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Il Sole allo Zenit #7: Varie e eventuali, gossip e declini

Ben Vautier, Tutto è competizione, 2007, acrilico su tela
Amedeo Modigliani, Nudo disteso sul fianco, 1917, olio su tela, 73×116 cm
Imbrogli e competizione nell’universo della creazione: una storia vecchia come il mondo! Ripercorriamo in questa nuova puntata de Il sole allo Zenit una serie di illustri casi

In Cina, se le temperature superano i 40 gradi, pare esserci una legge che obbliga a sospendere le attività all’aria aperta che fu approvata nel 2012, quando ancora un surriscaldamento ulteriore del pianeta non s’immaginava. Si dice però che le previsioni ufficiali della Cina in televisione diano sempre al massimo 39 gradi, di modo che nessuno si fermi e smetta di produrre. Almeno così pare. Fatta la legge… ma siamo alle solite, che tanto gli imbrogli del giorno sono all’ordine. E come fare a riconoscerli? Buona domanda. E sarà vera la fanciulla attribuita al Monet comprata dall’Avvocato piacentino recentemente riapparsa? Ofelia diceva di riconoscere il vero amore dalla conchiglia sul cappello e dal suo calzare i sandali. Ma un quadro vero, ad esempio, non dovrà avere per forza una conchiglia? E allora com’è possibile distinguerlo? Interrogazione eterna. Mentre io ancora non ho capito se sia leggenda (come credo) o altro che il Nudo disteso sul fianco (destro) del Modigliani al Metropolitan Museum di New York sia vero o meno. A Modigliani risale però un aneddoto riguardo a un falso in circolazione che è piuttosto noto e par persino confermato. Il suo studio era infatti vicino a quello di Chaïm Soutine, che era amico di Picasso e che riceveva le sue visite spesso. Quando Modigliani venne a mancare i suoi dipinti salirono di prezzo all’improvviso ma in studio non vi era rimasto lavoro alcuno, così quelle menti furbe di Soutine e Picasso s’inventarono di vendere gli elementi d’arredo del deceduto. A un visitatore avido dissero dunque che potevano vendergli il tavolo da lavoro di Amedeo, e quello ovviamente lo comprò. Lo comprarono anche il secondo visitatore, il terzo, il quarto pure, e via a seguire. Ogni volta che il tavolo veniva venduto Chaïm e Pablo ne prendevano uno nuovo, lo mettevano nello studio, lo imbrattavano di gocce di pittura e lo vendevano al malcapitato di turno. Oggi pare ci siano otto tavoli di Modigliani nel mondo ma solo uno sembrerebbe essere quello vero, che si tenne Soutine, senza mai cederlo. Dovrebbe essere all’Hermitage, e chissà se mai noi lo rivedremo. E si dice una cosa ancora: che sopra non ci sia nemmeno una goccia di pittura.

Rocco Marconi, Madonna con Bambino, olio su pannello, 1500 ca.

Fatti (e pettegolezzi), di Masolino e Masaccio (e d’altri), potrebbe essere il titolo di questo pezzo. Titolo ispirato ovviamente a Roberto Longhi, che anche su di lui si possono aggiungere scomodi dettagli. Si dice infatti che avesse il vizio del gioco e che sperperasse grandi somme di denaro al tavolo. Longhi era anche invidioso della carriera dei suoi studenti, li ostacolava e difficilmente li sosteneva nei loro percorsi, insomma… nemmeno lui era perfetto, anzi. Si pensa addirittura che avesse lacune in fatto di conoscenza artistica di qualche remota italiana regione, ma la poesia della sua prosa salvava tutto senza obiezione. Poi, del resto, i fastidi sono altri. Come quello provato ad esempio dalla principessa romana convinta di aver comprato un Ghirlandaio che poi si rivelò un Bartolomeo di Giovanni. Il quadro era magnifico comunque ma lei ne rimase delusa, ovviamente. Un po’ come per quelli che credono di guardare un’opera di Giovanni Bellini, non sapendo che si tratti di un Rocco Marconi. E i Marconi sono parecchi, almeno così ci dice Federico Zeri con il suo occhio d’acquila e il cannocchiale critico. Ma restiamo nella sua Roma a lui poco cara, visitando la galleria più nota. Paolina Borghese, sorella di Napoleone, sdraiata, tiene in mano una mela tonda come a volte capita di reggere alla bella Venere. Distesa sul cuscino di un letto sembra voler farsi guardare, come dal Berenson in una nota immagine.

Bernard Berenson visita la Galleria Borghese, Roma, 1955
Bernard Berenson visita la Galleria Borghese, Roma, 1955

Conclusa dal Canova nel 1808, fece al tempo scandalo perché posava nuda. Accusata di indecenza, prontamente Paolina si difese ribattendo impudicamente: “perché no, non faceva freddo”. E chissà cosa avrà pensato lì a fianco il David del Bernini, scolpito quando l’artista aveva soltanto 26 anni, il cui volto è forse un autoritratto dell’artista, spettinato e così concentrato da mordersi persino il labbro, con la testa forse troppo piccola per l’imponente corpo, così che Gian Lorenzo sembra svelare un’imperfezione di gioventù finalmente umana e comprensibile. Riempiendolo di lavoro, Scipione Borghese contribuì a formare il Barocco e nella sala attigua della galleria più nota volle anche Apollo e Dafne che sembrano stavolta senza difetti, seppur completati così a breve, già nei pochi mesi seguenti. Ha un meraviglioso volto, Apollo, e la sua gamba sinistra è sospinta in aria leggera, mentre la mano è in presa sull’attraente corpo di una Dafne mai così piccante. Davvero sensuale e calda che anche Scipione dovette tutelarsi e far iscrivere un motto alla base per potersi giustificare: “chiunque ami afferrare le forme fugaci del piacere si ritroverà alla fine con in mano bacche aspre e foglie”. E la scultura recuperò valore morale.

Gian Lorenzo Bernini, La Verità, 1646-1652, marmo di Carrara, h. 280 cm

“Io dubito sempre”, scriveva in una sua frase dipinta Ben Vautier da Nizza. Insieme a molte altre divertenti, come “l’essenziale è che io comunichi”, “la libertà non esiste” e “l’arte è solo questione di firma e data”. E nel Ratto di Proserpina la mano di lei decisa scosta il volto di Plutone, Enea poco lontano fugge dalle fiamme mentre la Verità ha il sole raggiante in mano e il Tempo che la svela non venne mai scolpito. Siamo tornati al Bernini, per il quale arrivò il declino presto poiché il papa era stato sostituito e il nuovo venuto non sembrava portarlo nel favore a cui era abituato. “Tutto è competizione”, è sempre Ben che scrive…

Nicola Mafessoni è gallerista (Loom Gallery, Milano) e amante di libri (ben scritti). Convinto che l’arte sia sempre concettuale, tira le fila del suo studiare. E scrive per ricordarle. IG: nicolamafessoni

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