Esordito come attore con Luchino Visconti, D’Alatri ha animato per decenni la scena cinematografica italiana, vincendo diversi importanti premi
“La filosofia, così come la poesia, è un esercizio tonico, muscolare. Porsi delle domande significa essere un cittadino del proprio tempo”. Era questo l’approccio alla vita, e quindi anche al suo cinema, di Alessandro D’Alatri, che ne parlava in un’intervista di un paio di anni fa. Era, ci tocca dire con dolore, perché il regista, sceneggiatore e attore romano è morto all’età di 68 anni a seguito di un’implacabile malattia. Aveva iniziato giovanissimo a recitare, debuttando a teatro con Luchino Visconti ne “Il giardino di ciliegi” e poi sul piccolo schermo con lo sceneggiato di Sandro Bolchi I fratelli Karamazov. Esordio al cinema nel 1969, nel film Il ragazzo dagli occhi chiari di Emilio Marsili.
Nel 1991 realizza il suo primo film, Americano rosso, con il quale vince il David di Donatello e il Ciak d’Oro come miglior film esordio. Nel 1993 dirige Kim Rossi Stuart in Senza pelle, film che presenta a Cannes nella sezione Quinzaine des réalisateurs. Nel 1998 entra in concorso alla Mostra del cinema di Venezia con Kim Rossi Stuart ne I giardini dell’Eden. Nel 2002 D’Alatri dirige il debuttante Fabio Volo in Casomai, con un ottimo successo di critica e pubblico. Nel 2009 è l’autore del videoclip della canzone “Ancora qui” di Renato Zero. Di successo anche le sue fiction tv “I bastardi di Pizzofalcone”, “Il Commissario Ricciardi” e “Un Professore”.