Alla Fondazione del Roscio di Roma un delicato omaggio a Ellsworth Kelly e alla sua costante e poetica produzione, che seguì parallelamente le forme dell’estrema astrazione
Il 31 maggio 1923, esattamente un secolo fa, nasceva Ellsworth Kelly, e siamo lieti che almeno una sede espositiva, seppur non pubblica, la Fondazione Nicola Del Roscio di Roma se ne sia ricordata, omaggiando l’opera del maestro statunitense con la piccola e raffinata mostra Ellsworth Kelly “Linea, forma, Colore”. Curata da Jack Shear, direttore della Ellsworth Kelly Foundation, Peter Benson Miller e Nicola Del Roscio, la mostra sarà visitabile sino all’11 luglio nei locali di Via Francesco Crispi 18 a Roma, proprio accanto a Gagosian.
Per chi conosca la ricerca di Kelly solo superficialmente, magari non essendo andato oltre la mera associazione del suo nome con la corrente pittorica Hard-Edge – termine coniato nel 1959 dal critico Jules Langsner per indicare quella pittura astratta di forme dai colori saturi e i contorni netti, nata in reazione all’egemonia dell’eccessivo irrazionalismo del gesto informale e dell’Action Painting che dominavano la scena artistica americana degli anni Cinquanta – sarà una sorpresa poter ammirare un vasto campionario della sua produzione di disegni di piante e elementi vegetali.
Si tratta di motivi botanici che l’artista ritrae attraverso un tratto asciutto, minimale, un segno quasi inciso che restituisce poco più della silhouette del fiore o della foglia, eppure, nonostante l’assenza totale di colore e chiaroscuro, vivo e fresco nel restituire l’impressione degli elementi vegetali. Tra questi sono inclusi papaveri, uva selvatica, amaryllis, mais, diversi tipi di vitigni come cabernet sauvignon, chardonnay, sauvignon blanc, etc. Le radici stilistiche di tali disegni, prima ancora che nelle tavole della trattatistica botanica, o nella tradizione artistica degli studi di fiori e piante ad acquarello – vedi ad esempio la produzione di Charles Rennie Mackintosh – vanno ricercate nel disegno sintetico e sinuoso di Henri Matisse, il cui lavoro Kelly aveva conosciuto e amato durante il suo soggiorno in Francia dal 1948 al 1954.
Si potrebbe pensare che questi disegni appartengano solo a una fase giovanile della ricerca dell’artista, precedente alla fase astratta delle superfici geometriche e sature di colore che lo avrebbero reso celebre. Eppure la produzione di questi disegni seguì di pari passo la più celebre produzione di dipinti e sculture minimalisti, coprendo un periodo che va dal 1949 al 2010, anno in cui l’artista aveva 87 anni (sarebbe morto nel 2015, a 92 anni). Il primo a intuire come quelle due ricerche così apparentemente distanti non solo esistessero parallelamente, ma fossero anche connesse reciprocamente, fu Henry Geldzahler quando, nella mostra “New York Painting and Sculpture: 1940-1970”, da lui curata nel 1970 al Metropolitan Museum di New York, dedicò due sale a Kelly presentandone proprio i disegni di piante in una sala e la produzione astratta nell’altra. D’altra parte lo stesso artista aveva affermato che considerava quei disegni «a kind of bridge to a way of seeing that was the basis of the very first abstract paintings», sorta di ponte verso quel modo di vedere che sarebbe stato alla base dei dipinti astratti. E in effetti quando, dopo essersi riempiti gli occhi con questi disegni essenziali di fiori, di acini, di foglie, si attraversa la sala con i dipinti astratti di alluminio, pare quasi che anch’essi possan essere elementi vegetali sintetizzati oltre il limite del riconoscibile.
Astrazione dalla natura, certo, il cavallo di battaglia dell’astrattismo storico, ma sarebbe un errore relegare questa ricerca a semplice esercizio di stile, magari nato studiando le piante che Kelly cresceva sul tetto del suo studio a Coenties Slip, a Manhattan, negli anni Cinquanta (il mais che si vede in alcuni disegni venne coltivato proprio lì). Quando parte di questi disegni vennero esposti al MET nel 2012, in una mostra a essi dedicata, Kelly ne svelò una funzione anche diaristica, come se ciascuno di essi richiamasse un momento esatto nel tempo e nello spazio, esteriore e interiore, dall’artista vissuto e voluto fermare, oltre a essere veri e propri ritratti di piante o fiori, e dunque lontani da ogni intento di fredda catalogazione enciclopedica.
A sorpresa, nove scatti fotografici recenti di Jack Shear chiudono la mostra di Kelly – i due erano sposati – allacciandosi in qualche modo alla delicata potenza visuale dei disegni. Se in questi la silhouette è dettata dal tratto, nelle fotografie di Shear è lo sfondo vuoto e bianco a far risaltare il contorno delle forme scure di un velo nero e di un nudo maschile, annodati in un continuo oscillare di svelamento e occultamento. Non è un caso che la serie di fotografie – pubblicate in un libro insieme alle poesie di Forrest Gander – porti il titolo di Knot. Nodo.