La vendita di Blindarte di Arte moderna e contemporanea del 31 maggio propone cinque opere di Jan Fabre. Ecco un approfondimento su “Battlefield“
Jan Fabre (1958, Anversa) è un artista visivo eccessivo, esuberante, considerato una delle figure più innovative nel panorama artistico internazionale. I suoi lavori spaziano dall’arte “tout court” al teatro e alla performance art.
Grande amante degli insetti, racconta lui stesso di essere rimasto affascinato in giovane età dal mondo delle piccole creature, oltre a essersi autodichiarato nipote del celebre entomologo e naturalista Jean-Henri Fabre (1823-1915). In realtà sembra che sia solo un caso di omonimia e che questa affermazione non sia accreditata da altre fonti. Indubbia, però, è la grande influenza esercitata su di lui: la passione ereditata dal presunto bisnonno per l’entomologia si ritrova, infatti, in molti dei lavori. Uno di questi impreziosisce il catalogo dell’asta in arrivo da Blindarte. La maison partenopea da anni tratta le opere di Fabre con successo. Tanto che nella top ten delle opere più preziose di Fabre vendute in asta in Italia, ben cinque posizioni sono della maison. (Il primo posto sul podio italiano è per una croce in corallo venduta da Sotheby’s nel 2022 per 315.000 €).
La vendita n°107 di Arte moderna e contemporanea che sarà esitata il 31 maggio propone cinque opere di Fabre. Ci soffermiamo sul lotto 112: “Battlefield“, un grande assemblaggio in cera, pigmento, legno, piombo e scarabei (cm 100x155x205) stimato € 35.000 – € 45.000.
«I “Battlefields” sono stati creati per la prima volta nel1998 – ci raccontano da Blindarte- Jan Fabre ha sempre avuto qualcosa con i guerrieri e le arti marziali. Basti citare il suo interesse personale per l’arte marziale Kendo, le sue sculture “Vlaamse Krijger” (Flemish Warrior) degli anni 1995 e 1996, o la sua performance “Virgin Warrior” (2006, con Marina Abramovic)».
La scheda in catalogo spiega: «Battlefield è una potente opera che Jan Fabre dedica agli insetti e al loro essere parte dell’equilibrio universale di tutte le cose e, contemporaneamente, alla volontà di portare in scena una moderna metafora della guerra. Spesso l’artista sviluppa i concetti che vuole esprimere attraverso visioni legate agli scarabei, anche qui molto presenti, che per lui sono paradigma assoluto dell’essere umano. Com’è immediato intendere già dal nome, in Battlefield il belga va a riprodurre un campo di battaglia: la particolarità è che al posto dei soldati a sciamare sul terreno vediamo falene e scarabei, affaccendati nello spostamento di fango e in una sincronica marcia verso i bordi del tavolo. Sul tavolo svettano i carapaci verdi dei coleotteri, in grado di assorbire la luce e che in questa situazione un po’ vogliono ricordare le armature dei cavalieri medievali (come viene scritto nella presentazione della personale Jan Fabre – Anthropology of a planet allestita a Palazzo Benzon, Venezia, nel 2007): il campo di battaglia così diventa quello dell’umanità tutta, metaforicamente rappresentata dai piccoli animali».
Nelle interviste, Fabre si definisce “un guerriero della bellezza”: «(…) Da ragazzo non ero così interessato alle macchine, perché [a casa] non potevamo permettercele. Mio padre era un uomo fantastico con molta fantasia e insieme a me realizzava sempre paesaggi, campi di battaglia con intonaco e castelli in legno triplex. Ho sempre giocato con i cavalieri e progettato castelli medievali utopici. Più tardi, quando avevo circa 10 o 12 anni, mio padre ha realizzato per me spade e scudi di legno in triplex. Ricordo che stavo facendo dei disegni sugli scudi e li decoravo con gli avanzi di mia madre di rossetto. Vedi, fin da bambino ho sempre voluto essere un cavaliere. Lottando per una buona causa.(…) Nel corso degli anni sono diventato un cavaliere della disperazione che difende la vulnerabilità della bellezza e dell’umanità.» (Jan Fabre in een gesprek met Germano Celant, gepubliceerd in ‘Jan Fabre – Stigmata / Actions & Performances / 1976 – 2013’, Skira, Milano, 2014, p. 623).
Sempre in questa asta è presente anche una scultura della serie dei “cervelli”: “Antropologie van een planeet (denkmodel)”, al lotto 113, realizzata in silicone medicale, cera, legno e metallo è stata realizzata nel 2008 ed è stimata € 60.000,00 – € 80.000. Sarà accompagnata da due opere su carta apparteniti sempre alla serie del cervello.
Parlando in generale del mercato di Fabre, nel 2022 il suo fatturato in asta è stato di 824.690 €. Il suo top price assoluto a livello mondiale è per una delle sue opere più celebri: “L’uomo che misura le nuvole”, con cui Fabre rappresenta un uomo sopra una scala intento, con un metro tra le mani, a prendere la misura delle nuvole. Il bronzo (edizione 7 di 8, 287 x 150,5 x 78,5 cm) è stato venduto nel 2021 in Belgio per 594.250 €.
In occasione della mostra di Fabre al Madre di Napoli del 2019, il museo spiegava riguardo a questa scultura: «Come artista, Fabre tenta costantemente, infatti, di “misurare le nuvole”, ovvero di dichiarare con la sua opera che se la tensione verso il sapere ha limiti invalicabili è però possibile esprimere l’inesprimibile attraverso la ricerca artistica, e dare così rappresentazione all’intrinseca e fondativa bellezza umana e universale».