificate e sul colore come principale veicolo di espressione gli valse l’ammirazione di numerosi artisti che a lui si ispirarono. Su tutti Mark Rothko, Adolph Gottlieb e Barnett Newman. Rothko, in particolare, durante il funerale di Avery lo ricordò così: “Avery è innanzitutto un grande poeta. Ha sempre avuto quella naturalezza, quell’esattezza e quell’inevitabile completezza che possono essere raggiunte solo da coloro dotati di mezzi magici, da coloro nati per cantare“.