Arte moderna e arte contemporanea si susseguono in asta da Dorotheum. Importante la selezione di artisti italiani all’interno di un catalogo dal respiro internazionale. Appuntamento a Vienna il 23, 24 e 25 maggio 2023.
Un mare d’infiniti blu che sfumano e si uniscono, come le onde che mischiano e rimischiano le acque. L’anomalia è che le onde, questa volta, sono generate da una biro. Quella impugnata da Alighiero Boetti, che nel 1981 ha realizzato una grande opera – non parto non resto, lunga complessivamente più di quattro metri – che oggi Dorotheum porta in asta a Vienna. Una distesa di breve e fittissimi tratti, che tramite il titolo svelano la loro reale natura.
La distesa di linee, infatti, è talvolta interrotta dalle virgole. Segni di punteggiatura che in questo caso non indicano le pause da rispettare nella lettura, ma le coordinate che riportano alle lettere poste sul margine sinistro dell’opera. Una sorta di piano cartesiano dove sulle ordinate si trovano le lettere dell’alfabeto e sulle ascisse l’ordine in cui affiancarle. Seguendo le indicazioni si compone così una frase: non parto non resto. Ovvero il titolo dell’opera. Ma cosa significa? Sono le parole pronunciate da Enea, nell’Iliade, teso tra d’amore di Didone e il destino che lo attende in Italia, dove fonderà Roma. Qui, nell’opera di Boetti, la sua indecisione, diventata arte, è stimata 400-600 mila euro.
Insieme a Boetti, sono tanti altri gli artisti italiani in asta a Vienna. A partire da Lucio Fontana, con il suo aureo Concetto Spaziale del 1966 (stima 600-900 mila euro), che si muove tra euforia spaziale e trascendenza sacra. La gamma del Modernismo italiano è poi rappresentata da opere di Giorgio Morandi (Dipinto floreale, stima 200-300 mila euro), Roberto Sebastian Matta, Gino Severini e Giorgio de Chirico.
Seguendo un altro filone tematico, passiamo dall’Italia alla luce. Quella che Heinz Mack, fin dagli esordi del gruppo Zero, ha tematizzato come mezzo e come materiale per l’arte (e non solo). Interrogandosi sulla sua plasmabilità, pone la sequenza di colori spettrali al centro delle sue opere più recenti. Ne è il miglior esempio un grande formato senza titolo realizzato nel 2017 e stimato 200-300 mila euro. Un altro pioniere dell’arte luminosa è François Morellet. Già nel 1963 l’artista francese integrò nelle sue opere la luce al neon, divenendo così uno dei primi artisti in assoluto a farlo. Lo scherzoso titolo dell’opera Lunatique neonly – 16 quarts de cercle n. 5 del 2005 è composto dalle parole francesi per luna, follia e neon, e dal termine inglese only (stima 80-120 mila euro).
L’arte austriaca è ben rappresentata con, tra gli altri, due monumentali quadri a getto di colore (Schüttbilder) di Hermann Nitsch (stima 100-200 mila euro e 90-160 mila euro), un’opera su carta da giornale di Franz West e un ritratto di donna di Maria Lassnig (stima 40-70 mila euro e 70-120 mila euro). Presenti anche diversi disegni a matita di Gustav Klimt, tra cui Signora con mantello, frontale, in piedi e uno studio per il famoso ritratto di Adele Bloch-Bauer (stima 30-50 mila euro). Ma soprattutto il dipinto Mandorlo in fiore a Maiorca. Esso fu realizzato negli ultimi anni di vita dell’eccezionale artista austriaco Jean Egger, scomparso a soli 37 anni nel 1934. L’opera è esemplare dello stile di Egger, in cui rappresentazione e pennellata gestuale si compenetrano e dissolvono reciprocamente.
Altrettanto iconica, e seminale, la natura morta di Alexej von Jawlensky del 1905 (stima 400-600 mila euro). L’artista disse di sé che in quel primo periodo preferiva le nature morte come soggetto per trovare se stesso ed il proprio stile: “in queste nature morte ho cercato di andare oltre gli oggetti materiali, e di esprimere con il colore e con la forma ciò che risuona dentro di me, ottenendo alcuni buoni risultati”.